La Mer de Glace, il più grande ghiacciaio della Francia sta diventando sempre più sottile e scuro, ma anche meno attraente per i turisti, nel mentre nella Valpelline i ghiacciai scappano sempre più in alto lasciando alle loro spalle fragili morene esposte agli eventi meteo estremi. Sul Monte Rosa i ghiacciai del versante sud si stanno riducendo di numero e di dimensioni, l’estinzione del ghiacciaio di Flua, la cui morte è stata decretata nel 2017, è un significativo promemoria. Questo, in sintesi, è il quadro tutt’altro che entusiasmante che sta emergendo dalla quinta edizione di Carovana dei Ghiacciai 2024, la campagna nazionale di Legambiente, in collaborazione con CIPRA Italia e la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano, che dal 18 agosto sta monitorando lo stato di salute dei ghiacciai alpini in Italia e oltre il confine.
Un viaggio di sei tappe – in Francia, Valle D’Aosta, Piemonte, Lombardia, Friuli/Slovenia e Veneto – e che è arrivato al giro di boa. L’abbondante neve della primavera scorsa non ha affatto risolto la crisi climatica, come qualcuno voleva farci credere. Ha assicurato una bella riserva idrica per tutto il Nord Italia e si spera abbia riequilibrato le falde. Allo stesso modo ha costituito una buona coperta protettiva per i ghiacciai evitando che la fusione del ghiaccio iniziasse già nella tarda primavera così com’è accaduto nei due anni precedenti.
Monte Rosa, il ghiacciaio di Flua non c’è più
Ma la crisi rimane e sarà molto difficile ritrovare a fine stagione qualche ghiacciaio che non sia arretrato anche se in misura minore rispetto agli anni scorsi. A pesare sulla salute dei ghiacciai sono soprattutto le ondate di calore estive e il mese di agosto si va definendo come il secondo più caldo registrato fino ad ora.
Nel nostro viaggio ci siamo ritrovati non solo in presenza di alte temperature, ma abbiamo toccato con mano gli effetti delle piogge intense e degli eventi meteo estremi in aumento anche ad alta quota: sono ben 101 quelli registrati da inizio 2024 a luglio nelle regioni alpine secondo i nuovi dati dell’Osservatorio Città Clima di Legambiente.
In particolare, le piogge intese del 30 giugno scorso hanno alterato la morfologia di vaste aree. Impressionante quanto abbiamo osservato in Valpelline, come in Alta Val Sesia. Secondo il sindaco di Alagna il danno sarebbe stato pari a ben sei milioni di euro. In Valpelline le piogge intense, in quota hanno favorito il collasso della morena laterale del ghiacciaio Tza de Tzan, vicina al rifugio Aosta, con effetti notevoli sulla piana proglaciale e su tutta l’Alta Valpelline. Fra gli studi in corso, quelli della ricercatrice Marta Chiarle del CNR IRPI, svolti attraverso analisi di immagini satellitari e riprese fotografiche da terra, hanno consentito di stimare le dimensioni areali della nicchia di distacco della morena, i numeri sono sconcertanti: lunghezza di 440 m, larghezza massima di circa 200 m, superficie complessiva pari a circa 70.000 m2. Come se non bastasse, successivamente al collasso della morena, la piana proglaciale del Ghiacciaio di Tza de Tzan è stata alluvionata e incisa in un modo impressionante, lasciando baratri al posto del sentiero. Gli effetti si sono poi propagati, sotto forma di erosioni spondali e di fondo, colate detritiche e trasporto torrentizio, lungo tutto il corso del Torrente Buthier de Valpelline, fino all’imbocco della diga di Place Moulin, dove sono giunti circa 6 milioni di m3 di acqua e detrito (fonte CVA), pari al volume trasportabile da circa 300mila camion movimento terra. Mai avevamo visto nelle Alpi un fenomeno di così vaste dimensioni.
La scomparsa dei ghiacciai ci pone di fronte a consistenti cambiamenti dei paesaggi di alta quota. Paesaggi che in passato hanno attirato sulle Alpi turisti da tutto il mondo e che ora devono essere ripensati nella loro fruizione, pure per evitare forme di overtourism quasi morboso così come sta accadendo per il ghiacciaio di Fellaria, in Lombardia, oggetto della nostra prossima tappa (dal 28 al 31 agosto).
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Crescono i paesaggi con nuovi vuoti come quello osservato sul Monte Rosa, dove un tempo c’era il ghiacciaio di Flua. Ci si ritrova in presenza di un paesaggio che pare vada verso il nulla, così come lo ha definito l’artista Martin Mayes con la sua performance musicale dedicata al Flua, durante l’ultimo Saluto al Ghiacciaio. Questo ghiacciaio estinto ci mette davanti aduna triste e tremenda realtà: la morte dei ghiacciai che si avvicina sempre più. Da una parte ghiacciai che si estinguono, dopo una lunga agonia, a causa della crisi climatica che avanza, ma dall’altra parte c’è anche la consapevolezza che il vuoto dei ghiacciai verrà colmato da nuovi ecosistemi. Spazi che, seppur instabili, e anche piuttosto pericolosi a causa delle morene messe a nudo dai ghiacciai, saranno teatro di nuove vicende, di nuove forme di vita.
Ed è su questi spazi lasciati dai ghiacciai che occorre riflettere cercando di capire quale destinazione d’uso vorremmo per il futuro. Nuove forme di antropizzazione o spazi da tutelare poiché fornitori di nuovi servizi ecosistemici utili anche per la pianura sottostante, comprese le città in cui viviamo? Questi sono alcuni degli aspetti che andrebbero affrontati con un percorso di governance internazionale per le alte quote con una particolare attenzione agli ecosistemi proglaciali che si vanno formando.
(*Vanda Bonardo è Responsabile nazionale Alpi Legambiente e Presidente CIPRA Italia)