Alla notizia che Caretta caretta si trova sempre più bene sulle coste italiane, tanto che negli ultimi anni sono stati sempre di più i nidi della tartaruga marina certificati sul territorio, gli esperti hanno reagito con timido ottimismo. L’ipotesi che queste nidificazioni fossero gli effetti delle strategie di conservazione attuate negli anni precedenti andava pesata tenendo conto anche di altri fattori in grado di spiegare in parte quando osservato, come i cambiamenti climatici. Oggi a rispondere in parte alla questione è un nuovo studio italiano pubblicato sulle pagine di Plos One, volto ad analizzare i fattori in grado di influenzare la riproduzione della tartaruga marina. Scopo dell’indagine è quello di ottimizzare le strategie di conservazione della specie, considerata a rischio minimo per il Mediterraneo ma vulnerabile a livello globale, scrivono Luca Ceolotto e colleghi.

Per farlo i ricercatori hanno analizzato in che modo una trentina di fattori naturali e antropici si associano al successo di schiusa delle tartarughe, ovvero alla percentuale di tartarughe emerse dalle uova deposte, come spiega a Green&Blue Ceolotto, biologo marino presso il dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione presso l’Università degli Studi di Padova. “In precedenza i lavori si sono concentrati sui fattori che influenzano la scelta di una spiaggia piuttosto che un’altra, ma questo aspetto non era stato invece indagato”. Una curiosità scientifica che prende spunto dai primi studi di Ceolotto nel campo, da quando, ancora bagnino e studente, fu testimone di una schiusa eccezionale sul lido di Jesolo nel 2021. “Per questo studio abbiamo analizzato 237 nidi risalenti al periodo compreso tra il 2019 e il 2023 in tutta Italia – riprende – e preso in considerazione fattori naturali quali la temperatura della sabbia e del mare, la salinità delle acque, l’altezza delle onde, la granulometria della sabbia e fattori antropici, quali il disturbo legato alla presenza umana ricollegabile a stabilimenti balneari per esempio”. Queste informazioni sono state raccolte o estrapolate anche grazie all’analisi di dati satellitari e grazie alla partecipazione attiva di alcuni cittadini. D’altronde, ammette il ricercatore, il contributo della citizen science, frutto di una maggiore sensibilizzazione nel campo, è diventato sempre più importante per gli studi su Caretta caretta.

I ricercatori hanno anche confermato che, negli ultimi anni, parimenti a un incremento nel numero di nidificazioni – siamo passati da una media annuale di un centinaio a seicento nidi nel 2024, ricorda Ceolotto – si è osservato uno spostamento dei nidi verso ovest e verso nord. In media, si legge nel paper, il successo di schiusa oscillava da circa il 10% al 60%. Un dato variabile in dipendenza della stagione (e dei fattori correlati, turismo compreso) e del mese di deposizione e schiusa, continuano gli esperti. “I risultati in generale hanno mostrato che le attività di antropizzazione, come la vicinanza a strade o stabilimenti balneari, sono associate a schiuse con basso successo – spiega il ricercatore – mentre abbiamo confermato che spiagge naturali, ampie e con dune favoriscono un maggior successo di schiusa”. I risultati sorprendono poco e confermano, prosegue Ceolotto che: “molti dei fattori in grado di influenzare la schiusa di questa specie di tartaruga marina sono sotto il diretto controllo umano. Dovremmo tenerne conto, preservando le spiagge naturali e limitando l’antropizzazione e il turismo, per esempio programmando gli interventi di ripascimento dei lidi”. Tanto più che altri fattori, come l’aumento delle temperature e del livello del mare, legati ai cambiamenti climatici, sono fattori che possono alterare il successo di schiusa di Caretta caretta, concludono gli autori.