Acqua e clima rappresentano due crisi correlate. I problemi legati all’acqua, da un lato la siccità – con il relativo aumento degli incendi – dall’altro alluvioni e inondazioni, sono destinati a peggiorare in tutto il mondo con la crisi climatica. A rischio ci sono milioni di specie animali e vegetali, inclusa la specie umana che già vede oltre due miliardi di persone in situazione di precarietà o sofferenza idrica. Non a caso proprio domani si apre a New York la seconda Conferenza Mondiale sull’Acqua, a 45 anni dalla prima (1977).
Quando si pensa all’azione sull’acqua da parte della popolazione, spesso ci si limita ai consigli elementari come quello di chiudere i rubinetti. Per il WWF, si può fare molto di più. Per questo l’Associazione, in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, il 22 marzo, fornisce dati e strumenti per conoscere meglio la quantità d’acqua reale che consumiamo, non solo dunque quella che esce dai rubinetti delle case, ma quella presente nel cibo e negli oggetti della nostra vita quotidiana, e quindi come ridurre il suo consumo.
L’acqua nascosta
L’acqua che beviamo è solo una piccola parte di quella che consumiamo ogni giorno. Al consumo diretto (per lavarsi, cucinare, pulire o innaffiare le nostre piante) che in Italia è di 236 litri al giorno a persona contro una media europea di 165 litri, va aggiunto quello indiretto, legato all'”acqua nascosta”, ossia quell’acqua necessaria per produrre i beni e i servizi che utilizziamo e il cibo che mangiamo. Se compriamo una t-shirt in cotone, mangiamo una bistecca o beviamo una birra stiamo consumando acqua. Ogni fase produttiva per realizzare un prodotto finito può consumare acqua. La somma di tutti questi consumi rappresenta l’impronta idrica quotidiana. In Italia consumiamo in media circa 130 miliardi di m³ all’anno – una delle impronte idriche più alte d’Europa, con una media di 6.300 litri a persona al giorno. Consumi non più sostenibili e allarmanti considerando che secondo il World Resources Institute nel 2040 l’Italia sarà in un serio stress idrico.
Sarebbe importante che sui prodotti venisse indicata la loro impronta idrica (e altrettanto per la CO2) in modo da indirizzare il consumatore verso scelte più sostenibili premiando le aziende che maggiormente si impegnano in una gestione sostenibile delle risorse idriche.
Il 90% dell’impronta idrica di ciascuno di noi è determinata dal cibo che porta in tavola. È stato stimato che ogni persona “mangi” in media 5.000 litri di acqua al giorno: mangiamo assai più acqua di quella che beviamo (da 1.500 a 10.000 litri al giorno, a seconda di dove si vive e di cosa si mangia).
La carne è l’alimento maggiormente “idrovoro”. La sua impronta idrica è legata principalmente all’acqua necessaria per l’alimentazione del bestiame ed è influenzata da diversi fattori, che vanno dal sistema di produzione impiegato alla composizione e origine del mangime utilizzato.
Non solo cibo
I vestiti che indossiamo, i tessili che abbiamo e utilizziamo in casa hanno una lunga filiera alle spalle che inizia dai campi dove si coltiva il cotone e dalle piattaforme dove si estrae il petrolio per le fibre sintetiche. Ogni passaggio del processo di produzione dei tessili comporta un enorme utilizzo di acqua, dalla tinteggiatura al trattamento delle fibre. Questo fa sì che l’industria tessile sia la seconda industria ad alta intensità di consumo idrico al mondo, con circa 93 miliardi di metri cubi di acqua all’anno, pari al 4% di tutta l’acqua dolce estratta a livello globale. Per produrre tutti i tessili acquistati dalle famiglie europee sono necessari ogni anno circa 24.000 milioni di m³ di acqua. L’acqua è una risorsa rinnovabile ma finita. Impariamo ad usarla con parsimonia, senza sprechi e senza inquinarla. Per ridurre la propria impronta idrica basta poco. È importante preferire tessuti biologici e certificati, lavare e preferire il riciclo all’acquisto. A tavola, invece, è fondamentale che ognuno di noi segua un’alimentazione sana ed equilibrata, basata su alimenti prevalentemente vegetali, di stagione, locali e biologici. Limitando la frequenza degli ingredienti più “idrovori” potremmo ridurre l’impronta idrica europea del 23% ed essere tutti parte di un cambiamento globale.
Per quanto riguarda gli usi produttivi, in Italia l’agricoltura è il settore economico più assetato, con l’85% dell’impronta idrica della produzione, comprendendo l’uso di acqua per la produzione di colture destinate all’alimentazione umana e al mangime per il bestiame (75%), e per pascolo e allevamento (10%). È evidente quindi che l’attenzione principale nella gestione dell’acqua debba essere posta sul settore agricolo, promuovendo il risparmio idrico in agricoltura.
La siccità avanza
Secondo il Gruppo intergovernativo di esperti ONU sul cambiamento climatico (IPCC), l’aumento della temperatura in atto sarà accompagnato da grandi cambiamenti nel ciclo dell’acqua in tutto il Pianeta, con aree umide che diventeranno molto più umide e aree aride che saranno soggette a siccità più intense e per periodi più lunghi. In questi ultimi due anni anche zone che non conoscevano la siccità stanno affrontando nuovi problemi, si pensi (per l’Europa) alla Francia, alla Gran Bretagna e al Nord Italia. Dobbiamo anche fare i conti con una riduzione di disponibilità idrica del 19% registrata negli ultimi trent’anni rispetto al precedente periodo (ISPRA 2022), che dovrebbe indurci a rivedere la distribuzione dell’acqua per i diversi usi.
Gli italiani e la carenza d’acqua
Il mondo è riunito dal 22 al 24 marzo a New York per la Conferenza Onu sull’acqua (UN 2023 water Conference). Per questa occasione è stata pubblicata pochi giorni fa una nuova ricerca di GlobeScan che evidenzia la percezione a livello globale della scarsità di acqua. Il dato principale che è emerso è che il 58% delle persone a livello globale ritiene che la carenza di acqua dolce sia un problema “molto serio”. Per quanto riguarda i risultati del sondaggio in Italia, emerge che il 56% degli italiani dichiara di essere “fortemente” colpito sul piano personale dalla scarsità d’acqua, mentre un altro 37% ne è “moderatamente” colpito, in totale ben il 93%; il 72% degli italiani ritiene la carenza di acqua dolce “molto grave” (nel complesso, il 96% la ritiene molto o abbastanza grave); il 97% degli italiani considera l’inquinamento delle acque di fiumi, laghi e oceani è un problema serio (69%) o molto serio (28%). Infine, un dato significativo è che tra le persone interessate dagli effetti del cambiamento climatico, il 62% afferma di essere stato colpito dalla siccità.
Cosa fare
È imperativo abbattere le emissioni climalteranti, onde evitare gli scenari più preoccupanti e ingestibili della crisi climatica, affrancandosi dall’uso dei combustibili fossili, fermando la deforestazione e la cementificazione, proteggendo la salute degli ecosistemi. Ma è altrettanto indifferibile l’adattamento, vale a dire cercare un nuovo modello di benessere che affronti con lungimiranza i cambiamenti già in atto: per l’acqua, vuol dire anche abbatterne lo spreco, ridurne e razionalizzarne l’uso, assicurare la salute della natura e ripristinare il territorio, garantire un’equa distribuzione della risorsa. Le persone possono essere parte attiva in questo cambiamento di paradigma, generando un beneficio evidente all’ambiente e costringendo governi e aziende ad agire subito.
Earth Hour – sabato 25 marzo
Sabato 25 marzo torna Earth Hour, l’Ora della Terra del WWF: dalle 20 e 30 per un’ora, in tutto il mondo milioni di persone saranno chiamate alla mobilitazione, verranno spente le luci di abitazioni, piazze e monumenti iconici per il futuro del Pianeta.
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