“Noi italiani dovremmo considerare gli insetti come un’opportunità in campo alimentare: cibo alternativo del tutto naturale, una fonte proteica sostenibile. Non una minaccia all’agricoltura tradizionale, che pure risente degli effetti del climate change, ma un potenziale alleato di cui sarà impossibile fare a meno”. Carlotta Totaro Fila, salentina trapiantata a Milano dal 2002, una laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari, non ha dubbi. Ed è per questo che ha investito gli ultimi anni nella creazione di ALIA insect farm, una startup innovativa agricola che punta, in un futuro sempre più vicino, a produrre alimenti a base di grilli commestibili 100% italiani, nel rispetto della massima sicurezza, qualità e innovazione. Guida, cioè, una delle realtà che potrebbero decollare dopo l’ultima autorizzazione dell’Unione europea, lo scorso 3 gennaio, all’immissione sul mercato della polvere di grillo (Acheta domesticus il nome scientifico), parzialmente sgrassata: il semaforo verde è arrivato a una società olandese, Fair Insects B.V., e fa seguito a autorizzazioni analoghe per lo stesso insetto e, prima, per vendita e consumo delle tarme delle farina essiccate, a luglio 2021, e della locusta migratoria, qualche mese fa.
E in Italia che succede? Si muove qualcosa, eccome. Italian Cricket Farm, azienda che ha sede a Scalenghe, nel Torinese, e produce farina di grilli come pet food (allevando anche tarme della farina, kaimani, locuste e camole del miele) ha già presentato un’analoga domanda per estendere all’alimentazione dell’uomo i suoi prodotti. “E a breve faremo altrettanto noi, che siamo già da tempo impegnati in una fase di ricerca e sviluppo (ospitata dall’hub di Como Next, ndr) – spiega Totaro Fila – Non otterremo la polvere per essiccazione ma atomizzando l’insetto, portandolo a temperatura altissime per pochi secondi, in modo da preservare le qualità nutrizionali, mantenendo un gusto neutro e quindi adatto a formulazioni di alimenti sia dolci che salati”.
Dietro l’angolo, ALIA insect farm (il nome della startup nasce dalla crasi dei nomi dei due bambini, Andrea e Cecilia, che hanno disegnato il logo) ha in serbo un progetto pilota di allevamento, con la trasformazione di un’ex stalla alle porte di Milano in una next generation farm di grilli, naturalmente al 100% made in Italy. “Gli ambienti saranno stati studiati e ridisegnati per mantenere le dimensioni idonee delle singole stanze, isolate l’una dall’altra anche in termini di areazione”, spiega la founder. “Ma occorre che in Italia le istituzioni ci appoggino”.
I numeri: perché conviene mangiare insetti
C’è ancora una certa resistenza, qui, sul cosiddetto novel food. Secondo Coldiretti, ad esempio, il 54% degli italiani è del tutto contrario all’utilizzo degli insetti a tavola. “Una questione culturale – taglia corto Totaro Fila – perché il consumatore, di cui stiamo monitorando l’approccio agli insetti edibili con un lavoro di ricerca dell’Università di Bergamo, va educato e ha spesso posizioni di pregiudizio, non considerando che le nostre civiltà in passato avevano già compreso che gli insetti fossero commestibili e proteici, salvo poi sostituirli con allevamenti di vertebrati all’epoca più convenienti e che oggi siamo fatalmente costretti a mettere in discussione a causa del loro impatto sul pianeta”.
Proprio così: i motivi per spingere sul consumo alimentare degli insetti ci sarebbero: da soli, costituiscono l’80% delle specie animali del nostro pianeta, secondo la FAO già nel 2013 oltre 2 miliardi di persone li consumavano abitualmente all’interno della loro dieta. Sono ricchi di proteine, vitamine, calcio, fibre, ferro, zinco e omega 3.
Di più: a parità di peso i grilli forniscono più del doppio delle proteine, cinque volte più magnesio e tre volte più ferro della carne di manzo. Ma soprattutto l’allevamento degli insetti è decisamente più sostenibile: sono in grado di convertire 2 kg di cibo in 1 kg di massa corporea, mentre i bovini necessitano di ben 8 kg di cibo per aumentare di 1 kg la massa corporea.
Consistente anche la riduzione del consumo di acqua e suolo, e della produzione di anidride carbonica: un allevamento di grilli, per esempio, produce 80 volte meno emissioni rispetto ad un equivalente allevamento di bovini. E per un chilo di proteine da insetti occorre un quarto dell’acqua necessaria per un chilo di proteine da bovino.
“E poi – aggiunge Carlotta Totaro Fila – anche tra i vegani, negli Usa, si fa largo un’apertura al loro consumo, con la creazione di una categoria nuova, i cosiddetti ento-vegans, che apprezzano l’attenzione al benessere animale: gli insetti si uccidono col freddo, ‘addormentandoli’, proprio come accade naturalmente. Quel che è certo è che, fatta base la sicurezza alimentare, sarà il gusto a decretare le scelte dei consumatori”.
Un percorso gourmet a base di locuste
E c’è chi si impegna, da tempi non sospetti, per combattere la presunta idiosincrasia degli italiani agli insetti a tavola. È per esempio il caso di Giulia Maffei e Giulia Tacchini, le dinamiche fondatrici di Entonote, l’associazione culturale che dal 2015, con base a Milano, promuove l’entomofagia, per l’appunto la dieta basata sugli insetti. Workshop, apertivi e degustazioni, showcooking e, soprattutto, le cosiddette ento-experience, percorsi sensoriali con assaggi di piatti a base di locuste, grilli e camole della farina.
“Abbiamo iniziato nel 2015 – spiegano – alla vigilia dell’Expo di Milano, quando si iniziava a parlare timidamente del tema, all’epoca la maggior parte delle persone neanche sapeva che gli insetti sono commestibili. Oggi arrivano con domande puntuali e voglia di sperimentare. Nelle nostre ento-experience portiamo una serie di portate in cui l’insetto, preparato fresco e valorizzandone il sapore, è via via più visibile, favorendo così un approccio graduale per così dire meno scioccante. Quel che facciamo, soprattutto, è informare la gente su cosa stia mangiando e perché, confrontando i valori nutrizionali e il costo ambientale del singolo piatto con un piatto tradizionale. Per renderci conto insieme che mangiare insetti può essere gustoso e conveniente”.
Fucibo: patatine e biscotti al gusto d’insetto
Chi è già ampiamente attivo sul mercato del food italiano con farine di insetti è una startup di Vicenza. Si chiama Fucibo e produce biscotti, snack e chips a base di farine di insetti, al momento – proprio in virtù delle norme Ue – importate dall’estero. A breve arriveranno pasta e crackers. L’idea è venuta a Davide Rossi, ingegnere informatico con la passione per la cucina, e all’imprenditore Lorenzo Pezzato. Animati, entrambi, dalla sensibilità per la tutela dell’ambiente, erano partiti nel 2016 a Londra, “quando in Italia, a causa di un’interpretazione discutibile della normativa, non si poteva ancora commercializzare cibo con derivati di insetti. Oggi abbiamo pochi dubbi: gli insetti saranno il nuovo trend gastronomico per i prossimi anni, è anche una scelta etica e sostenibile”, dicono convinti.
Ad ogni modo per scongiurare il rischio di una ritrosia dei consumatori, sono partiti da chips di mais estruso, cotte in forno ed aromatizzate alla pizza e al formaggio. “Una linea studiata appositamente per avvicinarli con qualcosa di estremamente riconoscibile, riducendo al massimo l’effetto psicologico indotto dall’assaggiare gli insetti per la prima volta”, spiega Pezzato.
Insomma, gli insetti ci sono ma non si vedono. “I biscotti sono il nuovo punto di incontro fra tradizione e innovazione. – aggiunge – L’esperienza in Inghilterra ci lascia prevedere una parabola: il moto di cautela o repulsione iniziale si trasformerà anche in Italia in curiosità, e i prodotti diventeranno sempre più presenti sugli scaffali dei nostri supermercati”.
I prodotti di Fucibo sono made in Italy, ma anche in questo caso manca l’ultimo step: “Al momento compriamo le farine di insetti in Francia, ma non appena l’Ue darà l’ok alle aziende italiane non esiteremo a rifornirci nel nostro Paese, che può essere leader anche nel cosiddetto novel food. Purché si diffidi – chiosa – dalla narrazione di una certa parte politica che tende a far credere che le locuste sostituiranno gli gnocchi della nonna e non che, piuttosto, gli insetti costituiranno, nel futuro prossimo, un ingrediente in più, sostenibile e proteico, da tradurre in ricette antiche o nuove”.