Che tempo fa? Ci poniamo, chi più chi meno, questa domanda di continuo per pianificare i nostri weekend, le passeggiate al mare, la corsa al parco o semplicemente l’uscita a pranzo o a cena. Perché il bello e il cattivo tempo influenzano anche la nostra propensione a uscire, è fuor di dubbio. C’è chi ha analizzato le nostre scelte in materia, osservando come, in particolare, quando fa tanto caldo aumenta la richiesta di cibo da asporto. Al punto che questo trend nel food delivery dovrebbe essere annoverato tra i fattori influenzati da ondate di calore e cambiamenti climatici.
A renderlo noto è un lavoro scientifico pubblicato sulle pagine di Nature cities che ha messo in correlazione le richieste di food delivery con le temperature di un centinaio di città cinesi tra il 2017 e il 2023. I risultati, come anticipato, mostrano che più fa caldo, più aumentano le richieste di cibo d’asporto, con crescite di oltre il 20% quando ci si avvicina ai 40°C, soprattutto a pranzo. Dietro questa impennata, spiegano gli autori sparsi tra Regno Unito e Cina, ci sono alcune categorie di persone soprattutto: donne, anziani e benestanti.
Quanto osservato è un dato che ha implicazioni sotto diversi punti di vista. Oltre a ricordarci che gli effetti dei cambiamenti climatici possono modificare anche diversi aspetti della nostra vita, mette in luce ancora una volta le contraddizioni e le criticità che circondano i lavoratori del settore. Le immagini dei rider sotto l’alluvione di ottobre sono storia recente. Le uscite con le temperature sotto zero o, di contro, schizzate intorno ai 40°C, sono l’altra faccia del problema. Se infatti, grazie al food delivery, c’è chi può permettersi di non uscire, e quindi di evitare di esporsi al disagio e ai rischi del caldo, spiega Pan He dalla Cardiff University, tra gli autori del paper, c’è chi non ha molta scelta. “Una parte considerevole del rischio di esposizione al calore viene trasferita ai corrieri, evidenziando una notevole disuguaglianza sociale in queste pratiche”.
Lo studio su Nature Cities diventa così un nuovo appello a considerare le condizioni in cui operano i rider, con un chiaro invito da parte degli autori ai decisori politici affinché prendano misure a sostegno di questa classe dei lavoratori, anche per proteggerli dagli effetti delle ondate di calore. Le soluzioni proposte dai ricercatori sono diverse: indennità, assicurazioni sanitarie ad hoc, formazione mirata per identificare e mitigare i rischi, ma anche aree di sosta refrigerata, o ancora droni e veicoli a guida autonoma.
D’aiuto sarebbe di certo anche una maggiore consapevolezza e comprensione da parte degli utenti stessi, come auspicato dai lavoratori stessi. E non solo per risparmiare loro condizioni meteo estreme e pericolose. Affidarsi sempre di più al food delivery rischia di essere un boomerang per l’ambiente anche per i rischi legati all’inquinamento degli imballaggi dei cibi, concludono gli autori.