Nascosto tra le polemiche interne sul cuneo fiscale e quelle transalpine sugli immigrati, alla fine della scorsa settimana il governo ha rivendicato anche un successo nelle sue politiche climatiche. Lo ha fatto per bocca del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin: “Abbiamo dato il via libera all’autorizzazione per la realizzazione di nuovi impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili per una potenza complessiva di circa 600 megawatt. Si tratta in particolare di impianti di produzione di energia agrivoltaica ubicati in varie regioni italiane e rimasti fino ad oggi bloccati”.

Una buona notizia, naturalmente. Ma per comprenderne la reale portata, nella lunga sfida della decarbonizzazione all’italiana, occorrere mettere in fila un po’ di numeri. A cominciare da quelli che lo stesso Pichetto Fratin ha snocciolato nel dare l’annuncio giovedì scorso. “Il risultato raggiunto oggi – ha sottolineato il ministro – si inserisce nel percorso di velocizzazione delle procedure autorizzative avviato negli ultimi mesi dal ministero dell’Ambiente, che ci ha permesso di raggiungere già nel 2022 i sette gigawatt di nuovi impianti autorizzati”.

“Autorizzati” è la parola chiave. Perché non tutti gli impianti “autorizzati” dal governo si traducono in impianti “installati” che producono elettricità e la immettono in rete. Lo conferma il Rapporto Statistico Fotovoltaico 2022 (qui il .pdf) appena pubblicato dal Gestore dei servizi energetici appena pubblicato: secondo il Gse l’anno scorso in Italia sono stati installati oltre 210mila impianti fotovoltaici per una potenza di 2,5 gigawatt. Dunque 2,5 gigawatt reali a fronte dei 7 gigawatt autorizzati.

Dov’è l’inghippo? “Purtroppo il via libera del governo è solo il penultimo ostacolo alla realizzazione degli impianti rinnovabili”, spiega il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani. “L’ultimo ostacolo è rappresentato dalle Regioni: un campo solare o eolico può anche essere autorizzato da Palazzo Chigi, ma occorre il parere positivo della Regione su cui sorgerà. E da lì arrivano ancora troppi no. Il governo dovrebbe intervenire per evitare queste ulteriori situazioni di stallo”.

Come se non bastasse continua ancora il braccio di ferro tra i ministeri della Cultura e dell’Ambiente. “Gli impianti appena sbloccati”, continua Ciafani, “erano fermi per la consueta opposizione delle Sovrintendenze e ancora una volta, come già con il governo Draghi, è dovuta intervenire la Presidenza del Consiglio per dirimere la controversia. Ma non può essere questo il metodo”.

Anche perché, nonostante gli annunci di Pichetto Fratin, siamo davvero indietro. Nell’entusiasmo della sua prima partecipazione a una conferenza Onu sul clima il ministro nel novembre scorso alla Cop27 di Sharm el-Sheikh aveva dichiarato:” L’obiettivo dell’Italia è raggiungere i 70 gigawatt di energia proveniente da fonti rinnovabili in sei anni invece che in dieci“. Il che significa quasi 12 gigawatt all’anno. La settimana scorsa ha aggiustato un po’ il tiro: “Il nostro obiettivo è di superare, a partire dal 2023, i 10 gigawatt di impianti autorizzati e installati, al fine di produrre entro il 2030 i due terzi della nostra energia da fonti rinnovabili”.

Ma che i gigawatt “ideali” siano 10 o 12, rimane una distanza apparentemente incolmabile con quelli realmente installati: nel 2022 come detto i 2,5 di fotovoltaico (fonte Gse) e gli 0,5 di eolico (fonte WindEurope): tre in tutto.

Certo, almeno nel solare, la tendenza è alla crescita: nel 2022 +165% di potenza installata rispetto al 2021 e nei primi tre mesi del 2023 già 1 gigawatt di potenza: +181% rispetto ai primi tre mesi dell’anno scorso. Ma perché si arrivi a 10 gigawatt già entro questo dicembre, l’incremento dovrebbe superare il 300%.

A voler cogliere una nota positiva nell’annuncio, c’è il riferimento all’agrivoltaico, la tecnologia che rende compatibili i pannelli fotovaltici con l’utilizzo agricolo dei terreni. “Noi spingiamo da anni in questa direzione”, spiega Ciafani. “Ma occorre capire che tipo di impianti sono quelli relativi ai 600 megawatt autorizzati da governo. Il vero agrivoltaico è collocato a un’altezza tale da consentire le lavorazioni dei terreni e le coltivazioni. Mentre in alcuni casi si fa passare per agrivoltaico un impianto in cui le file di pannelli sono solo distanziate un po’ più del normale, quanto basta per collocarci delle arnie per le api”.