Wwf, Greenpeace, Legambiente e Kyoto Club esprimono “forte preoccupazione per le anticipazioni e dichiarazioni sulle misure per far fronte al caro bolletta, apparentemente volte più a sottrarre risorse alle fonti rinnovabili e all’innovazione che ad affrontare alla radice il problema”. In attesa delle deliberazioni del consiglio dei ministri, le organizzazioni ambientaliste sottolineano che, “nonostante la crisi gas sia in atto da mesi, tuttora i ragionamenti posti in essere rischiano di ritardare la decarbonizzazione, sviliscono il mercato delle rinnovabili e non puntano sul risparmio di energia, anche con misure straordinarie di coinvolgimento della popolazione, come fu fatto negli anni 70”. Il tutto, poi, “senza fronteggiare davvero la questione dell’aumento dei prezzi della materia prima gas, che non può assolutamente essere superata con le irrisorie e diseconomiche riserve nazionali”.
Il modo in cui è affrontato il tema degli extra profitti evidenzia “uno strabismo contro le rinnovabili. Chi estrae gas e petrolio in Italia sta già intascando enormi extraprofitti, visto che le royalties sono irrisorie”, valutano le associazioni, “gli stessi produttori che continuano anche a fare extra-profitti sul gas che estraggono in molte parti del mondo e per i quali non si sono nemmeno considerate misure compensative”. Aumentare il ricorso allo scarso gas nazionale, proseguono, “ha benefici sui prezzi anzi se si volesse fare una vera Robin Tax andrebbero aumentate le royalties di estrazione del gas in Italia, visto che oggi sono assolutamente ridicoli i canoni pagati da chi estrae”
Le rinnovabili, invece, “si dovrebbero sviluppare massicciamente non solo per attuare la decarbonizzazione, ma anche perché sarebbero la soluzione migliore proprio per contrastare il caro-bolletta”ma “sono ancora ferme al palo: i 400 MegaWatt sbloccati dal ministro Cingolani rappresentano appena un 5% di quanto occorrerebbe fare annualmente per conseguire gli obiettivi comunitari al 2030”. Particolarmente grave, per Wwf, Greenpeace, Legambiente e Kyoto Club, è “l’intervento di prelievo delle risorse ETS, perché sono le risorse che le Direttive europee prevedono siano destinate all’innovazione e alle politiche di decarbonizzazione”. Spostare risorse dalle politiche per il clima in Italia e all’estero da questi investimenti alla riduzione delle bollette “è una scelta del Governo italiano sbagliata e miope”.
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Il sistema Ets si fonda sul principio del “chi inquina paga”, “ma a oggi la metà dei proventi vanno alla fiscalità generale e il resto al MITE e al MISE senza una evidenza dell’impatto della spesa nella decarbonizzazione”. Parte dei fondi sono “addirittura stati destinati ai settori energivori, peraltro ampiamente esentati dalle quote ETS, e che quindi usufruiscono di un sistema ‘chi inquina viene pagato’ di dubbia natura; discorso analogo alla copertura degli oneri per i nuovi entranti”. Sarebbe ora che “finalmente i proventi delle aste Ets diventassero uno strumento della decarbonizzazione e della giusta transizione e che si faccia chiarezza su come sono stati spesi i fondi sino a oggi”. La decarbonizzazione ha bisogno di investimenti strutturali, le risorse Ets “erano pensate per questo, uscirà più forte dalla crisi chi avrà saputo tenere il timone nella giusta direzione”.
Il “grande assente” in tutti i discorsi del governo “è il risparmio e l’efficienza”, dicono le associazioni, “a fronte di una crisi energetica si deve rispondere con azioni collettive di risparmio, manca invece completamente una azione pubblica di richiamo al risparmio che sarebbe componente essenziale per fronteggiare una crisi energetica, come attuato nella crisi petrolifera degli anni 70”.
Insomma, stigmatizzano Wwf, Greenpeace, Legambiente e Kyoto Club, “non si può pensare di fronteggiare una crisi energetica con politiche di spesa pubblica generalizzata, ma occorrono risparmi e interventi selettivi per i più vulnerabili sia nelle famiglie che nelle imprese”. Per le prime occorrerebbe “puntare a una copertura dei costi solo per le fasce davvero meno abbienti ed entro un certo limite di consumo”. Per le seconde, “incentivare i consumi energetici equivale a penalizzare chi ha investito in efficienza energetica negli ultimi anni e, grazie a questo, risulta più competitivo”. Meccanismi di aiuto e supporto alle imprese, anche contingenti, “devono essere costruiti per i settori più in difficoltà tenendo conto delle dinamiche dei mercati di riferimento – concludono – incentivare i consumi è un sussidio al gas, aiutare le imprese è la capacità di fare crescere il paese nel ripetersi delle crisi”.