Il clima cambia e le specie sia vegetali che animali sono costrette a fare spesso le valigie in cerca di condizioni ambientali adatte alla loro sopravvivenza. Secondo i risultati di un articolo di revisione pubblicato su Annual Reviews of Ecology, Evolution and Systematics, per sopravvivere all’aumento delle temperature globali piante e animali terrestri devono spostare in media i loro areali di almeno 3,25 chilometri all’anno. Le specie marine, invece, di almeno 2,75 chilometri ogni anno. E dai risultati dello stesso lavoro di revisione e meta-analisi è emerso anche che le specie native, da sole, non riescono a raggiungere questo tasso di spostamento. Ma l’osservazione particolarmente scioccante è che quelle invasive, anche senza l’intervento umano, riescono invece a spostarsi circa 20 volte più velocemente di quelle autoctone.

Scendendo più nel dettaglio, il lavoro condotto dal gruppo di ricercatori della University of Massachusetts Amherst e di altre università e istituti di ricerca mostra che le specie native riescono a spostarsi in media di soli 1,74 chilometri all’anno. Lo stesso non è vero per le specie invasive, che da sole riescono a raggiungere i 35 chilometri l’anno. Con l’aiuto umano, poi, questo valore può salire vertiginosamente fino a superare i 1,800 chilometri l’anno. Ciò significa che, tenendo conto per esempio del trasporto involontario di semi, larve o uova, oppure dell’acquisto intenzionale di specie invasive originarie di altri paesi o addirittura di altri continenti, le specie alloctone possono arrivare a spostarsi circa mille volte più velocemente rispetto a quelle autoctone.

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Gli autori hanno preso in considerazione molti ecosistemi e svariati taxa, dalle piante (sia mono- che dicotiledoni), ai mammiferi, agli uccelli, agli insetti, ai crostacei, ai pesci. Mammiferi, uccelli e gasteropodi (come lumache, chiocciole e altri molluschi) sono i gruppi il cui tasso di spostamento si avvicina di più al valore desiderato di 3,25 chilometri per anno. La situazione è decisamente più drammatica per le piante, ma anche gli insetti e alcuni tipi di pesci sono ben lungi dal tasso necessario per la sopravvivenza. Inoltre, la sproporzionata competizione da parte delle specie invasive rimane valida per tutti i gruppi analizzati.

Essenzialmente non c’è speranza che le specie native possano stare al passo con il cambiamento climatico senza l’aiuto umano“, commenta Bethany Bradley, docente di conservazione ambientale presso la University of Massachusetts Amherst e prima firma della pubblicazione. “È molto chiaro – prosegue la ricercatrice – che gli esseri umani sono bravissimi a spostare le specie, e questo è uno dei maggiori vantaggi delle specie non autoctone”. Secondo Bradley, è il momento di iniziare a considerare seriamente e a implementare quella che viene definita “migrazione assistita”, ossia la pratica di aiutare deliberatamente le specie autoctone a spostarsi in luoghi più adatti. Si tratta di una pratica necessaria, conclude la docente, “se vogliamo che le nostre piante e i nostri animali autoctoni abbiano una possibilità”.