Le piante non possono muoversi e non hanno organi fonatori, eppure riescono a scambiare informazioni tra loro e a coordinare le risposte ai pericoli che arrivano dall’ambiente. Uno studio appena pubblicato su Science, ad esempio, rivela che molte specie di piante possiedono probabilmente la capacità di comunicare a grande distanza un segnale di pericolo quando vengono attaccate da un predatore, in modo che gli organismi vegetali che ricevono il messaggio possano preparare in anticipo le proprie difese.
Lo studio, realizzato da un team di biologi e di fisici dell’atmosfera dell’Università della Finlandia Orientale, approfondisce le conoscenze già disponibili sulla trasmissione di informazioni da parte delle piante legata alla diffusione di sostanze chimiche nell’aria. È noto da tempo, infatti, che le piante rilasciano dei composti noti come Voc (composti organici volatili) in seguito all’attacco di erbivori (in particolare insetti). E che questi segnali possono indurre nelle piante circostanti l’attivazione di strategie difensive, come l’inspessimento delle foglie o la produzione di tossine, in previsione del probabile attacco.
Meno chiaro, invece, era cosa accadesse a questi messaggi chimici una volta raggiunte le piante nelle immediate vicinanze. “I composti organici volatili (Voc) reattivi emessi dalle piante vanno incontro a reazioni chimiche ossidative che danno origine ai cosiddetti aerosol organici secondari”, spiega Hao Yu, biochimico che ha partecipato allo studio. “Ci siamo quindi chiesti se le funzioni ecologiche che vengono mediate dai Voc persistessero anche una volta ossidati”.
Gli esperimenti svolti dai ricercatori dell’università finlandese hanno coinvolto dei germogli di pino, e i fenomeni chimici che vengono innescati quando vengono danneggiate da uno dei loro predatori, il coleottero conosciuto come ilobio dell’abete (Hylobius abietis). La ricerca ha dimostrato che in caso di attacco, le piantine rilasciano composti organici volatili in grado di attivare i meccanismi difensivi delle altre piante della stessa specie, e che l’attività biologica di queste molecole rimane invariata anche in seguito alla loro ossidazione e alla formazione di aerosol organici secondari.
Le piante raggiunte dai Voc e dagli aerosol secondari hanno mostrato un livello simile di resistenza all’attacco da parte del coleottero, ma anche strategie di difesa sottilmente differenti. Un particolare che sembra indicare la capacità delle piante di mettere in campo diverse strategie difensive, e di personalizzare la risposta anche in base alle informazioni che arrivano dalle conspecifiche, come ad esempio la distanza del predatore.
“Considerando il tasso di formazione degli aerosol organici secondari dai loro precursori, la loro maggiore persistenza comparata con quella dei Voc, e quanto distante vengono trasportati in atmosfera, riteniamo che le interazioni ecologiche mediate da questi composti siano efficaci a distante maggiori”, conclude Annele Virtanen, professoressa di fisica degli aerosol dell’Università della Finlandia orientale.