Il settore edilizio e delle costruzioni è energivoro, utilizza il 36% dei consumi finali di energia a livello mondiale, ed è fonte di emissioni nocive, apporta il 37% delle emissioni di CO2 collegate all’energia. Un dato, la stima è contenuta in un rapporto dell’United Nations Environment Programme, che considera sia le emissioni derivanti dall’operatività di un edificio, ossia le emissioni dirette e indirette legate al riscaldamento, raffreddamento e illuminazione che contribuiscono per il 28% circa, sia le emissioni legate alla produzione dei materiali adoperati in edilizia, in particolare cemento, acciaio e alluminio che contano per un ulteriore 10%.
Non stupisce allora che ci sia una crescente attenzione alla sostenibilità di immobili residenziali e commerciali, nuovi o già esistenti. Si parla di “green building”, edifici “verdi” per indicare gli immobili che nella fase di progettazione, costruzione o funzionamento riducono o eliminano gli impatti negativi e possono crearne di positivi sul clima e sull’ambiente naturale; gli edifici verdi preservano inoltre le risorse naturali e migliorano la qualità della vita. Oltre 1.000 città con una popolazione complessiva superiore ai 720 milioni di abitanti si sono impegnate a dimezzare le emissioni da qui al 2030 e ad arrivare a zero emissioni nette entro il 2050 adoperando approcci innovativi per raggiungere questi obiettivi: la città di Amsterdam, ad esempio, si prepara ad adottare una strategia per ridurre della metà l’utilizzo di materie prime nuove entro il 2030 e per diventare una città totalmente “circolare” entro il 2050.
La necessità di ridurre le emissioni ha determinato un aumento dell’11% degli investimenti per l’efficientamento energetico degli edifici a livello mondiale, nel 2020 hanno superato la soglia dei 180 miliardi di dollari, molti “asset owner” come fondazioni, fondi pensione e compagnie assicurative stanno cercando di rendere “verdi” i propri portafogli immobiliari, la spinta green nel settore dell’edilizia sta determinando un cambiamento anche nelle attività di finanziamento degli istituti di credito. Un rapporto della società di consulenza EY rivela che il 52% delle banche considera i cambiamenti ambientali e climatici come un rischio chiave emergente per i prossimi cinque anni, si affacciano sul mercato nuovi prodotti come i prestiti e i mutui “verdi”, i green bond e i fondi di investimenti in infrastrutture verdi.
Il mutuo “verde”, la prima definizione di questa tipologia di prestiti è del dicembre 2018 ad opera della Energy Efficient Mortgages Initiative (Eemi), è il prestito che va a finanziare l’acquisto di immobili ad alta efficienza energetica o lavori di ristrutturazione finalizzati al miglioramento dell’efficienza energetica di un’abitazione; di recente è stata lanciata la Energy Efficient Mortgage Label, frutto dell’impegno di 31 istituti di credito di 13 paesi, nove sono italiani, che consente un accesso più agevole ai finanziamenti per l’efficienza energetica, e ci sono anche mutui specifici che finanziano la costruzione di abitazioni a basso impatto ambientale. Ci sono infine i green bond, le obbligazioni verdi, sempre più frequentemente utilizzate per finanziare o ri-finanziare immobili verdi o come forma di raccolta per prestiti e mutui “verdi”: nel 2020 le emissioni di green bond hanno toccato la cifra record di 269,5 miliardi di dollari e i collocamenti di bond legati all’immobiliare verde si collocano al secondo posto per volumi emessi, superati solo dalle emissioni legate al settore energetico.