La donna che ha “salvato” (almeno sulla carta) la natura europea si chiama Leonore Gewessler, ha 47 anni ed è cresciuta nella regione austriaca della Stiria. Lunedì scorso, nella sua veste di ministra per la Protezione del clima, l’ambiente, l’energia, la mobilità, l’innovazione e la tecnologia del governo federale di Vienna, ha dato parere favorevole (e decisivo) alla Nature Restoration Law. Disobbedendo al suo “capo”, il cancelliere austriaco Karl Nehammer che invece voleva l’astensione. Senza il voto di Gewessler, la Legge sul ripristino della natura non sarebbe passata, perché non avrebbe raggiunto il consenso di Paesi rappresentanti almeno il 65% della popolazione europea. La ministra verde lo sapeva e si è comportata di conseguenza.
Travolta dalle polemiche in patria, ha detto di aver fatto una scelta di coscienza: “Tra 20 o 30 anni, quando parlerò con le mie due nipoti e mostrerò loro la bellezza del nostro Paese e di questo continente, e loro mi chiederanno: ‘Cosa hai fatto quando era in gioco tutto?’ Voglio poter dire loro: ‘Ho fatto tutto il possibile'”. C’è chi però ipotizza che la scelta di Leonore Gewessler sia più frutto di un preciso calcolo politico a breve termine che di grandi ideali, come riporta il sito Politico: “Rischiava comunque di perdere presto il lavoro, con le elezioni nazionali all’orizzonte, e aveva già detto che si sarebbe candidata al Parlamento. Quale modo migliore per lanciare una campagna?”.
Resta il fatto che la sua disobbedienza agli ordini di scuderia rimarrà nella storia europea: la Nature Restoration Law è passata in extremis, con il Parlamento europeo appena rinnovato, la nuova Commissione tutta da costruire e molti dubbi sulla reale capacità di Bruxelles di spingere nei prossimi anni le politiche green come è stato fatto nell’ultima legislatura. E invece ai tempi supplementari è passato anche l’ultimo tassello di quel Green deal tanto demonizzato in campagna elettorale dai partiti di destra. Alla fine, nonostante la guerra alle politiche ambientali dell’Unione proclamata anche del governo guidato da Giorgia Meloni, l’unico regolamento bocciato è stato quello sui pesticidi. E il merito è appunto di questa donna austriaca, laureata in scienze politiche, dal 2014 al 2019 capo di Global 2000, la principale charity ambientale austriaca, e ministra dal 2020 per il partito dei Verdi. L’anno successivo, per dare il buon esempio, raggiunse in treno Glasgow dove si teneva la Cop26 (27 ore di viaggio da Vienna), come capo della delegazione austriaca. Ma viene ricordata anche per aver criticato gli attivisti che nel novembre del 2022 si incollarono a uno scheletro di dinosauro al museo di storia naturale di Vienna per chiedere la fine dell’utilizzo dei combustibili fossili in Austria. “E’ importante non perdere le persone sulla strada della soluzione. Sono un ministro, e in questa posizione non voglio dire alla società civile quali forme di azione scegliere”, disse all’epoca Gewessler. “Io nel mio periodo di lavoro nella società civile ho scelto altre forme di protesta”.
La più dirompente tra le forme di protesta l’ha però messa in atto proprio lunedì scorso. La sera prima ha convocato una conferenza stampa a sorpresa per annunciare la sua decisione, sapendo che avrebbe scatenato una tempesta politica e avrebbe potuto persino metterla nei guai legali. E infatti, pochi minuti dopo l’approvazione della legge, il Cancelliere austriaco ha presentato un ricorso alla Corte di giustizia della Ue, chiedendo l’annullamento del voto. Ha anche presentato una denuncia contro Gewessler personalmente, sostenendo che aveva abusato del potere del suo ufficio e violato la Costituzione del Paese. “Non sono preoccupata. Prima di decidere ho chiesto una consulenza legale. E ho sempre detto, se c’era un modo legale per dire ‘sì’ a questa legge, l’avrei fatto”, ha spiegato la donna che ha salvato la natura europea. Ministra ancora per poco.