Una felce che non supera i dieci centimetri di altezza è l’organismo con il più grande genoma sulla Terra. Se disteso a terra misura oltre cento metri, cinquanta volte quello di un essere umano e il 7 per cento in più rispetto a Paris japonica, la specie vegetale che deteneva questo record dal 2010. Ma a parte i diversi Guinnes dei primati infranti Tmesipteris oblanceolata, così si chiama la pianta, è più vulnerabile ai cambiamenti climatici rispetto ad altre con un codice genetico non così extra-large. Questo genere di felci epifite, che crescono solo sui tronchi o sui rami degli alberi, è molto raro: i suoi parenti più lontani si sono evoluti circa 350 milioni anni fa, ovvero molto prima della diffusione dei dinosauri, e oggi ha una distribuzione limitata all’Oceania e a qualche isola nel Pacifico meridionale.
I campioni analizzati di Tmesipteris oblanceolata sono stati raccolti l’anno scorso da due ricercatori dell’Instituto Botánico de Barcelona che hanno isolato migliaia di nuclei di cellule stimando la dimensione del genoma con un marcatore specifico. I risultati dello studio sono stati pubblicati all’inizio di questo mese sulla rivista internazionale iScience. Molte indagini su questo argomento suggeriscono come un genoma gigante come quello della felce della Nuova Caledonia, che ospita grandi quantità di cosiddetto “DNA spazzatura”, sia uno svantaggio nell’evoluzione di una specie.
“Nel caso delle piante, quelle che ospitano grandi quantità di DNA crescono molto più lentamente delle altre. – spiega il botanico spagnolo Jaume Pellicier, primo autore della ricerca – Sono meno efficienti nella fotosintesi, processo grazie a cui convertono l’energia solare in zuccheri per lo sviluppo, e richiedono più nutrienti, soprattutto azoto e fosfati, per crescere e per competere con successo con i loro vicini dal genoma più piccolo. Una serie di ricadute che possono penalizzare le capacità di una pianta ad adattarsi al riscaldamento globale e alla perdita di biodiversità”. Un genoma ingombrante come quello di Tmesipteris oblanceolata, in altre parole, altera il ritmo di replicazione delle cellule e riduce le possibilità sopravvivere ai cambiamenti dell’ambiente esterno. Fino ad oggi, gli scienziati di tutto il mondo hanno misurato il genoma di oltre 20mila organismi rivelando un’ampia gamma di taglie lungo tutto l’albero della vita. Negli animali il primato per il DNA più grande spetta, quasi a pari merito, a Protopterus aethiopicus, un pesce africano di acqua dolce che possiede una forma primitiva di polmone, e a Necturus lewisi, un anfibio endemico delle acque del fiume Neuse nella Carolina del Nord.
“Chi avrebbe mai pensato che questa pianta minuscola e poco appariscente potesse infrangere un record mondiale in termini di dimensioni del genoma. – aggiunge Ilia Letch, Senior Research Leader ai Royal Botanic Garden di Kew che ha partecipato allo studio – Rispetto ad altri organismi le piante hanno un DNA incredibilmente diverso e di grande valore nel quadro più ampio della biodiversità globale. Questa scoperta solleva anche molte nuove ed entusiasmanti domande sui limiti stessi della vita e di ciò che è biologicamente possibile”. La felce dei record, malgrado la sue dimensioni fisiche, contiene in ogni sua cellula, la più grande sequenza di informazioni genetiche mai osservata finora: ben 160 miliardi di paia di basi, le unità minime di informazione genetica. Una catena di Dna con 11 miliardi di basi in più rispetto al precedente record, detenuto dalla pianta da fiori Paris japonica.