Ogni capo di abbigliamento che scegliamo e indossiamo ha causato, per essere prodotto e finire nell’armadio, un impatto sul pianeta. Ne siamo consapevoli? Non è una novità infatti che il settore del fashion sia tra i principali responsabili delle emissioni di CO2 e di altri gas a effetto serra, a livello globale. Tra l’utilizzo dell’acqua, il crescente uso di energia, l’uso delle tinture e dei materiali di origine animale, la sovrapproduzione di capi di abbigliamento, la moda ha un impronta di carbonio notevole. Ma se invece compro un capo di seconda mano, l’impatto diminuisce? Sembra proprio di sì.
Lo rileva il Rapporto sull’impatto climatico degli acquisti di seconda mano redatto da Vinted uno dei primi siti a promuovere il sistema di fare dell’usato la prima scelta. Un mercato che fino a pochi anni fa sembrava di “nicchia”, relegato nei mercatini vintage, ma che ora è esploso creando una community in continua crescita soprattutto tra i giovani. Segno tangibile che qualcosa sta cambiando sia nella percezione del prodotto moda, sia nell’attenzione per l’ambiente.
Uno su 5 compra solo capi second hand
Creata a Vilnius nel 2008, Vinted conta 30 milioni di utenti (oggi il marchio vale un miliardo di dollari). Ai ricercatori di Vaayu la piattaforma di monitoraggio del carbonio, i respondabili dell’azienda hanno chiesto di analizzare l’impatto sul clima legato all’acquisto di capi di abbigliamento di seconda mano su Vinted rispetto all’acquisto di nuovi nel 2021. Il campione a disposizione degli analisti era quello della intera community, quindi molto vasto.
Sono stati esaminate in tempo reale mezzo miliardo di transazioni avvenute attraverso l’app, mentre per capire il comportamento all’acquisto è stato condotto un sondaggio che ha coinvolto 350 mila utenti. Uno su 5 degli intervistati ha dichiarato che “la seconda scelta è diventata la scelta numero uno”, mentre un altro 20% di acquirenti e venditori hanno risposto di essere motivati da interessi ambientali e sociali.
453 mila tonnellate di CO2 è stato il totale di emissioni di carbonio risparmiate dalla piattaforma Vinted nel 2021. Per il calcolo sono state prese in considerazione le emissioni di carbonio dei prodotti venduti attraverso l’app, la frequenza con cui gli utenti hanno evitato l’acquisto di un capo nuovo e le emissioni di carbonio dovute alle consegne.
“Ricerche precedenti avevano dimostrato che prolungare anche di solo 9 mesi la vita dei capi d’abbigliamento può ridurre le emissioni di CO2 del 10%, ma ci sono pochi stuidi che fino adesso misuravano l’impatto che l’acquisto e la vendita su larga scala di capi d’abbigliamento di seconda mano ha sul clima”, hanno spiegato i dirigenti di Vinted.
Consegne e imballaggi
Sono i due punti complicati delle piattaforme di ecommerce. “Sappiamo guardando i risulatti del Rapporto di dover ridurre ulteriormente la nostra impronta operativa, incluse le emissioni legate alla spedizione e agli imballaggi” si legge nel report. La maggior parte degli intervistati (il 73% delle transazioni) ha comunque scelto di ricevere il proprio articolo in un punto di ritiro e consegna, invece che a domicilio riducendo le emissioni del 62%. Non solo. Il 30% di loro è andato a ritirare il suo acquisto a piedi. C’è poi la questione degli imballaggi. Utilizzando la confezione riutilizzabile (il 62%) e non quella monouso sono state evitate altre 17mila tonnellate di emissioni.
Economia e sostenibilità
Da Venezia l’appello per un’industria della moda sostenibile
di Fiammetta Cupellaro
Spiega Namrata Sandhu, Ceo e co-fondatore di Vaayu: “Siamo attualmente a un punto di svolta. Si prevede che il settore della moda genererà 2,1 miliardi di tonnellate di emissioni di carbonio nel 2030 e, sebbene questa minaccia urgente per il nostro pianeta possa essere ridotta attraverso modelli di business circolari, dobbiamo prima comprenderne l’impatto. Avendo messo a punto il più ampio dataset primario mai realizzato su acquisti online di seconda mano su scala, siamo oggi in grado di comprendere più approfonditamente il potenziale di risparmio di emissioni”.