“Abbiamo parlato anche di sicurezza, di come eliminare la nostra dipendenza da altri Paesi e di come l’energia nucleare sia uno degli strumenti per farlo”. Nella sua due giorni romana Ebba Busch, vicepremier svedese e ministro dell’Energia e l’Industria, ha incontrato imprenditori e politici italiani. Tra questi il titolare della Farnesina Antonio Tajani: “Abbiamo riflettuto sul fatto che ci siano troppi leader europei spaventati, troppo concentrati su cosa sta facendo o non facendo Trump. E troppo poco su quanto sta facendo l’Europa”.

Ministro Busch, la sicurezza della Ue si fa investendo in armi o in energia?

“Occorre rafforzare la difesa militare. Ma anche la difesa civile: vale a dire le imprese, il business, le compagnie che operano in settori strategici, rafforzando le catene di valore tra Paesi vicini, in modo da ridurre la dipendenza da altri non affidabili. Penso per esempio al settore minerario e ai materiali che servono per la transizione: il 99% oggi ci arrivano dalla Cina. L’Italia ha bisogno di tornare a essere una nazione mineraria, così come la Svezia. Aprendo possibilmente nuove miniere. Poi c’è un terzo elemento: i nostri valori comuni che ci definiscono come europei, con una storia comune pur nel rispetto delle differenze. Abbiamo imparato una durissima lezione dalla Seconda guerra mondiale: i padri fondatori della Ue dissero mai più”.

Pochi giorni fa ha firmato un memorandum d’intesa con il suo omologo ucraino. Ci può dire di più?

“L’energia è fondamentale per la sopravvivenza stessa dell’Ucraina. Se Kiev non avesse avuto una robusta infrastruttura energetica la Russia avrebbe già avuto la meglio. Abbiamo firmato il memorandum d’intesa per aiutare l’Ucraina a ricostruire le infrastrutture energetiche distrutte, con attenzione specifica all’energia nucleare a uso civile, ma anche ai minerali critici necessari per i sistemi energetici, a cominciare dalle rinnovabili”.

Ma il nucleare rende davvero indipendenti dal punto di vista energetico? La Svezia da chi acquista l’uranio necessario alle sue centrali?

“Non certo dalla Russia. Abbiamo robuste collaborazioni con il Canada, l’Australia e altre nazioni affidabili. Siamo molto esigenti nella scelta dei nostri partner in questo campo”.

Perché non puntare sulle rinnovabili?

“Noi crediamo nelle rinnovabili, ne abbiamo tantissime: il 40% della elettricità è prodotta con l’idroelettrico. Quasi il 30% con eolico e fotovoltaico. Ma un altro 30% arriva dalle centrali nucleari. Perché le rinnovabili vanno e vengono. Il che comporta grandi sistemi di accumulo per gestire efficacemente le reti elettriche. Il che è molto costoso. E così in Svezia per famiglie e imprese il costo della rete talvolta supera quello dell’elettricità consumata. Per questo che sono critica sul piano Ue contenuto nel Clean Industrial Act: se fosse implementato, gli italiani e gli europei vedrebbero crescere i costi per la rete elettrica fino a superare quelli dell’elettricità. A quel punto non ci sarà alcun sostegno popolare. Ed ecco perché chiediamo alla Commissione un ripensamento. Noi, come l’Italia siamo per la neutralità tecnologica”.

Come avete risolto il problema delle scorie?

“Abbiamo dato la priorità a questo problema e ci abbiamo lavorato per molti anni. Ora siamo felici di poter condividere le nostre conoscenze con altri Paesi. La soluzione per gli anni a venire è una maggior collaborazione nucleare tra nazioni amiche, per tagliare i costi e ottimizzare le regolamentazioni”.

Viste l’attuale contesto geopolitico, quali sono le sfide legate principali legate all’energia e al clima?

“L’Europa è a un bivio. La transizione green rischia di essere una transizione cinese su suolo europeo: con pannelli solari e auto elettriche made in China. Oppure possiamo decidere di lavorare insieme e dire no. Abbiamo per esempio un’Europa forte nel settore delle batterie. Ma per farlo dobbiamo sfrondare i limiti normativi che frenano le nostre imprese e assicurarci che i soldi annunciati dalla commissione per il settore delle batterie vadano anche alle compagnie già esistenti e non solo a chi inizia ora”.

Non sembra esserci solo un problema di normative: proprio la svedese Northvolt, campione europeo delle batterie, ha fatto bancarotta. Cosa non ha funzionato?

“Hanno investito in troppe cose diverse allo stesso tempo. E non hanno dato la priorità al primo stabilimento nel nord della Svezia. C’è stata la bancarotta, l’insolvenza, ma la linea di produzione sta ancora andando avanti e siamo fiduciosi: c’è la possibilità che si concretizzi un nuovo proprietario, in grado di preservare il ruolo di Northvolt come grande produttore europeo di batterie”.

Ma dal punto di vista commerciale il nemico è la Cina o l’America di Trump?

“Rappresento un Paese che è per la libertà degli scambi commerciali. E i dazi sono contro la libertà di commercio. Tuttavia ho due figli di dieci e otto anni e non voglio dare nelle loro mani tablet o altri dispositivi che contengano materie prime estratte sfruttando, per esempio, il lavoro minorile nelle miniere del Congo o con procedure che non rispettano la nostra difesa dei diritti e dell’ambiente. Ma noi possiamo affrancarci da queste dipendenze, basta volerlo. E non possiamo aspettare che sia la Commissione europea a farlo: Svezia e Italia possono agire fin da subito”.

Cosa pensa dei nuovi target di decarbonizzazione della Ue: il 90% entro il 2040?

“Crediamo al taglio delle emissioni. Ma non si può gestire allo stesso modo il cammino verso la decarbonizzazione di 27 nazioni. Noi stiamo tagliando tutte le nostre emissioni nell’industria dell’acciaio, perché siamo riusciti a garantire a grandi aziende come la Ssab abbastanza elettricità fossil free 24 ore al giorno, 7 giorni a settimana, non solo quando c’è il vento o il sole. La chiusura totale ci sarà nel 2029 e questo abbatterà le emissioni svedesi dell’8%. Ma dobbiamo avere un fornitura di energia stabile, per quando non c’è vento e non c’è sole e le aziende devono lavorare comunque. Questa è fisica, non politica”.

Su questi temi quali sono le principali differenze tra destra e sinistra in Svezia?

“Noi vogliamo combinare alti target climatici con la competitività delle imprese svedesi. Abbiamo accelerato la realizzazione di nuove miniere in Svezia come mai era stato fatto negli ultimi 15 anni. Così come stanno arrivando nuovi finanziamenti sul nucleare perché abbiamo lavorato a una norma che li possa agevolare. Nella consapevolezza che il vero driver in questi campi legati alla transizione sia il settore privato”.