Piogge abbondanti nel Mediterraneo occidentale, temperature rigide oltre la media in Francia, Germania e Inghilterra. Inoltre, per il terzo anno consecutivo, La Niña dovrebbe portare freddo e siccità nelle regioni del Pacifico sud-orientale e un aumento delle precipitazioni nell’America centrale e meridionale. Questo è il possibile quadro meteorologico ottenuto da gruppi di ricerca internazionali attraverso l’analisi dei modelli previsionali.
Un gruppo dell’Istituto di fisica atmosferica in Cina, inoltre, ha analizzato in che modo La Niña potrebbe combinarsi con gli effetti del riscaldamento globale. L’indagine, pubblicata sulla rivista Advances in Atmospheric Science, segnala che si tratta di processi molto complessi da studiare, con un esito a tratti poco prevedibile. Nonostante La Niña, però, dai dati sembra che una buona parte dell’Europa potrebbe sperimentare temperature più alte di quelle medie previste per il periodo.
La Niña, un’anomalia più frequente
La Niña è un complesso fenomeno meteorologico, di fatto un’anomalia, che ricorre in media ogni 5 anni. Questa comporta un raffreddamento anomalo dell’Oceano Pacifico tropicale nella regione centro-orientale – al largo delle coste del Sud-America – accompagnato da siccità, mentre contribuisce invece ad un aumento delle precipitazioni nelle regioni occidentali più lontane, sulle coste oceaniche orientali asiatiche e in Oceania. La Niña è la ‘controparte’ di El Niño, anche questo regolare e ricorrente, che invece causa un riscaldamento anomalo delle acque del Pacifico tropicale orientale e forti precipitazioni in ampie aree del Sud-America e della fascia sud-occidentale degli Stati Uniti.
Sparigliando le medie, che vedono La Niña apparire in media ogni 4-5 anni, per il terzo anno consecutivo quest’anomalia dovrebbe manifestarsi con un impatto tangibile anche nel 2023. “La Niña ha effetti su scala globale“, sottolinea Silvio Gualdi, Direttore della Divisione Simulazione e Previsioni climatiche del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), “anche se a livello europeo è difficile identificarli e quantificarli, mentre sono maggiormente misurabili nell’America del Nord e del Sud, in Africa in Oceania e nell’Asia orientale”.
Lo studio
I ricercatori dell’Istituto di fisica atmosferica in Cina hanno esaminato quattro modelli previsionali e la loro analisi ha riguardato l’Eurasia, nome geografico con cui viene identificata l’area continentale che comprende l’Europa e l’Asia. Il team ha osservato un riscaldamento generale, in parte in contrasto con la presenza de La Niña, che è solitamente causa di inverni freddi in Eurasia. Per interpretare il dato, gli autori sottolineano che i risultati potrebbero in parte essere influenzati dai cambiamenti climatici, in particolare dal riscaldamento globale, oppure da bias (‘errori sistematici’) nei modelli esaminati. Inoltre, elaborazioni successive, a partire dai risultati ottenuti, indicano che è ancora possibile che nell’inverno 2023 ci siano temperature sotto le medie in Eurasia, in particolare alle medie latitudini.
“Il lavoro in questione è di interesse”, commenta Gualdi, non coinvolto nello studio, “dato che, come si è soliti procedere, cerca di comprendere attraverso modelli climatici come evolverà lo scenario meteorologico della prossima stagione. La ricerca è limitata ad alcuni modelli e non è l’unica di questo genere all’interno del settore”. In generale, infatti, esistono alcuni gruppi internazionali (e il CMCC è uno di questi) che sono Global producing center, ovvero produttori globali di previsioni stagionali – ovviamente non si parla mai di certezza ma si rientra sempre nel concetto di probabilità. Fra i programmi che si occupano di queste previsioni, ci sono quello sostenuto da Copernicus e quello della World Meteorological Organization (WMO).
L’inverno 2023 in Europa
Proprio questi Centri e questi programmi hanno fornito delle stime sulla prossima stagione fredda. “Secondo i dati appena discussi”, chiarisce Gualdi, “nell’Europa centro-occidentale – in particolare in un’area che comprende Francia, Germania, Regno Unito e Irlanda e isole britanniche – sono previste temperature più fredde delle medie stagionali degli ultimi anni”. Il fenomeno riguarderà soprattutto l’inizio dell’inverno, fra dicembre e gennaio. “Nella parte occidentale del bacino del Mediterraneo (inclusa l’Italia, ndr) non sono previste significative anomalie di temperatura”, aggiunge l’esperto, “mentre è possibile un aumento delle precipitazioni stagionali”