Quando ha scritto il libro era probabilmente in un anfratto lontano da tutti, su qualche scoglio dove, come era solito, aveva piazzato il suo tavolino pieghevole. Solo con la sua macchina da scrivere, i fogli fermati da un grande sasso, il mare tutt’intorno. Gianni Padoan lo ha intitolato Tottoi, come il soprannome di quel 14enne spaesato e sensibile, filo conduttore della storia che ha messo nero su bianco nel 1980. Avrebbe potuto però chiamarlo Zabaione, come il vero protagonista della storia, il cucciolo di foca monaca che nelle grotte del Bue Marino di Cala Gonone impara a nuotare e riconoscere la natura ambivalente dell’essere umano. Salvezza e condanna per la sua specie in Sardegna, così come lungo tutte le coste italiane del Mediterraneo.
Il “dovere” di scriverlo, perché di dovere lui stesso ha parlato, è arrivato proprio dallo sguardo di un cucciolo di foca immortalato su una cartolina, che lo aveva raggiunto nonostante fosse “un uomo senza radici” e che ha fatto il possibile “per non metterne alcuna”. Gli occhioni dolci, tristi e rassegnati di quell'”affarino da quasi un quintale”, che accusavano gli esseri umani di averlo condannato a morte. Seguendo quegli occhi Padoan – scrittore per ragazzi tradotto in decine di lingue, che l’Unesco ha inserito tra migliori 10 di tutto il mondo – è arrivato a Dorgali, il paese del Nuorese tagliato fuori dalla costa dalle creste del Monte Bardia, di cui Cala Gonone è l’affaccio sul mare.
Ambientalista quando ancora di ambiente poco si parlava, Padoan con la sua roulotte si è stanziato sulla spiaggia deserta, ha conosciuto le persone e si è affezionato alla loro saggezza rurale, ha visitato le grotte e studiato quei posti che un tempo ospitavano il ‘bue marino’, come i sardi chiamano le foche monache. E ha cercato di trasmettere quel rispetto reciproco tra comunità e animali che può diventare convivenza, anche in una terra dove il turismo è una delle poche fonti di ricchezza. “Lui era così, ha sempre avuto una grande attenzione per il mondo animale”, racconta sua figlia Daniela. “Ma non ne ha mai avuto una visione disneyana. Anzi, per lui la Natura aveva una dimensione spirituale. Era preoccupato dalla tendenza umana di aggredirla, mentre lui ne aveva bisogno e ne aveva rispetto. Quel rispetto che sa quando diventare distanza”.
Negli anni ’80 infatti la foca monaca era già praticamente estinta in quei luoghi. Questi mammiferi marini della famiglia dei Pinnipedi, originariamente diffusi lungo le coste atlantiche di Marocco, Mauritania, Azzorre, Madeira così come su quelle del Mediterraneo e del Mar Nero, hanno gradualmente abbandonato l’Italia dopo l’industrializzazione degli anni ’20 e il boom tra le due Guerre Mondiali. Per secoli sono stati cacciati per le pelli e per il grasso, ma la loro vita è stata messa sempre più a rischio dall’introduzione del nylon nelle reti da pesca e, soprattutto, dall’aumento del disturbo umano nei loro habitat, colpa della crescita della balneazione e dell’attività turistica negli luoghi dove di solito si riproduce.
Le foche hanno bisogno di ambienti asciutti e protetti per fare la muta, riposare, partorire e allattare. In particolare la foca monaca che, rispetto alle altre specie, allatta per quattro lunghi mesi. Un tempo in cui, al riparo dall’uomo e dalle correnti, insegna al suo cucciolo a nuotare, cacciare, sopravvivere da solo. Ed è proprio in un momento come questo che, in una spiaggetta nascosta all’interno della grotta del Bue Marino, Tottoi – nato in Germania da emigrati sardi che ha appena fatto ritorno nella terra natia dei genitori, affascinato e confuso da quel mondo così diverso da quello a cui è abituato – incontra per la prima volta una foca monaca e il suo cucciolo, ribattezzato Zabaione per il colore del suo pelo. E impara, grazie al taciturno ceramista Nanni Spanu e dopo aver mobilitato l’intero paese per salvare Zabaione dall’avidità di un losco italo-americano, a rispettare talmente tanto quell’animale da dirgli addio piuttosto che metterlo in pericolo.
“Ancora oggi gli esseri umani vivono una condizione duale: capiscono razionalmente di essere tutt’uno con gli animali, ma rifiutano concretamente questa idea. Con i suoi libri mio padre mi ha insegnato che questo non può esistere”, spiega Daniela Padoan, che oggi, e forse non è un caso, tra le altre cose si occupa anche di ecologia integrale. “Seduta ai piedi della sua scrivania, ho imparato a leggere ancor prima di andare a scuola”, ricorda. “Stavo lì, in silenzio assoluto, mentre scriveva. Quando dal rullo della vecchia Olivetti un foglio cadeva per terra allora potevo leggerlo. Poi aspettavo quello dopo. E insieme alle parole imparavo ad amare la Natura che permeava ogni suo lavoro”.
Tutte le edizioni di Tottoi, prima con Bompiani, poi con Mondadori, sono andate esaurite. La sua trama in Giappone ha ispirato un anime – uscito nel 1992, doppiato poi in spagnolo e arrivato da noi solo nel 2012 grazie alla traduzione in italiano e sardo fatta dagli alunni della 1^ A della scuola media di Dorgali, ma tuttora inedito – e un videogioco per Playstation e Pc che insegna ai bambini giapponesi la grammatica inglese. Il tutto mentre in Italia il suo ricordo andava perduto. “Quando sono andato alla biblioteca di Dorgali per prenderlo in prestito, ce n’era solo una copia, salvata dal bidone dell’indifferenziata. Un libro così importante non poteva essere dimenticato”, racconta Giuseppe Pisanu, direttore del Museo archeologico del paese.
Così 26 anni dopo la morte dello scrittore, Pisanu ha contattato Daniela Padoan e ha organizzato la riedizione di Tottoi, pubblicata nel 2021 per la casa editrice Taphros e accompagnata dai disegni di Claudia Piras, giovane illustratrice dorgalese. “Ho un legame stretto con questa terra e la sua gente”, spiega ancora. “Ho accettato il mio incarico al museo per tornare alla casa della mia famiglia”. Pisanu infatti è il nipote di Francesco Pisanu, artista locale e grande amico di Padoan, da cui ha preso vita su carta il personaggio di Nanni Spano. E a cui è dedicata la riedizione. “Mio zio, come Padoan, era un ambientalista ante litteram. Quasi un profeta”.
Nonostante i suoi 40 anni, Tottoi è un libro moderno, attuale, che riesce a tradurre per bambini e ragazzi, ma anche per gli adulti, discorsi complessi come il rapporto tra una comunità e la Natura circostante, la necessità economica e il rispetto per le tradizioni. “L’insediamento dei ricchi – precisa Daniela Padoan – per mio padre era una barbarie che andava di pari passo con la perdita di cultura, tradizioni, identità. Sembrava portare ricchezza, ma in realtà era impoverimento simbolico e culturale. Negli anni ’80 parlava di cose che sembravano così distanti e che oggi sono più che mai attuali. Sperando che non sia troppo tardi”.
Fortunatamente per le foche monache non tutto sembra essere perduto. “Anche se non c’è più traccia di siti di riproduzione, gli avvistamenti lungo le coste italiane sono aumentati”, spiega Giulia Mo, ricercatrice dell’Ispra. Per l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, Mo cura anche i progetti di monitoraggio della specie, grazie a fototrappole nelle Egadi e nelle isole dell’arcipelago toscano. Sono stati avvistati esemplari anche in Puglia, l’ultimo proprio a inizio gennaio, e qualcuno anche in Sardegna. “Ma sono ancora pochi, nonostante per la sua conformazione geofisica di grotte e falesie, l’isola, e la costa di Cala Gonone in particolare, sia l’habitat migliore per questi animali”, continua Mo. Che invita tutti a segnalare eventuali avvistamenti all’Ispra seguendo poche semplici regole, come non inseguire o non avvicinarsi alla foca o, nel caso di avvistamenti in barca, ridurre il giro dei motori e aspettare che si allontani da sola.
“Tutti dovrebbero avere questo libro”, conclude Mo, che ha dovuto aspettare la riedizione per poterlo leggere dopo aver visto l’anime. “Mi piace pensare che racconti una storia di redenzione, di qualcuno che, anche solo per ingenuità, prima ha messo in pericolo la specie e poi si è impegnato per difenderla”. E sulla possibilità che un giorno le foche tornino a popolare i nostri mari è positiva: “Le premesse ci sono, gli avvistamenti sono aumentati negli ultimi anni. Ma la comunità deve riconoscere la sua appartenenza alla Natura, rinunciare a piccole cose e mettere dei limiti per beneficiare di una ricchezza faunistica in un mondo che perde sempre più biodiversità. Convivere con le foche si può, ce lo insegna Tottoi. Ma solo cosa decideremo di fare come collettività potrà fare la differenza”.