C’era un tempo in cui il 1 settembre si ripartiva da zero. Convenzionalmente, è il primo giorno dell’anno idrologico, il periodo (che va appunto da settembre ad agosto) in cui si misura e si fa il bilancio delle precipitazioni. “Da settembre dovrebbe iniziare la ‘memorià dell’anno corrente, perché le nevi ad agosto si sciolgono, si svuota tutto. Perché si dava per scontato che piovesse. Invece ad aprile saranno due anni pieni di siccità” spiega Luca Brocca, dell’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica (Irpi) del Cnr. E invece il 2022/23 è iniziato già in rosso, a causa della siccità record che ha colpito soprattutto il nord Italia la scorsa primavera/estate, al quale va aggiunto il deficit di quest’anno. Le condizioni con cui ci stiamo avviando verso l’estate che sono peggiori di quelle del 2022, alle quali si aggiunge la scarsità di neve.

Anomalie nelle precipitazioni (Irpi)
Anomalie nelle precipitazioni (Irpi) 

Ad aprile, Brocca ha sommato e messo su mappa le piogge cadute nei sette mesi precedenti elaborando i dati dai satelliti Eumetsat. I colori tendenti al rosso mostrano dove e quanto ha piovuto in meno rispetto alla media. Tutto il bacino del Po è vermiglio, l’intera Pianura padana è scura, Veneto e Friuli Venezia-Giulia vanno verso il marrone/nero, così la Versilia. E le immagini satellitari delle ultime settimane certificano come i letti di corsi d’acqua come Po e Ticino (ripresi dal satellite dell’Asi Cosmo-SkyMed e dal Sentinel 2 dell’Esa), siano già mostrando le secche e presto potrebbero diventare, come già visto la scorsa estate, lingue di terreno solcate dal ricordo di un grande fiume.

In Veneto e Friuli Venezia-Giulia la somma giorno per giorno della pioggia caduta fa -400 millimetri rispetto alla media, quasi 300 in Liguria, sopra i 200 Sicilia, Lombardia ed Emilia Romagna. Differenze locali molto forti ci sono per esempio nel sud della Calabria, dove la mancanza di pioggia si fa sentire soprattutto in provincia di Reggio e Catanzaro. Il mese peggiore: febbraio. “Ora al Sud ha piovuto, c’è stato un recupero – sottolinea Brocca – mentre in Veneto e Friuli Venezia-Giulia, che sono il catino d’Italia, il deficit è più marcato e si fa sentire proprio perché, assieme alla Liguria, sono regioni in cui piove tanto”. Anche l’Esa lo certifica, dopo “il secondo inverno più mite” che si sia registrato, gran parte dell’Europa è in debito d’acqua. La crisi si fa sentire anche nel Nord, in una lunga striscia che va dai Pirenei fino alle repubbliche baltiche.

Il guaio è che, aprile a parte, davanti abbiamo la stagione secca, e questo deficit è destinato a rimanere tale o, piuttosto, ad aggravarsi. A meno di sorprese, che però rappresentano un’eccezione, come quella del maggio 2019, uno dei più piovosi che si ricordino: “Quell’anno eravamo in condizioni analoghe, poi a maggio ha piovuto tanto, e il deficit è stato recuperato – aggiunge l’esperto dell’Irpi – ma, appunto, anche quella era una situazione eccezionale in cui si sono avute anche delle alluvioni”. In questi anni che si fanno sempre più caldi e siccitosi stanno aumentando invece i nubifragi localizzati che scaricano, in poche ore, la quantità d’acqua che di solito scende nello spazio di alcuni mesi.

E a forza di estremi, si è arrivati a ipotizzare il razionamento dell’acqua in zone che un tempo ne erano ricche, a dover ridurre la produzione di colture che richiedono un’irrigazione copiosa, e alla riduzione della produzione di energia idroelettrica: c’è molta meno acqua che scorre o da far precipitare. L’Irpi ha sviluppato e messo a disposizione, sul suo sito, uno strumento semplice per visualizzare le conseguenze della siccità per la Pianura padana (bacino idrografico del Po) modificando, come su un mixer audio, pochi semplici parametri (precipitazioni, temperatura dell’aria, condizioni iniziali di umidità del terreno e dell’equivalente in acqua di neve), per valutare l’impatto sull’utilizzo dell’acqua per le attività economiche (agricoltura e industria) e civili.

Lago di Garda, livello dell’acqua mai così basso in 30 anni: riaffiora l’istmo dell’Isola dei conigli

E a farne le spese sono quelle zone in cui l’acqua fa girare, oltre alle turbine, l’economia: “La situazione del nord è allarmante perché se ne utilizza parecchia, dalle risaie del vercellese al kiwi in Romagna, siamo abituati a essere pieni di acqua, e riguardo alla produzione di energia, bisogna considerare che più basso è il livello di un bacino, meno energia si produce” ragiona Brocca. Un esempio, plastico lo abbiamo visto con l’emergere dai laghi che si rattrappiscono e fiumi che si seccano, relitti della Seconda guerra mondiale e resti archeologici. Nel Garda è riaffiorato l’istmo che collega la terraferma all’Isola dei conigli, dai laghi di Cancano, in Valtellina, hanno rivisto la luce i resti del paesino sommerso dopo la costruzione della diga. Terna ha stimato, per il 2022, un calo del 37,7% di produzione di energia idroelettrica, e data la scarsità di pioggia e neve, i primi mesi del 2023 hanno segnato un calo ancora maggiore.

Ma se sperare in un maggio piovoso è ancora possibile, nemmeno con mesi di piogge sopra la media ci restituiranno la copertura nevosa che manca, che è un po’ come il salvadanaio che ci assicura un po’ di agiatezza, un paracadute che però, negli ultimi anni, è sempre più bucato.

La fondazione Cima (Centro internazionale in monitoraggio ambientale) ha stimato, fino alla fine di marzo, un deficit di neve del 63%. Che per il bacino del Po sale al 66 e al 69 per l’intero arco alpino. È proprio questo a preoccupare di più, vista già la crisi del 2022.

Le nevicate di gennaio e febbraio non sono state sufficienti a ricaricare le riserve nivali in modo da far fronte alle temperature miti di marzo e il colpo di coda dell’inverno di aprile non può di sicuro averci messo una pezza.

“La neve non si recupera più e il deficit si è aggravato rispetto anche all’anno scorso” segnala Brocca. Meno neve che si scioglie significa ancora meno acqua a disposizione di fiumi, laghi, centrali elettriche e agricoltura. Una mazzata, un circolo vizioso se si considera che la siccità stessa fa sì che quando manca quella che scende dal cielo, di acqua ne serva di più per irrigare.