Il Mediterraneo è uno dei mari più belli del mondo, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Attraversarlo a vela è una esperienza sempre affascinante”. Giovanni Soldini ne ha solcate di acque, dagli Oceani ai mari più esotici. Ma il Mare Nostrum resta la sua casa, il luogo dove tornare, l’approdo sicuro dopo mille peripezie. Lo raggiungiamo mentre con il suo trimarano veleggia da Catania verso Malta, tappe di un tour che toccherà anche acque più fredde, come quelle che bagnano Lisbona e Brest.
Giovanni Soldini, rimaniamo allora nel Mediterraneo: se dovesse suggerire una meta per una vacanza sostenibile al mare?
“C’è appunto solo l’imbarazzo della scelta. A me, per esempio, piace moltissimo il Sud della Sardegna. Naturalmente, ci sono luoghi altrettanto belli, ma non sempre mi piace chi li frequenta. Alcuni ti fanno pentire di appartenere al genere umano. Perché la sostenibilità non la fa la meta, la fa il modo in cui ci vai: già se ci arrivi con una barca a vela fai una bella cosa. Perché, anche se si deve tenere acceso il motore qualche ora, in genere si consuma e inquina poco”.
Giovanni Soldini: come consumare meno ed essere felici
O vela o niente? Chi ha una piccola a motore è comunque nella lista dei cattivi?
“Non dico questo. Certo, il motoscafo è meno sostenibile di una barca a vela, ma si può essere dei motonauti più intelligenti di altri. C’è chi pretende di far planare sull’acqua oggetti enormi, pesantissimi, pieni di ogni tipo di comfort. Imbarcazioni così, che vanno a 40 nodi e consumano anche 5000 litri di gasolio all’ora sono delle bombe ecologiche. Non hanno niente a che vedere con il buon senso. Discorso diverso per le navette a motore di una volta o i gozzi, barche dislocanti che non pretendono di planare e hanno consumi 10 volte inferiori”.
E il kayak?
“Ecco, il kayak è un’ottima cosa. È una barca che ti permette di andare in posti stupendi, divertendoti, allenandoti e senza inquinare… a parte la CO2 emessa da chi pagaia”.
Altri consigli per godersi il mare in modo sostenibile?
“Rinunciare a un po’ dell’opulenza cui si è abituati nella vita di tutti i giorni. Per me avere l’aria condizionata su una barca è una cosa da matti, oppure la lavatrice, la lavastoviglie, tutte quelle robe lì. Lavi i piatti con l’acqua di mare senza il sapone, le stoviglie saranno un po’ unte ma non è mai morto nessuno. Si può bere l’acqua desalinizzata, senza dover fare scorte di bottiglie di plastica. C’è gente che va in barca e si fa tre docce al giorno perché gli dà fastidio il sale sulla pelle. Io posso stare anche un mese senza fare la doccia, quando sono in barca mi tuffo in mare tutti i giorni. E per togliere il sale faccio quello che mi ha insegnato la mamma quando ero bambino: basta passarsi addosso una spugna imbevuta d’acqua dolce”.
Le spiagge prese d’assalto sono un problema?
“Dal mio punto di vista, il problema non sono le spiagge ma le baie, in cui si concentra una quantità di barche pazzesca, quasi tutte a motore e che spesso si comportano in maniera non proprio consona. A me piace andare in posti più tranquilli”.
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Ma il turismo di massa, il diritto di tutti ad andare al mare, sono compatibili con la tutela di un ecosistema tanto prezioso e delicato?
“Uno dei problemi principali è che al mondo siamo tantissimi. Però se siamo tantissimi e usiamo il buon senso è meglio che essere tantissimi e dissennati. Tutti vogliamo mangiare il pesce d’estate, ma non ci sono più pesci. E allora come si fa? Per esempio si evita di pescare in maniera selvaggia, si creano zone di mare protette dove il pesce si può riprodurre. Si trovano modi intelligenti per convivere con il nostro Pianeta e quindi anche con il mare”.
Nei suoi giri del mondo ha trovato esempi di una gestione più lungimirante del mare?
“Sì e in posti che non ti aspetti. Penso al Messico, che ormai da 40 anni adotta una politica di difesa del mare di Cortez e delle balene che vanno lì a riprodursi. Hanno fatto un gran lavoro: tutta la zona della Bassa California è rimasta molto selvaggia e molto viva e pescosa”.
E da noi?
“Ci sono esempi positivi: per esempio Ustica tanti anni fa. Purtroppo non c’è continuità: momenti di grande cura e lunghi periodi di abbandono. E comunque bisogna essere più coraggiosi, non basta Ustica. Si è progettato il triangolo dei cetacei, insieme ai francesi, ma poi ci facciamo passare dentro le navi veloci. Io farei dei parchi marini protetti molto estesi nel Mediterraneo: non dico che si debba chiuderne la metà ma quasi, se vogliamo continuare a mangiare il nostro pesce. Se no, tra poco non ce ne sarà più”.
La sua ex collega Ellen MacArthur, che dal febbraio 2005 al 2008 ha detenuto il record mondiale per la circumnavigazione in solitaria più veloce del globo, ha creato una delle fondazioni più importanti nel settore dell’economia circolare. Cosa vi succede quando fate il giro del mondo in barca a vela?
“Conosco Ellen da quando era ragazzina e ogni tanto ci vediamo. Quando sai di dover andare dall’altra parte del mondo navigando per 6000 miglia capisci che la tua barca è un piccolo mondo, che racchiude in sé tutti i problemi del mondo reale. Hai bisogno di un sacco di energia, ma se pensi di farla con un gruppo elettrogeno, allora hai bisogno di un sacco di gasolio e non lo vuoi a bordo perché pesa. Quindi studi: e metti l’eolico, i pannelli solari e scopri che alla fine è fattibilissimo. Negli ultimi tre anni abbiamo fatto due giri del mondo e avremo consumato 200 litri di gasolio. Il fatto che si debba essere performanti e leggeri spinge molto verso anche l’essenza delle cose: pochi oggetti che servono e niente di quello che non serve. E alla fine capisci che sei anche molto più felice”.
La sua barca è anche un laboratorio che studia il mare. Di che si tratta?
“Ho a bordo una macchina che analizza l’acqua del mare, misurando la temperatura, la salinità e la CO2 in superficie. La cosa più complessa è stata la calibrazione della strumentazione: l’abbiamo fatta in collaborazione con l’Enea. Con un primo punto sui dati raccolti in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sull’Oceano, appena chiusa a Lisbona”.
E tutta l’elettricità di cui ha bisogno a bordo è rinnovabile?
“Sì, su Maserati siamo praticamente autosufficienti con il solare”.
È ottimista sul futuro del mare?
“Il buon senso si sta diffondendo, ma il tempo delle chiacchiere è finito. È vero che bisogna partire da se stessi, ma alla fine ci vuole anche la politica. Siamo tutti sulla stessa barca e ancora sta andando dalla parte sbagliata”.