Milano, da sempre all’avanguardia nelle soluzioni di mobilità urbana, si trova di fronte a una sfida significativa, quella che molti hanno definito la crisi del settore dello scooter sharing. L’addio di Cityscoot (fallita e di recente acquisita dalla rivale Cooltra per una cifra pari a 400 mila euro), e la decisione del colosso spagnolo dell’energia Acciona di sospendere il servizio in Italia, ha aperto spazi per test commerciali di altre realtà emergenti. Prima fra tutti la startup romana Scuter, che a partire da questa estate pianifica lo sbarco con una prima flotta di 200 ciclomotori che sfrecceranno per le strade di Milano. Veicoli arancioni, elettrici, dotati di tre ruote, un tettuccio antipioggia che consente di circolare anche senza casco, ma con cintura di sicurezza e una comoda poltrona con schienale. Prodotti su progetto e brevetti di Scuter in un sito ex indotto Honda, la IAT del distretto di Casoli, in Abruzzo, e appoggiandosi su altri partner italiani per produzione dei componenti, come la Isotta di Bologna. Una sfida che segna un punto di svolta per il settore, perché solleva domande importanti sul futuro della mobilità condivisa nella metropoli lombarda (e non solo), e perché racconta una visione del tutto nuova per l’industria automotive italiana.
Perché Milano? “Abbiamo scelto Milano perché è la città che in Italia ha la maggior propensione alla mobilità sharing – spiega Gianmarco Carnovale, co-fondatore e CEO di Scuter – partendo con un test che sarà un trampolino di lancio verso altre città europee, con l’obiettivo di essere presenti nel medio periodo in cento città, soprattutto attraverso il modello del franchising, oltre che con flotte private per le aziende”.
La crisi degli operatori di scooter sharing, a Milano come altrove, può essere attribuita a vari fattori. Tra questi, i costi elevati di gestione e manutenzione dei motorini, le sfide logistiche e normative, e soprattutto l’audience ristretta di un tradizionale mezzo a due ruote per problemi di sicurezza e di meteo. Inoltre, la pandemia ha avuto un impatto significativo, modificando le abitudini di mobilità dei cittadini e riducendo la domanda per questi servizi, anche a causa della logica ritrosia a condividere un casco tra chissà quanti utilizzatori, sia pure usando una cuffietta. E pensare che, solo nel 2019, in città erano presenti ben sei aziende con i rispettivi servizi di scooter sharing: MiMoto, Cooltra, Zig Zag, GoVolt, Cityscoot e Acciona. Di questi, ad oggi, rimane traccia solo dell’operatore catalano Cooltra in città.
“Senz’altro il motivo principale che a mio avviso ha reso poco sostenibile il business per le altre società sono i costi di manutenzione, che in alcuni casi incidono sul 45% dei ricavi. Con Scuter contiamo di abbatterli con veicoli molto resistenti che uniscono le caratteristiche di bici, ciclomotori e macchinette elettriche, ma pensati esclusivamente per la sharing mobility. A chi diceva: è un mercato affollato, oggi rispondo: l’intera industria europea dello sharing ha raggiunto solo l’1% della mobilità urbana, mentre il 99% degli utilizzatori si muove ancora con mezzi di proprietà come ha fatto per decenni. L’affollamento è una leggenda, la partita è tutta da giocare, e noi con un approccio basato su tecnologia e mezzi proprietari che offrono vantaggi unici, per l’utenza come per noi stessi, entriamo in un cosiddetto oceano blu”.
Scuter e le sfide di mobilità elettrica condivisa
Pensati per la mobilità sostenibile: con parti plastiche ridotte al minimo essenziale, omologati da poche settimane a livello europeo, quindi targati e normati dal codice della strada senza bisogno di regolamenti speciali, sicuri, comodi, semplici e resistenti, i veicoli Scuter circolano e si parcheggiano sulle strade ordinarie.
Non solo, i veicoli sono tutti made in Italy, generando così anche indotto industriale nel Paese: costruiti in Abruzzo in un sito ex indotto Honda a Casoli, con molti produttori di componenti distribuiti tra Campania, Lazio, Abruzzo, Marche ed Emilia Romagna, ma soprattutto sono il frutto di un percorso di ricerca e sviluppo durato anni attraverso cinque generazioni di prototipi e sostenuto un investimento di quasi 4 milioni di euro cumulati tra investitori privati tra cui Zest Group e numerosi business angels, da Cdp Venture Capital, da finanziatori come Intesa San Paolo, ed una erogazione a fondo perduto dell’Unione Europea per le più promettenti startup cleantech assegnata tramite Enel.
I soci fondatori sono quattro: Gianmarco Carnovale, (CEO) focalizzato su venture design, business modeling e visione trasformativa, Luca Ruggeri (CTO) su elettronica e software, Gabriele Carbucicchio (CFO) su company affairs e rapporti con la filiera produttiva, e Carmine di Nuzzo (CDO) su design e progettazione meccanica e che vanta un premio Compasso d’Oro, un mix di esperti provenienti dal mondo dell’automotive, delle telecomunicazioni e delle startup tecnologiche.
Nel 2015 i quattro fondatori si sono uniti intorno all’idea di decarbonizzare le città e ridurre il traffico rendendo più efficiente la mobilità urbana personale con un sistema tecnologico pensato come una infrastruttura di smart mobility, data & energy grid, integrato intorno al un mezzo stradale disegnato e ingegnerizzato per essere usato assiduamente e in sicurezza in un servizio di sharing da parte di una utenza più ampia di quelle delle diverse tipologie di veicolo esistenti.
Dove nascono e come si ricaricano
Prototipati nella sede di Scuter di Caserta, e realizzati in serie da terzisti nella zona industriale di Casoli, storico distretto della moto in provincia di Chieti, i ciclomotori arancioni sono dotati di cabina protettiva, telaio in alluminio e accreditati di una velocità di 45km/h di velocità, con circa 100 km di autonomia, questo veicolo si guida senza casco ma con le cinture di sicurezza, e con qualsiasi patente, a partire dal patentino AM. La ricarica avviene tramite sostituzione della batteria, senza dover stazionare allacciato a delle colonnine.
Il veicolo si collega ad una piattaforma cloud basata su sistemi di Intelligenza artificiale e ad una app per smartphone, e non solo: l’armadio di ricarica delle batterie in futuro integrerà funzioni di smart grid, fungendo da accumulo energetico per il supporto alle fonti rinnovabili. Scuter è pensato per lo spostamento degli utenti fino al medio raggio, diversamente dalla micromobilità che copre il cosiddetto “last mile”, ma il sistema nel suo complesso è pensato anche come una piattaforma smart city per la transizione ecologica tramite la riduzione del traffico e la decarbonizzazione attraverso l’effetto di sostituzione delle utilitarie private in città, e per il monitoraggio di numerosi parametri dell’ambiente urbano attraverso sensori di bordo.
L’obiettivo dell’azienda è di portarli sulle strade di Milano entro la fine dell’estate, senza stalli fissi, prenotabili attraverso una semplice app con costi che variano in base ai minuti di utilizzo, per offrire ai cittadini la comodità ed il raggio di spostamento delle auto, la velocità di spostamento e di parcheggio dei ciclomotori (esattamente doppia, nel traffico, rispetto alle automobili), e la facilità d’uso delle bici.
“Un futuro in cui la mobilità condivisa sostituirà il veicolo di proprietà”
Il futuro di Scuter? “Come azienda cleantech puntiamo su un futuro in cui la mobilità condivisa sostituirà completamente il veicolo di proprietà. Anche se ad oggi manca ancora una legge nazionale sullo sharing, l’impatto di una adozione di massa di questa forma di mobilità può essere incredibile: un mezzo in sharing può toglierne dalle strade urbane 10 o 20 di proprietà, e se pensiamo che quelle da sostituire sono per lo più automobili, peraltro con un’età media di 12 anni e molto inquinanti, c’è da considerare il fattore ulteriore di un ingombro che nel nostro caso è un sesto di un’utilitaria, pur offrendo una sicurezza e comodità che è ben superiore a quella di un ciclomotore. Di fatto, quindi, attraverso l’attività di ricerca e test che abbiamo svolto per anni come il primo produttore automotive ed operatore di sharing del mondo, puntiamo a rendere massiva questa forma di mobilità individuale ed aiutare le città a liberarsi dal traffico privato, rendendo così più sostenibili ed efficaci anche le altre forme di mobilità come quella collettiva o quella dolce”.
Mentre le città si sforzano di trovare un equilibrio tra sostenibilità ambientale e fattibilità economica, l’esperienza del laboratorio milanese potrebbe offrire lezioni preziose per altri operatori che decidono di affrontare queste sfide per migliorare l’ecosistema della mobilità urbana. L’innovativo modo di muoversi basato sulla condivisione dei mezzi resta imprescindibile per le metropoli e i centri che vogliono essere sempre più sostenibili, perché è l’unica via che può rimuovere le ingombranti ed inquinanti utilitarie private dalle strade, offrendo una reale alternativa ai cittadini.
“Per Scuter, Milano sarà la tipica apertura flagship di un modello che poi si svilupperà con licenze e partnership, attraverso gestori in altre città che spazieranno tra società utility, comuni o municipalizzate dei trasporti, imprenditori o comunità energetiche, in cui noi manterremo il ruolo di gestore della piattaforma e il partner si occuperà esclusivamente della flotta locale”.