“Milano oggi è il place to be. Purtroppo credo che il gioco sia a somma zero: le periferie per essere competitive non possono puntare su finanza o sulle startup, ma specializzarsi in ambiti complementari”. Giulio Buciuni, docente al Trinity College di Dublino, dove è direttore del Master in Entrepreneurship, ha scritto insieme a Giancarlo Corò, professore ordinario di Economia applicata all’Università Ca’ Foscari di Venezia, un libro dedicato a zone del paese dove spesso neppure un passato e un presente di eccellenze industriali valgono come condizione sufficiente per un futuro di crescita. Periferie competitive – Lo sviluppo dei territori nell’economia della conoscenza (edito da il Mulino) è un saggio che raccoglie buona pratiche ed esempi concreti di strade alternative all’inseguire capitali che viaggiano su altri binari.
Il concetto di periferia spesso è ridotto a concezione geografica, contrapposto a un centro cittadino dove ci sono maggiori servizi, infrastrutture e luoghi di interesse. Il libro di Buciuni e Corò prende però spunto da una nuova formulazione. “La periferia che intendiamo noi – argomenta Buciuni – va inquadrata all’interno dell’economia della conoscenza. Da anni il mondo corre su questo percorso. E i veri centri sono molti di meno rispetto ai centri che abbiamo conosciuto nell’ultimo grande paradigma dell’economia industriale”. Non sarebbero, per intenderci, le grandi città capoluogo, i poli attorno a cui è cucita l’autostrada A4 che attraversa il nord Italia.
Il docente fa gli esempi di Treviso, famosa per le calzature sportive, di Reggio Emilia per il packaging, di Cremona per l’agroalimentare. “Il problema è che con l’economia della conoscenza questo paradigma muta. Negli ultimi 10 anni – prosegue Buciuni – si sono diffusi servizi ad alto contenuto tecnologico”. All’alba della rivoluzione digitale qualcuno avrebbe potuto immaginare che il web avrebbe spalmato le eccellenze sui territori, dando libero accesso a chiunque per approfittare di questo veicolo di crescita. “È accaduto invece che queste attività si sono concentrate in pochi luoghi, luoghi eletti”. La presa di posizione dell’accademico è netta, ma comunque utile al dibattito sul futuro delle città. “Milano è una di quelle poche realtà che crescono a spese delle periferie”.
Nell’ottica degli autori di Periferie competitive, bastano alcuni dati per capire quanto il capoluogo lombardo non possa essere paragonato ad altri comuni, anche vicinissimi, a un’ora d’auto. “Quando hai il 45% delle multinazionali che operano in Italia con il quartier generale a Milano è difficile non pensare che non sia un gioco a somma zero”. Originario di Treviso, Buciuni porta il caso del Veneto: “La Regione ha più universitari che vanno via rispetto a quelli che riesce ad attirare. Se pensiamo poi alle grandi multinazionali del nord est, dalle assicurazioni al fashion, tutte hanno i CFO a Milano”. Data dunque la situazione attuale, esistono alternative praticabili, già messe in atto?
“Oggi pochissime realtà – evidenzia Buciuni – si sentono realmente periferie. Si continuano a guardare soltanto indicatori come il Pil pro capite e non si tiene invece conto di dove è diretta l’economia della conoscenza”. Se non possono competere, che alternative hanno? “Specializzarsi in ambiti complementari alle città primarie. Unire il patrimonio dei distretti con nuove forme di conoscenza». Un esempio citato dagli autori è la città di Bologna. “Sta investendo su diversi ambiti produttivi, come quello della motor valley. Ed è lì che si sta posizionando”.
Le università nell’epoca dell’economia della conoscenza giocano poi un ruolo chiave per attrarre talenti e avviare collaborazioni con le aziende del territorio. Atenei diffusi con distaccamenti anche in periferie che puntano a diventare competitive non devono però essere luoghi inaugurati soltanto per venire incontro a studenti che così eviterebbero il pendolarismo. “La complessità e la competitività aumentano anche in funzione di università presenti e funzionanti”.
Con il Pnrr e gli impegni presi per innovare il Paese e traghettarlo verso le diverse transizioni, le città e i territori hanno di fronte un’occasione storica, che richiede consapevolezza da parte dei policy maker, a tutti i livelli. “Sono fondi europei che potrebbero senz’altro avere un impatto, ma soltanto se si considera l’economia della conoscenza. Se ci si pensa parte di una periferia, allora si può fare il salto verso la competitività”. Per scoprire di più sul tema, Giancarlo Corò, coautore del libro Periferie competitive, sarà ospite del prossimo appuntamento di City Vision a Napoli, il 16 giugno.