In Italia e nei Paesi mediterranei cresce una pianta che ha un piano B per sopravvivere ai cambiamenti climatici e alla perdita di biodiversità. Fiorisce sia in primavera che in estate per attirare il maggior numero possibile di impollinatori diversi, dalle api fino alle formiche. Molte lo fanno, per carità, alcune anche per sbaglio perché stressate dalle estati tropicali. Ma Moricandia arvensis, erbacea autoctona del Mediterraneo, concede il bis con due fiori molto diversi: il primo, visibile tra qualche settimana, è lilla con i petali spatolati ed è più grande della controparte estiva, bianca e arrotondata.
Si tratta dell’unica specie conosciuta con questo comportamento così versatile. Una strategia originale per sopravvivere anche negli ambienti più aridi del continente come il deserto di Tabernas in Andalusia. In Italia è in stato di protezione assoluta in Umbria, dove è molto rara, ed è distribuita a macchia di leopardo nelle aree costiere di Liguria e Toscana, nel Sud Italia e in Sardegna. In Puglia non è stata più ritrovata.
Moricandia arvensis non lascia nulla al caso: in primavera, quando le ore di luce sono inferiori, produce fiori di colore più scuro che assorbono i raggi ultra-violetti mentre quelli estivi, bianchi, li riflettono per non farsi friggere dalla canicola. Per resistere a caldo torrido e siccità prolungata non si può avere la puzza sotto il naso. Non ci sono nicchie specifiche di impollinatori e la pianta viene visitata da oltre centocinquanta specie di insetti come ha dimostrato uno studio dell’Università di Granada pubblicato sull’ultimo numero degli Annals of Botany Company. “Questo allargamento dei possibili partner consente a Moricandia arvensis di aumentare le probabilità di riproduzione anche in condizioni molto difficili. – spiega José María Gómez, biologo che ha coordinato l’indagine e che guida il più importante gruppo di ricerca dedicato a questa pianta – Un’elasticità naturale che le consente di affrontare a cuor leggero perturbazioni antropiche e cambiamenti climatici”.
La comunità di impollinatori primaverili è in larga parte composta da grandi api con lunghe proboscidi mentre durante la bella stagione è più generalizzata con ospiti più piccoli e diversificati sotto il profilo anatomico: si passa dai coleotteri ai tripidi, il gruppo degli insetti più dannosi per l’agricoltura. Tra la schiera degli animali che frequentano la pianta ci sono anche scarabei, farfalle e persino formiche. Lo studio ha osservato per otto anni sei popolazioni di Moricandia arvensis nella Spagna sud-occidentale registrando 6.729 visitatori diversi e un’indigestione di polline e nettare.
Questa doppia fioritura è un esempio, estremo, di quello che in termini scientifici si chiama plasticità fenotipica, ovvero la capacità di adattamento all’ambiente. Il segreto risiede nel DNA della pianta. “La variazione di temperatura e di ore di luce attivano oltre 625 geni che inducono questa pianta a fiorire periodicamente in modo diverso. – prosegue il biologo spagnolo – Durante la primavera il numero di semi prodotti è maggiore rispetto all’estate anche perché la quantità nettare e zucchero offerta dal fiore è tripla”. Le differenze non finiscono qui: il numero di fiori che crescono in primavera è 15 volte tanto quelli della bella stagione. Sembra che per questa specie il fiore estivo sia quasi un ripiego, uno sforzo inevitabile.