“Quando abbiamo tolto la carne dai nostri menù volevamo dare un segnale: l’alta ristorazione può essere a base vegetale”. Parola di Chiara Pavan, cheffe (femminile di chef) del ristorante Venissa, sull’isoletta di Mazzorbo, a Venezia, detentrice di una stella Michelin e una stella verde per la sostenibilità. Pavan non è solo un talento della cucina, ma anche una pioniera di un nuovo modello di ristorazione: più etico, consapevole e innovativo. “Serviamo ancora pesce della laguna e abbiamo un menù con le specie invasive (il famoso granchio blu, ndr), ma forse è arrivato il momento di porre attenzione anche alle risorse ittiche, sempre più vulnerabili”.
DOSSIER Lavori green
La transizione ecologica sta cambiando il mondo del lavoro, ristorazione compresa. Proviamo ad allargare lo sguardo, da Venezia all’Italia: il 39% delle aziende del comparto ha fatto eco-investimenti negli ultimi cinque anni, secondo l’ultimo Rapporto Greenitaly della fondazione Symbola, e la domanda di competenze legate alla sostenibilità è in costante crescita. I tecnici della produzione e preparazione alimentare sono tra le figure professionali più richieste, secondo un sondaggio Unioncamere. E l’eco-chef è una delle professioni più in ascesa secondo diverse classifiche. Pavan, classe 1985, consiglia la via per seguire le orme dei migliori: “Fate esperienze diverse e non fermatevi con gli studi, anche in settori lontani dalla cucina”.
Lei stessa all’università ha studiato Filosofia e ha scelto la cucina solo dopo la laurea. Il termine “eco-chef” è entrato nella lista dei neologismi Treccani nel 2018 per indicare quei professionisti che scelgono ingredienti biologici e a km zero, minimizzano sprechi e consumi energetici, e promuovono un’idea di cucina in armonia con l’ambiente. Pavan incarna questa filosofia: “Noi puntiamo su orti sociali, rapporto di fiducia con i fornitori e la precisa stagionalità”. L’attenzione è priva di pregiudizi: “Mangiare un pollo allevato bene può avere meno impatto climatico di un pesce pescato senza controllo. Bisogna ragionare in modo sistemico”, spiega.
Questa attenzione ha anche un ritorno economico: per la fondazione Bcfn ridurre gli sprechi alimentari genera fino a 13,5 euro di risparmio per ogni euro investito. Un concetto che i ristoranti di alta cucina conoscono bene: “Ci sono chef che pesano la pattumiera. Non ha senso sprecare, incide sui conti e sul Pianeta”, aggiunge Pavan.Oltre agli eco-chef, il settore della ristorazione sta creando nuovi “lavori verdi”.
Oltre ai cuochi, nel settore si stanno affermando figure come i responsabili della sostenibilità alimentare, esperti di economia circolare applicata alla ristorazione, e i consulenti per la riduzione dello spreco alimentare, che affiancano i ristoranti per ottimizzare menu, porzioni e gestione degli acquisti. Secondo studi della Lumsa e di Roma Tre, il 45% dello spreco nella ristorazione avviene nella fase di preparazione, il 34% nei piatti dei clienti e il 21% per deterioramento degli ingredienti. Professionisti con competenze in gestione delle eccedenze e food sharing sono quindi sempre più richiesti. Cresce anche la domanda di esperti in energia e risorse idriche.
Se da una parte le imprese della ristorazione stanno cambiando, dall’altra anche i clienti giocano un ruolo chiave. Uno studio dell’Osservatorio nazionale sugli sprechi di Last Minute Market mostra che il 90% degli italiani è consapevole degli sprechi in cucina, e ormai prova sempre meno imbarazzo a chiedere la famosa doggy bag, il sacchetto degli avanzi.
La transizione digitale aiuta, con app sempre più usate come Too Good To Go e BringTheFood, che stanno cambiando le abitudini di clienti e cucine. Sono sempre più diffusi ristoranti con menù circolari e porzioni flessibili, piatti plant-based e cibo biologico. “L’importante è diffondere una cultura del cibo più etica e consapevole, senza moralismi, ma con scelte concrete”, conclude Pavan, che suggerisce un modo per sperimentare da vicino la sostenibilità in cucina, per chi è a casa o lavora in un ristorante: “Provate a fare dei piatti con le bucce delle verdure, come quelle delle zucche, vedrete che soddisfazione”. La sostenibilità è servita, parola di cheffe.