Le piante hanno risorse e capacità per sopravvivere e colonizzare nuovi ambienti che non sono meno straordinarie di quelle degli animali. E la prateria di posidonia oceanica di Shark Bay, in Australia, sembra l’emblema di queste straordinarie mobilità ed adattabilità: due specie strettamente imparentate si sono ibridate e hanno creato un superorganismo, la cui crescita ed espansione sembra inarrestabile, tanto da essere etichettato dagli scienziati come la pianta più grande del mondo.
I ricercatori dei istituti di biologia marina e di scienze degli oceani dell’Università Western Australia hanno infatti scoperto che la prateria di Posidonia australis di Shark Bay, nell’Australia occidentale, si è sviluppata a partire da un’unica pianta ibrida e si è poi estesa per più di 180 chilometri, diventando un organismo incredibilmente resistente e antico, tanto che si stima abbia almeno 4.500 anni.
Per arrivare a questa conclusione (lo studio è pubblicato su Proceedings of the Royal Society Biological Science), gli scienziati hanno compiuto analisi genetiche sulle piante della baia, scoprendo che una parte di loro era un clone della Posidonia australis, che però aveva 40 cromosomi invece dei 20 tipici. L’anomalia fa dunque ipotizzare che per metà questi cromosomi provengano dalla Posidonia australis e per metà da una specie sconosciuta. Proprio questa seconda metà avrebbe fornito un grande vantaggio in termini di sopravvivenza, dato che questo ibrido è diventato predominante in tutte le 10 praterie di posidonia esaminate nella baia, tranne una. Il clone sarebbe nato 4500 anni fa e ciò lo renderebbe uno degli organismi più antichi della Terra.
Una speranza per proteggere la posidonia
La scoperta va ben oltre la curiosità di inviduare una pianta così grande e così antica. La posidonia è uno degli elementi vitali degli ecosistemi marini, perché supporta una vasta gamma di fauna, fornendo habitat, riparo e cibo. Sia negli oceani, sia nel nostro Mediterraneo, le praterie di questa pianta sono l’habitat di specie protette e minacciate come il cavalluccio marino, i piccoli pinguini, le tartarughe verdi, i pesci ago e le sardine e di specie ad alto valore commerciale.
Indispensabile è anche la sua funzione di filtro dell’acqua, della quale protegge la qualità filtrando, rimuovendo e riciclando i nutrienti. Le sue radici, poiché è una pianta fanerogama, stabilizzano i sedimenti sul fondo marino e, non ultimo, ha una importanza enorme per la riduzione dell’anidride carbonica nell’atmosfera, poiché le sue foglie utilizzano il carbonio per crescere e alla fine vengono sepolte nella sabbia quando muoiono. Si tratta di un esempio di “carbonio blu”: un elemento che si trova nei fondali marini e che non è più un gas a effetto serra nell’atmosfera.
Da tempo scienziati di tutto il mondo studiano soluzioni alla progressiva perdita di posidonia. In Australia, per esempio, la varietà australis è in molte aree ridotta a piccole e frammentate popolazioni a rischio di sparizione. A minacciare la sopravvivenza di queste praterie essenziali per la vita del mare ci sono la costruzione di strutture sulla battigia, come moli, pontili e aree di ormeggio, che causano l’ombreggiamento, il dragaggio e i danni causati da ancore, eliche di imbarcazioni, ormeggi e altre attività legate alla nautica, l’aumento dei sedimenti nei corsi d’acqua, che possono soffocare le fanerogame e bloccare la luce, il calpestio delle praterie di fanerogame da parte dell’uomo e degli animali domestici, eventi meteo estremi. Non ultimo, il cambio climatico, che con l’innalzamento delle temperature e l’aumento appunto di eventi meteo estremi modifica qualità dell’acqua e livelli di salinità.
Un ibrido che si adatta al cambio climatico
Molti tra i progetti per il ripristino delle praterie di posidonia si concentrano su come seminare le piante. Ma l’ibrido resistente di Shark Bay lascia aperta l’esplorazione a diverse soluzioni: “Ciò che rende questa pianta unica rispetto ad altri cloni di fanerogame di grandi dimensioni, oltre appunto alla sua grandezza è che ha il doppio dei cromosomi rispetto ai suoi parenti oceanici, il che significa che è poliploide – osserva la biologa evoluzionista Elizabeth Sinclair, prima firmataria dello studio – La duplicazione dell’intero genoma attraverso la poliploidia, cioè il raddoppio del numero di cromosomi, -si verifica quando le piante “madri” diploidi si ibridano. La nuova piantina contiene il 100 percento del genoma di ciascun genitore, invece di condividere il consueto 50 per cento”.
“Le piante poliploidi spesso risiedono in luoghi con condizioni ambientali estreme – continua la biologa -, sono spesso sterili, ma possono continuare a crescere se lasciate indisturbate, e questa fanerogama gigante ha fatto proprio questo. Anche senza una fioritura e una produzione di semi di successo, sembra essere davvero resiliente pur se sottoposta a un’ampia gamma di temperature e salinità, oltre a condizioni di luce estremamente elevata, che insieme sarebbero di solito altamente stressanti per la maggior parte delle piante”, conclude Sinclair. La ricerca futura si concentrerà proprio suI capire come l’ibrido sia riuscito ad adattarsi a condizioni così variabili e a Shark Bay sono già in corso numerosi esperimenti.