Molta dell’acqua che usiamo ci scorre tra le mani e la usiamo per bere, cucinare, lavare. Questo è il consumo domestico che ammonta a circa 137 litri di acqua al giorno per ciascuno di noi, ma è solo una piccola parte del consumo totale. Ci sono infatti due parti invisibili.
La prima parte invisibile è l’acqua che usiamo per la produzione di prodotti industriali che consumiamo ogni giorno, come la carta, il cotone, i vestiti. Questa parte ammonta a 167 litri.
La seconda parte invisibile è associata alla produzione del cibo che consumiamo ogni giorno e ammonta a ben 3.496 litri.
Il 92% dell’acqua che usiamo si nasconde nel cibo che mangiamo. L’acqua che viene utilizzata nei diversi stadi della filiera produttiva per produrre quello che indossiamo o che mangiamo si chiama acqua virtuale e scoprire il mondo dell’acqua virtuale ci permette di vedere l’invisibile: i 140 litri necessari per produrre un caffè o i 15.400 litri che servono per una bistecca.
Il lavoro straordinario di giganti della scienza come il professor Tony Allan o il professor Arjen Hoesktra ci ha permesso di capire due cose importantissime. La prima è che il cibo che scegliamo di portare sulla nostra tavola e la quantità di cibo che non sprechiamo hanno un impatto determinante sulle risorse idriche del Pianeta. La seconda è che esportare un pomodoro prodotto in Italia vuol dire esportare virtualmente in un altro Paese tutta l’acqua utilizzata in Italia per produrlo.
Importare ed esportare beni alimentari su scala internazionale significa spostare immensi flussi di acqua virtuale da un Paese all’altro e questi flussi rivelano enormi contraddizioni, perché spesso i Paesi poveri di acqua producono per esportare in Paesi ricchi di acqua. La scienza ci permette di rendere visibile la nostra impronta idrica. Capire l’invisibile è un passo importante per usare in maniera sostenibile le risorse idriche del Pianeta.
(Dati: Virtual Water by Tony Allan, Water Footprint Network)