Una risposta strutturale al caro bollette, alla povertà energetica e alla crisi climatica – che fa sentire i suoi effetti in modo sempre più intenso e frequente anche nelle nostre città – passa da San Giovanni a Teduccio, o da Ferla. O meglio dalla Comunità energetica rinnovabile e solidale di Napoli est promossa da Legambiente Campania insieme alla Fondazione Famiglia di Maria e realizzata grazie al finanziamento di Fondazione con il Sud. Una comunità costituita da quaranta famiglie che, grazie alla realizzazione di un impianto fotovoltaico, produrranno insieme energia pulita, dividendo il ricavato come aiuto concreto alla povertà energetica. E da Common Light – mettiamo insieme le nostre energie nel Piccolo Comune di Ferla, in provincia di Siracusa, comunità energetica aperta a cittadini e Pmi, alimentata da un impianto fotovoltaico di 20 kW. Perché questi casi reali rendono evidente come sia possibile e praticabile un diverso modello energetico, che punta sulle fonti pulite, su impianti di piccole e medie dimensioni diffusi sul territorio e vicini ai punti di consumo, indipendente dai fossili e dalle grandi corporazioni.
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Le comunità energetiche rinnovabili permettono, infatti, di condividere per l’autoconsumo energia elettrica autoprodotta da fonti pulite, generando benefici multipli: taglio delle emissioni, risparmi in bolletta, accumulo, vendita alla rete della quota di energia autoprodotta in eccesso. Insomma parliamo di una rivoluzione dal basso, che realizza l‘indipendenza energetica dei territori e punta a una transizione davvero ecologica e attenta alla giustizia sociale. Senza bisogno di nuove centrali fossili, tantomeno di un improbabile ritorno al vecchio nucleare (visto che per la quarta generazione servono ancora decenni di ricerca).
Perché questo diventi l’anno della transizione ecologica è necessario adeguare il nostro Piano energia e clima all’obiettivo europeo di abbattere di almeno il 55% le emissioni climalteranti al 2030, prevedere 70 GW di nuova potenza rinnovabile installata entro la stessa data così da avere il 72% di elettricità da fonti pulite, investire sui sistemi di accumulo, aumentare la nostra efficienza e continuare a fare ricerca su tecnologie e materiali più promettenti. All’Italia serve anche una road-map che definisca come e in quanto tempo faremo a meno del gas, delle speculazioni sul suo costo che stanno facendo lievitare il costo delle bollette e delle trivelle. Tutti traguardi per i quali è fondamentale semplificare gli iter autorizzativi per i nuovi impianti di rinnovabili e per il repowering di quelli esistenti: gli oltre 20 atti e pareri oggi necessari sono il più potente disincentivo esistente all’energia pulita. Ma va anche allargato il perimetro delle comunità energetiche pulite, che possono contribuire alla decarbonizzazione e contemporaneamente avere una importante funzione sociale di contrasto alla povertà energetica e, visti i tempi, come accennato, anche al caro bollette.
Proprio le Comunità energetiche rappresentano meglio di altri strumenti la trasformazione radicale richiesta dalla conversione ecologica. Con i cittadini informati e consapevoli, che vogliono essere protagonisti e che si alleano con privati, Pa, associazioni per soluzioni innovative e comuni.
In Italia sono arrivate con una prima sperimentazione introdotta dalla conversione in legge del Milleprorghe 2019, poi ampliata con il recepimento della direttiva Red II. Le principali novità introdotte da quest’ultimo provvedimento per le comunità energetiche sono l’ampliamento del perimetro d’aggregazione e la rimozione del limite di 200 kW di potenza per gli impianti installati, che potranno arrivare fino a un massimo di un megawatt.
Nelle comunità l’energia può essere condivisa tramite rete di distribuzione nell’ambito della stessa zona di mercato, “ferma restando la sussistenza del requisito di connessione alla medesima cabina primaria per l’accesso agli incentivi”. Se adeguatamente sostenute con regole semplici e certe, le comunità energetiche possono dare un contributo importante alla transizione energetica e quindi all’obiettivo del net zero.
Secondo uno studio di Elemens e Legambiente, ammonta a 17 GW la potenza installabile al 2030 grazie al modello energetico delle comunità rinnovabili, si possono creare oltre 19.000 posti di lavoro nel solo settore impiantistico e un risparmio nelle emissioni di CO2 stimato in 47,1 milioni di tonnellate, sempre al 2030.
Sul fronte della povertà energetica, lo sviluppo delle comunità rinnovabili può portare ad un risparmio in bolletta fino al 25% per le utenze domestiche e condominiali e fino al 20% della spesa energetica di piccole e medie imprese, scuole, e altri settori. Un contributo fondamentale per le oltre due milioni di famiglie in situazione di povertà energetica. Da uno strumento democratico, partecipato e innovativo capace di coniugare la giustizia sociale e ambientale.
Rossella Muroni, ecologista e deputata FacciamoECO