La grande distribuzione riveste un importantissimo ruolo nella tutela dell’ambiente perché può giocare su due tavoli, quello che riguarda direttamente il proprio business e quello che coinvolge le scelte dei propri clienti. Che, come noto, sono milioni. I player della Gdo possono infatti indirizzare i consumatori verso prodotti sostenibili, moltiplicando così il proprio contributo alla tutela delle risorse e del pianeta.
Questa consapevolezza è ben presente in Coop che, non a caso, ha abbracciato la causa ambientalista da ben tre decenni. Risale infatti all’inizio degli anni Novanta la sua prima campagna per invitare i consumatori a non disperdere i sacchetti di plastica, mentre del 2006 è l’importante premio Coop for Kyoto (il famoso Protocollo è entrato in vigore nel 2005).
“Tutti possiamo contribuire a salvare il pianeta e la grande distribuzione può a sua volta giocare un ruolo decisivo, a valle nell’indirizzare le scelte dei consumatori e a monte quelle dei propri fornitori – afferma Maura Latini, ceo di Coop Italia – Consapevole del ruolo decisivo che una grande organizzazione di consumatori può avere nel cambiare il modo in cui si produce, si consuma e si smaltisce, la politica ambientale di Coop si fonda su un’idea
circolare del pianeta e dello sfruttamento delle sue risorse”.
Le iniziative di Coop sul fronte della tutela dell’ambiente sono andate da progetti per la rigenerazione della plastica a quelli volti a favorire l’agricoltura e gli allevamenti sostenibili, passando per il rispetto della biodiversità. Benché di lunga data, la spinta di Coop verso la sostenibilità non ha perso dinamismo col passare del tempo. Anzi si è intensificata. Negli ultimi anni ha sottoscritto il Codice di condotta europea per il settore alimentare
promosso dalla Commissione Ue (2021), mentre nel 2018, unico marchio italiano della grande distribuzione organizzata, ha aderito alla Pledging Campaign comunitaria per la promozione della plastica riciclata.
“Parliamo di adesioni che poi si traducono in scelte concrete che proponiamo ai nostri soci e clienti come la bottiglia di acqua Monte Cimone in plastica riciclata al 100% – prosegue Latini – Sempre nell’ottica della riduzione dell’impatto ambientale abbiamo tolto alcune molecole chimiche dalle nostre coltivazioni, non usiamo Ogm, non usiamo antibiotici e promuoviamo l’allevamento a terra degli avicoli. Dal 1988 pensiamo a un prodotto a marchio che sia biologico, nel 1995 abbiamo avviato la linea Vivi verde e da anni lavoriamo alla riduzione dell’impatto ambientale dei nostri punti vendita attraverso frigoriferi ad alta efficienza, con fluidi refrigeranti non climalteranti, con l’inserimento lampade a Led e impianti fotovoltaici”. Coop chiede inoltre a molti dei suoi fornitori di sottoscrivere capitolati complessi e a volte anche onerosi che hanno come oggetto l’etica, la sostenibilità e la circolarità dei prodotti.
“Sappiamo di chiedere uno sforzo ai nostri fornitori e proprio per questo già nel 2006, prima insegna della grande distribuzione italiana, abbiamo pensato a ‘Coop For Kyoto’, il premio che invitava i fornitori di prodotto a marchio a adottare azioni mirate alla riduzione dei consumi energetici in linea con gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra sancite allora dal Protocollo di Kyoto, prevedendo la collaborazione per la verifica dei dati di Bureau Veritas, organizzazione internazionale che si occupa di certificazione – conclude il ceo di Coop Italia – Un riconoscimento che premiasse quelle aziende che più si erano impegnate sui temi all’epoca definiti ambientali e che oggi chiameremmo di sostenibilità. Negli anni il concetto è diventato sempre più articolato e così le categorie del riconoscimento. Dopo un ampliamento nel 2019, a fine marzo Coop celebrerà l’edizione numero 14 del premio, che nel frattempo ha cambiato nome in Coop for Future per promuovere una accezione di sostenibilità ambientale ancora più ampia”.
L’edizione del 2022 si terrà il 29 marzo a Milano: in quell’occasione verranno assegnati i cinque premi Coop for Future. Delle oltre 500 imprese fornitrici di prodotto a marchio sono state ben 409 a candidarsi volontariamente compilando questionari; quanto da loro dichiarato è stato poi verificato dall’ente certificatore Bureau Veritas attraverso ispezioni.