Marco è un precursore. Uno di quelli che si esponeva nella lotta alla mafia prima ancora delle bombe e della strage di Capaci. Era fra le fila di chi con la campagna “Oro nero” denunciava già diciassette anni fa la netta correlazione fra le emissioni delle compagnie petrolifere e la crisi del clima. Oppure di coloro che portavano avanti le battaglie ecologiste nella Sicilia dilaniata dagli abusi. Negli anni ha cambiato associazioni e movimenti, ma il suo faro guida è sempre lo stesso.
La lotta alle ingiustizie attraverso la non violenza. Davanti a ogni ingiustizia, anche climatica, mi chiedo sempre: cosa posso fare io per cambiare le cose?.
Marco Siino ha 52 anni ed è un attivista di Extinction Rebellion Palermo. Nella sua vita ha studiato Pianificazione territoriale urbanistica e ambientale a Venezia, ha fatto vari lavori in ambito impiegatizio, nel sociale e fino a poco tempo fa lavorava come caregiver.
Se oggi è in prima linea nella lotta all’inazione per affrontare il cambiamento climatico che impatta sulla sua Sicilia, dalla siccità agli incendi e alle ondate di calore, lo deve anche al percorso affrontato da ragazzo. “Da adolescente ho fatto la scelta di diventare obiettore di coscienza a Palermo e poi ho formato altri obiettori. Quell’impegno mi ha dato l’occasione di entrare in contatto con la non violenza attiva, qualcosa in cui credo molto e anche la spinta a battermi per gli altri”.
A fine anni Novanta, Marco Siino organizza le prime fiaccolate contro la guerra in Kosovo, poi prende parte alle manifestazioni antimafia, ai collettivi che precedono il G8, fino al 2002, quando “con la rete Lilliput decido di impegnarmi nelle lotte sociali per la pace e per l’ambiente”. Da lì inizia un cammino sempre più legato all’ecologia, “come quando a Palermo in bicicletta ci battemmo per guadagnare spazio e ciclabili” o come con “Oro Nero, dove già vent’anni fa tutto era chiarissimo sulla crisi del clima e ci scontrammo con i giganti sul petrolio”.
Una lunga strada che un giorno incrocia quella di Extinction Rebellion. “Un amico del Mir, Movimento internazionale della riconciliazione, mi aveva segnalato, vista la mia sensibilità per l’ambiente, la nascita di un gruppo in Gran Bretagna che operava con non violenza e disobbedienza civile per il clima. Ho iniziato ad informarmi e scoperto che alcuni giovani di Fridays For Future, in rete con i primi attivisti di Extinction Rebellion, stavano facendo azioni tra Castellammare del Golfo e Alcamo. Così sono andato ad incontrarli”.
A quel punto Siino entra a far parte “di un movimento, qui guidato soprattutto da figure femminili, che stava nascendo e intendeva battersi sia per questioni nazionali che locali”. Dalle azioni simboliche sulla scalinata di piazza Pretoria, a Palermo, coperta di scarpe di bambini per raccontare il futuro negato dalla crisi del clima a quelle contro le banche che finanziano il fossile, presto si passa a questioni locali in una Sicilia che per Marco “ha estremo bisogno di verità, di essere informata”.
Così con Extinction Rebellion spinge “per fare pressione sull’amministrazione locale affinché pubblicasse i risultati del piano d’azione sull’energia sostenibile”, oppure al fianco del comitato cittadino di Parco Villa Turrisi “per ottenere una destinazione verde di quella che è la più grande area non edificata in una zona semiperiferica di Palermo”. Nel frattempo, però, esattamente come oggi nella Sicilia in emergenza siccità, è la realtà a parlare e ribadire la necessità di un cambio di rotta.
Due fatti recenti lo testimoniano. Per esempio l’alluvione del 2021 con palazzine crollate e danni ovunque: “In pochi hanno avuto la lucidità di denunciare che si trattasse anche di crisi del clima: l’intensità della pioggia aveva fatto esondare un corso d’acqua tombato, dimostrando la pericolosità di sottovalutare entrambi i problemi”.
L’altro risale all’estate scorsa, “quando eravamo chiusi in casa con oltre 40 gradi e la discarica bruciava. La stessa discarica era bruciata 12 anni prima, eppure allora le amministrazioni prendevano provvedimenti, avvisavano i cittadini di diossine e furani. Oggi invece, tra 400 roghi contemporanei e ovunque, si dà tutta la colpa all’emergenza o agli atti dolosi. Non si informano le persone del pericoloso mix innescato dalla crisi del clima e le azioni dell’uomo, ma si continua invece a parlare di maltempo, aumentando l’impreparazione dell’amministrazione a gestire queste situazioni”.
Un’impreparazione che per Marco Siino è motivo di rabbia ma anche di impegno. “Se faccio l’attivista – dice – è perché credo nel potere della non violenza e che chi abita questo Pianeta possa incidere nel cambiare le cose. Per il mio percorso ho testimonianza diretta che si può fare”. A patto di agire subito, però, perché “più aspettiamo, più peggiorerà. Per il mio compagno che è più giovane di me, per i nipoti che arriveranno, per le persone che ancora devono nascere. Stiamo rischiando non solo la sesta estinzione di massa ma la permanenza della specie sul Pianeta. La Terra nel tempo troverà i suoi equilibri, ma questa specie che si sta comportando da parassita, che ha già cambiato il clima, sta andando verso un declino certo, se non si impegna a cambiare subito”. Anche prendendosi dei rischi, come quelli di denunce durante le azioni con Extinction Rebellion. “Ognuno corre il rischio che si sente – racconta Marco – la repressione feroce c’è, non lo nascondo, ma chiunque, in mille modi, può impegnarsi per le battaglie ecologiche”.
Quelle in cui Siino è sostenuto da famiglia e amici, ma per cui ha sempre un cruccio: “Capire come estendere la consapevolezza: se invece di dieci fossimo cento, mille o diecimila, forse aiuterebbe a far venir fuori la verità anche in Sicilia. Ripeto: qui mancano campagne di informazione pubblica, il mio Comune ha già dichiarato l’emergenza climatica ma in molti non conoscono per esempio le cause della siccità o gli effetti legati all’industria fossile”.
Da precursore qual è, quello che l’attivista palermitano vede ora come doveroso di fatto è proprio questo: creare maggiore consapevolezza. Altrimenti, conclude, “in futuro quello che noi 50enni abbiamo già sperimentato per gli altri non sarà più possibile. Dovranno dire addio alla brezza d’estate, al freddo di inverno. Ecco perché credo che la vivibilità di questo Pianeta dipenda ancora da noi, anche per le generazioni future: abbiamo la possibilità di farlo capire manifestando e chiedendo allo Stato di agire ora. Facciamolo grazie alla democrazia e alla non violenza, facciamolo per noi, per i giovani e anche per tutti coloro – e penso ai Paesi più vulnerabili o guidati da dittatori – che non possono farlo ma saranno i primi a subire l’impatto del riscaldamento globale”.