La Comunità dell’Africa Orientale (EAC) composta da Kenya, Uganda, Tanzania, Rwanda, Burundi e Sud Sudan, ha proibito l’importazione di monitor di computer e di materiale elettrico ed elettronico composto da tubi catodici. La decisione, presa lo scorso novembre ed effettiva dal giugno 2022, dovrà essere recepita dai Paesi membri. Con questo nuovo assetto è previsto un aumento del valore dei materiali elettronici poiché produttori e venditori saranno responsabili per lo smaltimento dei rifiuti.
La maggior parte dell’e-waste proviene da Unione Europea, Stati Uniti, Canada, Cina, Corea del Sud, Giappone e Australia. Molti di questi Paesi donano dispositivi ricondizionati attraverso associazioni umanitarie, convinti di fare una buona azione. In realtà la situazione è più complicata.
Il problema riguarda lo smaltimento finale dei rifiuti, che diventa responsabilità del Paese di destinazione. In Africa, solo 13 Paesi hanno una legge o un regolamento sul riciclo dei materiali elettronici, riporta il Global E-Waste Monitor. Per esempio l’Egitto, che ne produce la maggior parte, non ce l’ha. Il recupero dei materiali però avviene lo stesso, ed espone a gravi rischi persone e ambiente.
Tra i materiali più tossici c’è il piombo, contenuto in quantità elevate nei tubi catodici, che inquina terreno e aria. Ci sono poi mercurio, arsenico, cadmio, cromo, nickel, sostanze che provocano danni al sistema nervoso e sono letali per neonati e bambini in età evolutiva.
L’estrazione di metalli e materiali preziosi dai rifiuti elettronici può creare lavoro. Secondo gli studi del World Economic Forum, i dispositivi che gettiamo via contengono materiali preziosi per 62,5 miliardi di dollari. Nel continente africano il settore, di fatto, già esiste, ma non è regolamentato, è pericoloso e poco remunerativo. Ma estrarre e riciclare ha un costo molto elevato nei Paesi occidentali, e così il “lavoro sporco” viene appaltato ai Paesi privi di regolamentazione, assai attivi nel recuperare ricchezze.
Una delle più grandi discariche di e-waste si trova in Ghana, ad Agbogbloshie, ed è organizzata come una piccola cittadina. Lavorano sul campo tra le 4500 e le 6000 persone, riporta il quotidiano Nigrizia, mentre altre 200mila sono coinvolte nelle attività di riciclo. Attività che nel complesso generano tra i 105 ed i 268 milioni di dollari di indotto non ufficiale.