Dopo 15 anni di tentativi, nei mesi scorsi il Parlamento ha finalmente varato una legge per la valorizzazione dell’agricoltura biologica: obiettivi primari sono la diffusione dell’agricoltura pulita, puntando sia sulla crescita della produzione che sull’aumento di consumi, in coerenza con le politiche europee del Green Deal. Si tratta di un passo importantissimo per l’intero Paese e per la sua capacità di avviare un vero percorso verso la sicurezza alimentare e ambientale, anche e soprattutto nell’attuale quadro geopolitico.
Ogni anno chiudono in Italia 30.000 aziende agricole a conferma che in molti casi l’agricoltura convenzionale non è in grado di garantire un reddito adeguato agli agricoltori: con il biologico, che cura la fertilità della terra, valorizza la qualità dei prodotti e del territorio rilanciando circuiti locali di produzione e consumo, una parte di questi agricoltori potrebbero rimanere in campo, assicurando al nostro Paese una riserva strategica di cibo. Esattamente come per le rinnovabili, il biologico è la strada da intraprendere per sostenere le crisi internazionali come quella che stiamo fronteggiando con il conflitto in Ucraina, puntando su sistemi di produzione più indipendenti da input esterni e più resilienti e allo stesso tempo in grado di prendere con decisione la strada della transizione ecologica.
La legge sul biologico prevede il marchio del “Made in Italy Bio” che può favorire la realizzazione di filiere di bio 100% nazionale e al giusto prezzo, per valorizzare la qualità italiana e affermarla verso l’export; il riconoscimento dei distretti biologici per territori dove è il biologico il modello di produzione di riferimento e che costituiscono un’opportunità strategica per le aree interne e le aree naturali protette. Inoltre la legge ha aperto la strada a innovazione, ricerca, formazione degli agricoltori per favorire la conversione al biologico, e a comunicazione e informazione dei cittadini per sostenere l’aumento dei consumi dei prodotti bio.
Ma ora si tratta di dare gambe agli obiettivi stabiliti dalla legge, attraverso la definizione del Piano d’azione nazionale del biologico previsto sia dalla legge che dal Piano strategico nazionale della Pac, in un momento decisivo, visto che, a partire dalla fase attuale e fino al 2027, saranno messe in campo una notevole quantità di risorse per favorire lo sviluppo del biologico. Si tratta di investimenti importanti che complessivamente ammontano a quasi 3 miliardi di euro, considerando i finanziamenti contenuti nel Fondo per il biologico, nel Pnrr e nel Piano strategico nazionale della Pac. È essenziale che queste risorse vengano spese bene, in maniera programmata e integrata, per garantire la crescita del settore.
Oggi questi risultati sono però messi in pericolo da posizioni che appartengono al sistema di conoscenze del dopoguerra e che vengono riproposti come attuali, ignorando quanto emerge dalla comunità scientifica e dagli organismi internazionali (Fao in primo luogo). Infatti di fronte alle difficoltà di approvvigionamento poste non solo dalla crisi ucraina ma da quella climatica (vedi ad esempio la diminuzione dello scorso raccolto di grano duro dal Canada, dovuta alla siccità e non certo alla guerra in Europa) ritornano in auge richieste come quelle di tagliare le imposte sui fertilizzanti chimici di sintesi, indebolire le procedure di autorizzazione sui pesticidi, utilizzare ogm vecchi e nuovi e sospendere gli obiettivi al 2030 della Farm to Fork: 25% della superficie agricola destinata al bio, taglio del 50% dei pesticidi utilizzati, 10% della superficie dei campi destinata allo sviluppo della biodiversità.
A una visione innovativa per il futuro guarda invece il biodecalogo messo a punto dalle associazioni del biologico, che punta ad accelerare la transizione agroecologica applicando pienamente le norme della legge approvata a inizio marzo e nello stesso tempo fornire al Paese una ‘riserva strategica’ agricola che permetta di fronteggiare le varie crisi che hanno colpito le nostre società, da quella climatica alla pandemia, fino alla guerra.
- Filiere di Made in Italy Bio fondate sul giusto prezzo per agricoltori e consumatori.
- Fiscalità ambientale e crediti di imposta per i costi di certificazione per abbattere i prezzi al consumatore senza costi aggiuntivi per le imprese.
- Distretti biologici per favorire sistemi locali di produzione e consumo e valorizzare il territorio rurale a partire dalle aree interne e dalle aree naturali protette.
- Incentivazione delle imprese agricole che integrano attività agricole, zootecniche e forestali, caPaci di favorire la biodiversità e chiudere il ciclo dei nutrienti
- Ricerca, innovazione, formazione e consulenza per supportare gli agricoltori e i territori nella transizione al bio.
- Sviluppo della ristorazione collettiva attraverso organizzazioni di prodotto e strumenti adeguati d’informazione e consulenza.
- Comunicazione e campagne d’informazione ai cittadini per conoscere i valori del bio e favorire l’aumento dei consumi di biologico
- Innovazione digitale e piattaforma di tracciabilità unica in favore di consumatore
- Semplificazione burocratica. È l’agricoltore che non inquina a dover sostenere il costo della dimostrazione, sia in termini di tempo che di soldi.
- Obbligo del biologico in aree protette ed Efa
Il cibo del futuro è il biologico. La legge finalmente approvata grazie all’impegno di molti parlamentari, delle nostre associazioni e di quelle ambientaliste dopo anni di ritardi va proprio in questa direzione. Adesso occorre lavorare sul Piano d’azione nazionale affinché le risorse disponibili attraverso la Pac, il Pnrr e il Fondo per il bio si traducano in progetti concreti di sviluppo per tanti territori rurali del nostro Paese, capaci di creare occupazione in particolare per giovani e donne. E occorre lavorare fin da subito, al fianco del ministero delle Politiche agricole, per avviare immediatamente la transizione agroecologica, minacciata da interessi legati alle fonti fossili. La guerra in Ucraina ci offre almeno questa opportunità: è il momento per rivedere le politiche dei sussidi che devono premiare chi non inquina e chi investe nelle alternative ai combustibili fossili sia in campo energetico che per fertilizzanti e fitofarmaci. Dobbiamo valorizzare i prodotti della terra attraverso il bio per garantire agli agricoltori un giusto prezzo per il loro lavoro e allo stesso tempo tutelare i consumatori di fronte a rincari in gran parte giustificabili solo con speculazione finanziaria. Il biologico rappresenta un’opportunità strategica in campo economico e al tempo stesso un approccio efficace nel contrasto al cambiamento climatico e nella tutela dell’ambiente e della biodiversità. La vera sostenibilità non può che partire dal bio.
* Aiab, AssoBio, Associazione per l’agricoltura biodinamica e FederBio