“Abbiamo iniziato a raccogliere la plastica che arrivava sulle nostre spiagge. Ci siamo arrabbiati. Così abbiamo cominciato a chiederci perché non si riesca a comprendere che continuando così il Pianeta ha le ore contate. Abbiamo visto con i nostri occhi isole di plastica galleggianti, un monito all’umanità, che continua a non ascoltare. E allora ci siamo detti: rimbocchiamoci le maniche e giriamo il mondo per raccontare le nostre verità e per far comprendere che siamo tutti, ma proprio tutti, sulla stessa barca”.

Suona il “ravanne”, un tamburo in pelle di capra, e intona all’alba canzoni creole dal “groove” contagioso, con le quali racconta della tratta degli schiavi e, soprattutto, della crisi ambientale: Emlyn è una cantautrice, musicista e ballerina delle isole Mauritius.

Ventisette anni, il suo sorriso contagioso e i capelli rasta, impreziositi dalle variopinte conchiglie della sua terra, sono diventati riconoscibili icone dell’orgoglio di un gruppo di nuovi artisti, tutti giovanissimi, dell’Oceano Indiano: rivendicano l’unicità della loro cultura ma, al contempo, parlano al mondo. Attraverso i social, viaggiando, usando il potere affabulatorio della musica, che diventa efficace cassa di risonanza.

(Foto: Antonello De Rosa, Francesca Lauro, Mattia Tarantino)
(Foto: Antonello De Rosa, Francesca Lauro, Mattia Tarantino) 

“Chiediamo soprattutto che si ridimensioni il consumo di plastica e per farlo parliamo anzitutto alle nuove generazioni”, spiega Emlyn, sbarcata sull’isola di Procida, Capitale Italiana della Cultura 2022, nell’ambito della rassegna “Echi delle Distanze” (curata da Wakeupandream), insieme al collettivo Small Island Big Song, una piattaforma di musicisti delle piccole isole del mondo accomunati dal desiderio di lanciare, tutti insieme, un grido di allarme sugli effetti della crisi ambientale che minaccia la Terra. E che rischia di tradursi nella scomparsa degli arcipelaghi più fragili, minacciati dall’innalzamento del livello del mare legato alla crisi climatica.

“Con l’amico Kan Chan Kin abbiamo fondato Enn Losean Vivab, un’organizzazione che sensibilizza gli studenti sull’inquinamento da plastica, e soprattutto ci siamo chiesti  quale potesse essere il modo più fantasioso per dare un segnale forte, oggi si direbbe virale. Così – continua la musicista – abbiamo chiamato a raccolta le nuove generazioni delle isole Mauritius invitando i bambini e i ragazzi a raccogliere i rifiuti depositati sulle spiagge per utilizzarli in modo creativo, ricavandone strumenti musicali”. Ed è nato il progetto Trash to Music, con tanto di tutorial per trasformare bottiglie di Coca-Cola in insospettabili flauti e utilizzare i cotton fioc come plettri.

“Il nostro è soprattutto un campanello d’allarme però – spiega Emlyn – perché è chiaro che bisogna invertire il trend, al più presto. E se non si riesce ad eliminare la plastica, perché non riutilizzarla nella nostra quotidianità, per di più mantenendo viva l’identità indigena delle Mauritius?”.


A Procida Emlyn e Kan hanno proposto così un workshop di creazione di strumenti musicali, partendo proprio dai rifiuti raccolti sull’isola. Sorrisi ed emozione tra i più piccoli, riflessioni condivise tra i più grandi. “La musica è un collante tra le generazioni e può aiutare a sensibilizzare l’opinione pubblica”, rilancia Emlyn, anche protagonista di un delicatissimo concerto al sorgere del sole sulla spiaggia della Lingua, in duetto con la taiwanese Putad. Lei, Emlyn, canta l’oceano. E denuncia, in versi.

L’ecodisastro alle Mauritius, le immagini

Il 25 luglio scorso la nave cargo Mv Wakashio si è incagliata al largo di Pointe d’Esny, a sud-est dell’isola di Mauritius. Dopo dieci giorni 1000 tonnellate di carburante hanno iniziato a riversarsi in mare. La chiazza nera – visibile anche dallo spazio, come documentato dal satellite europeo Sentinel-2 – ha raggiunto in estate un’estensione record di ventisette chilometri quadrati. Il disastro ha colpito un ambiente naturale, quello della barriera corallina, già messo a dura prova dalla crisi climatica e dall’acidificazione degli oceani. Anche l’economia del piccolo stato insulare, che ha nel turismo un’importante fonte di sostegno, ne esce gravemente danneggiata. Oggi, a cento giorni esatti dall’incagliamento, l’emergenza è ben lontana dall’essere superata.

“Una delle mie canzoni racconta gli effetti del disastro ambientale del cargo giapponese Mv Wakashio, che nel luglio 2020 si incagliò su una barriera corallina nella costa sud-orientale del mio arcipelago, riversando in mare una quantità spaventosa di petrolio. Il governo non è intervenuto per le prime due settimane, così siamo stati noi isolani a schierarci lungo la costa con stivali di gomma e guanti, alcuni di noi hanno provato a trattenere il petrolio con i capelli, risparmiandolo al mare. Quel disastro ha avuto impatti catastrofici sulla pesca locale: non bastano i ristori previsti dal governo e credo che molte delle conseguenze a lungo termine di quel naufragio siano sottaciute per scongiurare ricadute negative sul turismo. Quel che è certo è che quel disastro, in parte annunciato, è accaduto in un’area dalla straordinaria biodiversità: sono morte decine di delfini ed è stata vanificata un’azione di ripopolamento del corallo avviata anni fa. Speriamo, almeno, che questo immane sacrificio insegni qualcosa. Le Mauritius non devono diventare un hub per petroliere e il mondo deve abbandonare i combustibili fossili”.

Nella canzone di Emlyn i pescatori delle Mauritius diventano eroi che provano a difendere, con strenua abnegazione, l’acqua sacra, foriera di vita, che “diventa nera come il carbone”. Ritmo e musicalità sono quelli dei suoi avi, perché questa è anche una storia di identità che si rigenerano. “Proprio così. – annuisce convinta Emlyn, tradendo l’emozione nei suoi occhi nerissimi – Porto avanti la musica tradizionale indigena del mio paese, preservandola dall’influenza della musica pop e commerciale attraverso strumenti “green”, costruiti con canne da zucchero legate tra loro e al cui interno ci sono dei semi di fiori. Quando canto, porto con me i miei nonni e i loro nonni, tenendo in vita quel che ci hanno tramandato e provando a fare in modo che non scompaia tutto a causa di modelli di sviluppo non più sostenibili”.