TROMSO (Norvegia) – Nel fiordo riparato del porto di Tromso non c’è un’onda a far muovere la nave Alliance. Il nome è straniero, ma sul ponte sventola la bandiera italiana e sono 44 uomini della Marina militare a prepararsi per salpare, insieme a 12 ricercatori, verso il fronte polare del Mare di Barents, una regione in cui le masse d’acqua atlantiche e quelle artiche si incontrano senza mescolarsi. Fino al 12 luglio, la campagna artica della Alliance sulla geofisica marina sarà una delle più importanti per monitorare gli effetti del cambio climatico sugli oceani e per raccogliere dati indispensabili alle strategie di sicurezza della Nato.
Idrofoni e misuratori di salinità al posto delle armi
La nave Alliance è un’unità polivalente di ricerca (NATO Research Vessel – NRV) che svolgerà nell’Artico attività condotte dal Centro di Ricerca e Sperimentazione Marittima (CMRE), per conto dell’Organizzazione Scientifica e Tecnologica (STO) della NATO. Sulla nave, dipinta di bianco e non di grigio al contrario delle unità da guerra, non ci sono armi, ma avanzati strumenti per ricerche e sperimentazioni soprattutto nel campo dell’acustica subacquea.
Nelle acque polari, in uno degli ecosistemi più vulnerabili e già più modificati dal riscaldamento globale, i ricercatori coordinati da Gaultier Real, scienziato del CMRE, con l’aiuto dell’equipaggio del comandante Federico Carleo, raccoglieranno e analizzeranno campioni d’acqua per misurare i principali parametri fisici dell’ecosistema marino, eseguiranno analisi geochimiche, misureranno la velocità di propagazione del suono in acqua, faranno rilievi bati-termografici e meteorologici. Studieranno anche l’impatto delle attività umane in queste località remote e analizzeranno la presenza di microplastiche nell’acqua.
Tutti i dati raccolti saranno messi a disposizione della comunità scientifica, ma non serviranno soltanto ad avere sempre maggiori informazioni sui cambiamenti in atto nel Circolo Polare Artico in conseguenza del riscaldamento globale. I risultati della campagna a bordo della Alliance aiuteranno la NATO ad adattare le sue operazioni alle trasformazioni ambientali dell’Artico.
L’adattamento al cambio climatico, nuovo fronte Nato
Durante la giornata a bordo della Alliance, guidati dai ricercatori del CMRE e dai direttori dei programmi scientifici della Nato, c’è sempre un convitato di pietra che non è possibile ignorare: le operazioni militari russe al Circolo Polare Artico sono la minaccia maggiore per l’Alleanza atlantica. I russi si sono da sempre sentiti padroni dell’area e nell’ultimo periodo hanno aumentato la loro presenza al Polo Nord: lo scioglimento dei ghiacci apre nuove rotte e le mutate condizioni delle acque cambiano il modo in cui il suono si propaga in ambiente marino.
Queste sono le acque in cui i sottomarini russi sono sempre stati attivi e la Nato si interroga su come, mutando le condizioni climatiche, muta l’efficenza delle tecnologie per individuare la loro presenza. Come funzionano i sonar con temperature maggiori e una diversa salinità dell’acqua, alterata dalla maggiore quantità di acqua dolce? Quali basi militari dell’Artico potrebbero essere in difficoltà con eventi meteo estremi? Quali strutture costruite sul permafrost sono a rischio per lo scioglimento dei ghiacci? Sono soltanto alcune tra le domande a cui campagne di ricerca come quella della Alliance cercano di dare risposta.
Un laboratorio galleggiante e una base italiana
Eric Pouliquen, direttore del Centre for Maritime Research and Experimentation, organo esecutivo della NATO Science and Technology Organization (STO) si collega da La Spezia, dove il Centro ha sede da 50 anni. “Il programma per la sicurezza in conseguenza del cambio climatico – dice Pouliquen – è cominciato due anni fa e si è già mostrato molto promettente per tutte le nazioni dell’Alleanza che hanno unità navali. Le modificazioni che il riscaldamento globale sta apportando all’ambiente marino sono enormi e i dati che raccogliamo con i nostri idrofoni testimoniano come c’è sempre più rumore a queste latitudini. Sott’acqua ascoltare è più importante che vedere e i nostri dati ci dicono che c’è più traffico, anche commerciale, e che le rotture frequenti del ghiaccio sono elementi che cambiano le nostre osservazioni acustiche“.
Gaultier Real, scienziato francese che ha fatto di La Spezia la sua nuova casa e si sposta tra la Liguria e l’Artico per coordinare le ricerche a bordo della Alliance, è un esperto di acustica e conduce alla scoperta della sofisticata strumentazione della nave. “Il nostro laboratorio a bordo è perfettamente attrezzato per eseguire tutte le analisi e soprattutto per identificare tre parametri fondamentali per la propagazione del suono in acqua: pressione, salinità e temperatura. – spiega Real – Sono questi tre elementi che definiscono la nostra capacità di identificare un suono in mare”.
In un grande ambiente a centro nave, che non ha nulla da invidiare alla sala di controllo di un laboratorio a terra, ingegneri e analisti stanno già impostando gli strumenti. Nei prossimi giorni ci saranno idrofoni e ancoraggi per i campionamenti verranno rilasciati lungo tutta la rotta e i pc immagazzineranno dati che, grazie all’Intelligenza artificiale, potranno essere analizzati con grande rapidità, disegnando il nuovo ambiente sonoro dell’Artico.
Un protocollo per gli animali marini
Per le sue ricerche la Alliance non si limiterà a registrare i suoni, ma a sua volta li produrrà per verificare in che modo e a quale velocità si propagano. All’osservazione che si tratta di un elemento di disturbo ulteriore per i cetacei, Real risponde: “In realtà le nostre attività sono nulla rispetto a quanto avviene con il regolare traffico commerciale e le attività di esplorazione ed estrazione mineraria. Però la Nato ha un protocollo rigido per tutelare i cetacei e se ne individuiamo la presenza non eseguiamo operazioni nel loro raggio di spostamento. Per quanto ci riguarda, poi, non emettiamo suoni ad alta potenza perché siamo più interessati alla qualità”.
Tra i collaboratori alla ricerca dell’Alliance una parte importante la gioca la Norvegia, presente sulla nave anche con un ricercatore dell’ufficio meteorologico del Paese. “Per quanto riguarda la protezione della fauna la Norvegia, come nostro partner, ha richiesto accordi diplomatici specifici – continua Real – che implementano quelli della Nato sulla mitigazione degli effetti delle operazioni militari sui mammiferi marini”. Jan Erik Torp, vicedirettore del Norwegian Defence Research Establishment conferma: “Per noi la ricerca sugli effetti della crisi climatica in quest’area è fondamentale – dice – e siamo convinti che la collaborazione internazionale sia la chiave per adattarci in maniera efficace. Inoltre, la coscienza ambientale nella nostra popolazione cresce e dobbiamo far coincidere le nostre strategie di difesa con l’adattamento climatico, se vogliamo coinvolgere i giovani”.