Chi si vuole impegnare in prima persona nel raggiungimento della sostenibilità, del rispetto dell’ambiente, chi vuole lasciare un impronta positiva sul mondo, deve tener conto di vari aspetti, di varie situazioni. Perché per essere sostenibili davvero conta tutto: l’ambiente, il prodotto, ma anche le persone che lo lavorano. È una questione di responsabilità sociale: e in Trentino la questione viene seguita in modo molto serio. Sia da parte delle aziende – spesso a conduzione famigliare – che abitano e vivono nel territorio, sia nei confronti dei lavoratori stagionali che si occupano delle operazioni di potatura, diradamento e, in particolare, di raccolta della frutta per un periodo limitato dell’anno.
In Melinda circa il 75 per cento dei lavoratori stagionali è di provenienza straniera, oggi arriva principalmente dai paesi dell’Est Europa e, in particolare, dalla Romania. Ed è una percentuale che continua a crescere di anno in anno. Gli ultimi dati del 2019, parlano di 7mila 589 lavoratori stagionali. Spesso di tratta di giovani con meno di 25 anni. Non solo uomini, anche donne. Anche famiglie.
Michele Odorizzi è stato per 18 anni presidente del consorzio Melinda, da quando aveva 19 anni è nell’azienda di famiglia. “Sono 40 anni che ospitiamo in famiglia lavoratori stagionali, di tutte le nazionalità ed etnie – racconta -. Ci sono stati periodi che provenivano soprattutto dal Nord Africa, dal Centro Africa, dalla Polonia. Recentemente dalla Macedonia. Adesso, ormai da un po’ di anni soprattutto dalla Romania. Per lo più vengono ragazzi relativamente giovani, sui 35 – 40 anni. Vengono per il periodo del dirado a maggio: per selezionare le mele sull’albero, vengono lasciate solo quelle più belle, che crescono meglio. Poi tornano dopo la metà di agosto si fermano fino a metà ottobre per il periodo di raccolta vero e proprio”.
In una comunità così piccola, non c’è però il rischio di alcun conflitto o di situazioni critiche. “Hanno lavorato per me alcuni ragazzi macedoni che sono venuti ogni anno per almeno 20 anni – continua Odorizzi -. Prima loro, poi col tempo sono arrivati i figli. Poi con la crescita economica del loro Paese di origine sono tornati a casa e hanno aperto un’attività: chi un’officina, chi un negozio alimentari. Mi spiace che non siano più tornati, ma continuiamo a sentirli regolarmente per sapere come vanno le cose. Sul nostro territorio ci sono aziende piccole, sui 2/3 ettari. Abbiamo poca manodopera, 5 o 6 persone con cui si instaura un rapporto quasi famigliare. Ora lavora con noi una copia di rumeni, marito e moglie. Nel tempo li hanno raggiunti anche il nipote e una sorella che si è stabilita in Italia. È come se fosse una seconda famiglia”.
C’è anche chi ha iniziato come lavoratore stagionale e poi è restato in zona. Ha trovato un’attività più stabile, non solo stagionale, e ha messo su famiglia in Trentino. “Le singole famiglie si organizzano con il passaparola tra amici e conoscenti – continua Odorizzi – . La comunità romena è crescita molto negli ultimi anni, si sono ben integrati. C’è chi lavora nei meleti d’estate e poi d’inverno fa il manovale, o lavori di pulizia in famiglia. Ioanna e il marito lo fanno per costruirsi una casetta in Romania. Mi mandano le foto, mi tengono informato su quello che fanno”.
E Ioanna, 26 anni, dalla Romania conferma. “Prima lavoravo negli alberghi, ora in campagna. Con mio marito arriviamo a giugno, e ci fermiamo a seconda del bisogno. Di sicuro ci siamo ad agosto fino ad ottobre per la raccolta. Mi piace molto stare in Trentino, c’è un bellissimo rapporto con la famiglia presso cui lavoriamo, ci mettono a disposizione un alloggio in cui possiamo fermarci durante il periodo del lavoro. Il primo anno ho lavorato solo io mentre mio marito faceva l’autista. Poi siamo riusciti a lavorare insieme per la stessa azienda. Così siamo più contenti”.
“La nostra comunità è piccola ma accogliente – conclude Odorizzi -. Qui sarebbe difficile trovare manodopera locale: tutti hanno già il loro impiego, non sono interessati alla raccolta che è un lavoro impegnativo e che ti occupa solo per un tempo parziale. Diventa quindi indispensabile il ricorso al lavoro stagionale straniero. Il problema è quando non tornano più perché nel frattempo hanno magari avviato, come è successo, una loro azienda nel loro paese d’origine. Per noi questo è un problema sia per l’aspetto affettivo e che la mancanza di forza lavoro. Ma li capiamo perfettamente. In questa zona, a fine ‘800 sono partiti tanti a cercare fortuna in America. Poi sono tornati – lo ha fatto anche mio nonno – e hanno aperto un’attività qui, dove erano nati. Anche la mia azienda è nata così: mio nonno ha lavorato in miniera e poi come manovale in America, quando è tornato in Trentino, con i soldi messi da parte ha comprato un prato. Su quel prato mio padre ha dato vita ad un’azienda che ora porto avanti io”.
Per sapere di più sulla Missione Ambiente di Melinda, visita il sito melinda.it/sostenibiliità