Le Olimpiadi invernali che stanno iniziando in Cina sono una sfida ambientale. I livelli di smog raggiunti a Pechino nei mesi scorsi avvelenano l’aria, una mancanza di neve e temperature troppo alte costringono all’uso della neve artificiale, con conseguenze sugli ecosistemi. Tutto questo contrasta con i piani varati da Xi Jinping che vorrebbero trasformare il Paese nella prima linea di frontiera contro il cambiamento climatico. Due settimane prima dell’inizio dell’evento, il governo di Pechino ha fatto pessime previsioni: le condizioni climatiche invernali sono molto sfavorevoli e favoriscono l’accumulo dello smog.

I Giochi che si tengono dal 4 al 20 febbraio tra Pechino e la provincia di Hebei minacciano dunque la salute degli atleti e sono ben lontani dalla promessa di una Olimpiade verde e a neutralità carbonica. L’inquinamento è uno dei problemi più evidenti e più sentiti, ma è stato fatto ancora troppo poco. Secondo IQAir, la Cina vanta 42 delle città più inquinate nel mondo. Nell’ultima settimana di gennaio nella capitale cinese la concentrazione del Pm2,5 ha raggiunto i 205 microgrammi per metro cubo, un livello 4 volte maggiore quello ritenuto accettabile. Le app messe a disposizione per verificare lo stato dell’aria hanno lanciato l’allarme ma un ulteriore deterioramento potrebbe arrivare in occasione del capodanno cinese, il 31 gennaio, complici i fuochi di artificio.

 

La questione si era già imposta in precedenza, per le Olimpiadi estive del 2008 ed era stata in parte effettivamente risolta. Durante quell’estate, la qualità dell’aria era migliorata del 50% al punto che, secondo uno studio dell’Università di Hong Kong erano state evitate 196 mila morti premature. All’epoca era stato deciso di chiudere le produzioni industriali intorno alla capitale ed erano state adottate misure per ridurre il traffico automobilistico di oltre la metà. Anche in quel caso tuttavia i limiti erano ben oltre l’accettabile. Le concentrazioni di PM10 erano 2,9 più alte di quelle di Atlanta, 3,5 più di Sydney, 1,9 più di Atene, dove si erano tenute le precedenti edizioni. Alcuni membri della squadra ciclistica americana avevano sottolineato le difficoltà indossando all’arrivo in aeroporto delle maschere anti-gas. Alcuni esperti hanno persino ritenuto che il miglioramento fosse dovuto più alla pioggia e ai venti che agli interventi di riduzione delle emissioni.

 

L’impegno cinese questa volta è stato preso a partire dal 2015, quando è stata vinta l’ospitalità dei Giochi nonostante le perplessità internazionali. Ma il presidente Xi Jinping aveva promesso di renderli verdi e di trasformare la provincia di Hebei e la sua economia industriale. La città ha chiuso molti impianti a carbone, spostando le industrie pesanti in altre regioni, migliorando gli standard delle emissioni delle automobili. Le Olimpiadi invernali arrivano però in un momento in cui la ripresa post pandemia sta facendo aumentare le emissioni.

Secondo il Centre for Research on Energy and Clean Air (CREA) (qui il .pdf) un ente di ricerca sull’inquinamento dell’aria, la produzione di acciaio, cemento e energia è aumentata del 17%, 12% e 14% rispettivamente all’inizio del 2021.

Sono stati anche piantati molti alberi e costruite centrali eoliche e solari. Ma si tratta di misure temporanee perché in realtà i piani cinesi per risolvere la situazione puntano al 2025. Gli impianti saranno alimentati al 100% da energie rinnovabili e verranno messi in campo 700 veicoli a idrogeno. Gli ambientalisti ritengono tuttavia si tratti di piani che non dimostrano che lo scopo verrà raggiunto.


Alle polveri si aggiunge l’ozono, responsabile di molti morti, le cui concentrazioni, di 149 microgrammi per metro cubo, sono molto maggiori degli standard dell’Oms.

Il governo cinese potrebbe ancora intervenire in vari modi. Uno di questi sono i programmi di modificazione meteorologica, che sono già stati ampiamente utilizzati in Cina, e che prevedono l’inseminazione delle nuvole per generare pioggia che dilava le polveri sottili. Dovrebbero poi essere ulteriormente ridotte le attività delle acciaierie e delle centrali a carbone. Nelle provincie di Tianjin, Hebei, Shanxi, Shandong and Henan è stato chiesto di operare in forma ridotta, fino al 50%, da agosto fino a marzo. Ci sono ovviamente dei rischi politici: in questo momento ridurre la produzione industriale rischia di sollevare molto malcontento.

In 25 milioni di case i fornelli a carbone sono stati rimpiazzati con modelli a gas o elettrici. E anche L’Associazione dei produttori di auto cinese ha deciso una restrizione della produzione dal 28 gennaio al 9 marzo. Toyota, partner delle Olimpiadi ha deciso di tagliare la produzione e spostare quella di alcune componenti fuori da Pechino.

 

C’è infine un’altra difficoltà da superare. Le Olimpiadi di quest’anno saranno infatti le prime che si baseranno unicamente su neve artificiale. Il processo richiede energia, anche se i cannoni verranno alimentati con turbine eoliche. Useranno anche anidride carbonica al posto del freon come agente raffreddante, un processo che ha un’efficienza energetica maggiore del 30%. La crescita delle temperature sta mettendo a rischio questi giochi in tutto il mondo. Secondo uno studio dell’Università di Waterloo delle 21 delle città che li hanno ospitati precedentemente, solo 13 potrebbero rifarlo in futuro. E di 645 città dell’emisfero nord dove potrebbero tenersi quelli estivi, oltre il 90 per cento non potrebbero garantire le condizioni per le maratone e altri sport.

Zhangjiakou, una delle stazioni più importanti, è stata sottoposta a una intensa trasformazione  e gli esperti ritengono che questo abbia reso ancora più grave il problema della scarsità dell’acqua, il cui capitale locale è già un quinto della media cinese. In inverno c’è anche un tempo molto asciutto che, insieme ai forti venti, porta a un’abbondante evaporazione durante la creazione della neve. 

Si stima che saranno necessari oltre 2 milioni ci metri cubi di acqua, tanti quanto 800 piscine olimpiche, per creare la neve necessaria. Per ridurre la pressione sono stati costruiti 11 bacini che raccolgono 530 metri cubi d’acqua. Zhangjiakou era un’area agricola, molto povera, che ora è diventata sede di resort e negozi di lusso. Forse arriverà più ricchezza, ma il prezzo ambientale e sociale non rispetta i criteri della giustizia climatica.