Nella Giornata della Terra, i riflettori si accendono anche sul mare. E non c’è alcun paradosso, anzi. Del resto, il 71% della superficie del Pianeta è ricoperta d’acqua: l’Oceano è fondamentale per il nostro clima, la biodiversità, la salute e l’economia globale. Quanto basta per suggerire a Marevivo, la fondazione ambientalista che fin dalla sua nascita ha dedicato la sua azione alla tutela del mare, di presentare – proprio in occasione dell’Earth Day, i dieci hotpoints sul mare. Verità assolute in grado di favorire un paradigma sempre più Oceano-centrico. “Il mare è, d’altronde, il liquido amniotico del nostro Pianeta ma benché ricopra la maggior parte della superficie terrestre, nelle politiche di tutela dell’ambiente da sempre viene considerato come un elemento di serie B”, sottolinea Rosalba Giugni, presidente di Marevivo. Parlando di una “terra di nessuno, che tutto nasconde e dove tutto è possibile”. Di qui l’esigenza di un cambio di prospettiva. “Proprio in occasione della Giornata che celebra la Terra, un po’ provocatoriamente, vogliamo ribadire che non ci sarà vita sulla Terra senza una seria tutela del mare. Non solo: dal mare possono arrivare le immediate soluzioni per avviare la strada della transizione ecologica”. Ma quali sono, allora, i dieci hotpoints? Le parole chiave sono tutte particolarmente attuali: clima, biodiversità, rifiuti, alimentazione, energia, trasporti, salute, guerre, legislazione e tecnologie.

Quali rischi dalle

Dal clima ai rifiuti, la sfida del futuro

Che il clima della Terra dipenda dal mare e che gli oceani siano determinanti nel bilancio climatico globale è cosa risaputa. L’Oceano è in grado di catturare circa il 30% delle emissioni di CO? provocate dalle attività umane e produce oltre il 50% dell’ossigeno che respiriamo. Una capacità di termoregolazione fondamentale per mantenere stabili le temperature globali, fatalmente messa a rischio dall’interferenza umana sta mettendo a rischio questi equilibri delicati. Basti pensare allo scioglimento dei ghiacci marini, che altera le correnti che contribuiscono a mitigare il clima. Hotpoint numero 2 è la biodiversità: l’Oceano rappresenta più del 90% dello spazio abitato dalla vita. Minacciato da attività come la pesca eccessiva e dalla distruzione degli habitat marini: rischia l’estinzione il 44% delle specie di coralli – essenziali per il 25% della fauna marina e per la riduzione dell’erosione delle coste – e il 50% degli ecosistemi di mangrovie

C’è poi il tema dei rifiuti, hotpoint numero 3. La plastica (10 tonnellate all’anno quella gettata in mare), i rifiuti industriali, i fertilizzanti e i pesticidi, persino gli antibiotici rappresentano una costante minaccia per la biodiversità e per la sicurezza alimentare umana. Già, perché – hotpoint numero 4 – il mare, con la pesca, è in grado di offrire risorse da popolazioni naturali, assicurandoci il 30% delle proteine consumate globalmente. Purché si porga un limite alla sovrappesca, che sta impoverendo le popolazioni naturali, costringendo al piano B, l’acquacultura. Che, denuncia Marevivo, si traduce in “allevamenti ittici alimentati con farine di pesci catturati in mare ed è insostenibile”.

Agli oceani dobbiamo la vita, ma stiamo perdendo la loro ricchezza

Energia e trasporti, la sostenibilità è sempre più blu

C’è poi una questione, non marginale, legata all’Oceano come fonte potenziale e inesauribile di energia, hotpoint numero 5. “Con investimenti mirati in tecnologie innovative, – sottolinea Marevivo – i mari potrebbero fornire l’energia pulita necessaria a ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili, contribuendo alla transizione verso una società più sostenibile. Altro tema è quello dei trasporti, hotspot numero 6. Oggi il commercio marittimo movimenta l’80% delle merci che circolano globalmente, generando un valore economico di oltre 14.000 miliardi di dollari. Ma gli impatti ecologici, denuncia l’associazione, non sono trascurabili: tra questi, la dispersione di specie invasive e la modifica degli ecosistemi marini derivante da emissioni, elevata cementificazione e maggiore inquinamento acustico. Meno dibattuta è forse la questione legata alla salute: perché c’è un motivo se Il 30% della popolazione mondiale risiede entro 50 chilometri dal mare, e il 50% vive entro 200 dalla costa. Il mare è fonte di benessere, direttamente o indirettamente, attraverso i composti bioattivi provenienti dagli oceani, che stanno aprendo nuove frontiere nella ricerca farmacologica, anche per trattare malattie come il cancro e le infezioni virali.

Dalle guerre alla tecnologia, il conto è sempre più salato

L’hotpoint numero 8 segnalato da Marevivo riguarda le guerre, alle quali l’Oceano paga un dazio elevato in termini di danni ambientali, con fuoriuscite di petrolio, contaminazioni da sostanze tossiche e dispersione di ordigni e veleni nei fondali. Ancora: c’è la questione della legislazione. “Fuori dalle giurisdizioni nazionali – denuncia ancora l’associazione – il mare è terra di nessuno, con regole vaghe e nessuno che le faccia rispettare”. Di qui la necessità di un rafforzamento della governance internazionale per evitare il collasso ecologico, perché “le normative internazionali che regolano l’uso e la protezione del mare sono insufficienti e spesso disattese”. Infine, hotspot numero 10, la tecnologia. “Stiamo sviluppando tecnologie come l’IA che necessitano dell’acqua di mare per raffreddare gli impianti e alteriamo la costa con grandi infrastrutture industriali”, denuncia Marevivo. Ed esiste anche il “Punto Nemo”, il cosiddetto “polo oceanico dell’inaccessibilità”: viene utilizzato come discarica dei rifiuti spaziali, in primis satelliti dismessi.