“Insieme a Greenpeace e Wwf abbiamo già chiesto di poter incontrare la premier Giorgia Meloni. E spero di essere ricevuto il prima possibile anche del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin“. Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente non vede l’ora di interagire con il nuovo governo. Soprattutto dopo le parole dedicate all’ambiente da Giorgia Meloni nel discorso con cui ha chiesto la fiducia alla Camera: il mare ha giacimenti di gas che dobbiamo sfruttare a pieno.

“Ricordo alla premier”, chiosa Ciafani, “che secondo l’ex Mite i giacimenti non sfruttati, su terraferma o nei fondali, contengono al massimo 90 miliardi di metri cubi di gas, ci basterebbero per soli 15 mesi, visto che il fabbisogno italiano è di 70 miliardi di metri cubi l’anno. E comunque, tra la scoperta di un giacimento e l’estrazione del primo metro cubo di gas passano tre anni. Le compagnie fossili hanno smesso di estrarre il nostro gas perché ce n’è poco e non conviene, non certo per le proteste degli ambientalisti”. Ma il vero interlocutore su questi temi sarà il ministro Pichetto Fratin.

L’analisi

Cosa ha detto sull’ambiente Giorgia Meloni

di Fiammetta Cupellaro

Ciafani, lei lo conosce?

“L’ho incrociato in alcuni dibattiti televisivi sul futuro dell’automobile, perché conosce quel settore produttivo. Ha espresso preoccupazione per l’industria italiana, che potrebbe non fare in tempo a riconvertirsi all’elettrico. Non so quanto sia informato sugli altri dossier ambientali. Sarà quindi importante capire come costruirà il suo staff al ministero”.

 

Una cosa è certa: il suo consulente sull’energia sarà l’ex ministro Cingolani…

“La prima cosa che dirò al nuovo ministro Pichetto Fratin è che occorre una discontinuità con le politiche del suo predecessore. Cingolani si è occupato soprattutto di energia, anche prima che scoppiasse la crisi ucraina, mentre non ha praticato politiche ambientali”.

 

Come andrebbe concretizzata questa discontinuità secondo Legambiente?

“Il nuovo ministro dovrebbe approvare entro la fine dell’anno due piani fondamentali. Il nuovo Pniec, il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima. Quello in vigore ha ancora come target il taglio del 40% delle emissioni entro il 2030, mentre nel frattempo l’Unione europea ha alzato le ambizioni, prima al 55% e poi addirittura al 60%. Noi siamo fermi”.

 

E il secondo piano da approvare?

“È il Piano nazionale di adattamento climatico, scritto ai tempi del ministro Galletti e del governo Gentiloni, e che dopo quattro anni, tre esecutivi, due ministri, è ancora sotto forma di bozza. Se ne parla quando ci sono tragedia come l’alluvione delle Marche, ma dopo poche ore torna del dimenticatoio. Mentre è fondamentale è fondamentale per capire come ‘rammendare’ il Paese, per dirla con le parole di Meloni, ed evitare nuove tragedie climatiche dovute agli eventi meteo estremi”.

 

La premier ha attaccato la burocrazia che frena le rinnovabili. Soddisfatti?

“Questo è il secondo punto che sottoporrò a Pichetto Fratin. Il precedente governo ha fatto alcune semplificazioni ma sempre con una particolare attenzione ai combustibili fossili. Un esempio: il nuovo rigassificatore di Ravenna verrà autorizzato in quattro mesi, ma l’impianto eolico off shore presentato quattro anni fa non è stato ancora autorizzato. Per velocizzare le semplificazioni delle rinnovabili occorre aumetare l’organico al servizio della Commissione Via-Vai del ministero, e prevedere in Legge di bilancio fondi alle Regioni per gli uffici regionali che autorizzano gli impianti sul territorio”. 

 

Altro?

“Bisogna procedere più speditamente nel fare le bonifiche delle aree industriali, cosa che non ha fatto Cingolani. La bonifica deve essere funzionale a mettere in quei siti nuovi impianti green, come quelli della chimica verde o dell’economia circolare. Così come è successo per la bioraffineria di Porto Torres che è stata realizzata al posto del vecchio petrolchimico. Ora abbiamo bisogno di stabilimenti che producano elettrolizzatori per estrarre idrogeno dall’acqua, per esempio”.


Sul Pnrr tutto bene?

“Bisogna rafforzare i controlli pubblici in questo Paese. Nel 2016 fu approvata una legge che ha istituito il Sistema nazionale di protezione ambientale, integrando l’Ispra e le agenzie regionali (Arpa). Ma quella legge aveva bisogno di alcuni decreti attuativi del ministero: in particolare quello sugli ispettori ambientali. Ancora li stiamo aspettando e il risultato è che i controlli sono diversi da Regione a Regione, alterando anche la competizione tra aziende: chi opera in Emilia Romagna è tenuto a rispettare standard ambientali più alti rispetto a chi fa lo stesso business nel Lazio o in Sicilia. Non è più tollerabile, sopratutto ora che si apriranno migliaia di cantieri in tutta Italia con i soldi del Pnrr”.

 

Criticate Cingolani per non essersi occupato di ambiente: ora che figura nuovamente nel nome del ministero, cosa va fatto con urgenza per proteggerlo?

“Chiederemo al ministro Pichetto Fratin l’apertura di alcuni parchi che sono praticamente già pronti. Il Parco Nazionale del Matese, il Parco di Portofino, l’Area marina protetta del Conero e quella di Maratea. Solo così potremo rispettare l’impegno preso di proteggere il 30% del territorio entro il 2030”.