Mettere d’accordo agricoltura e produzione di energia green: è la sfida dell’agrivoltaico e, in particolare di Legambiente, associazione che da anni si batte per dimostrare che le due attività non sono incompatibili. Ora c’è la dimostrazione pratica: a festAmbiente, “festival nazionale di ecologia e pace” in corso fino all’11 agosto a Ripescia, in provincia di Grosseto, è stato allestito un prototipo dimostrativo si campo agrivoltaico.
L’impianto agrivoltaico, con tracker, pannelli mobili e coltivazioni agricole, è stato realizzato da Legambiente grazie alla collaborazione con il Gruppo Greencells Agrosolar. In un’area di 80 metri quadri situata all’ingresso della manifestazione, due file di sei tracker e altrettanti pannelli fotovoltaici mobili sono a 2,30 metri di altezza dal suolo e si orientano verso la luce solare. La distanza tra le file di pannelli è di 5,5 metri, per permettere il passaggio di mezzi agricoli: non a caso tra i pannelli è parcheggiato un trattore di medie dimensioni. Al di sotto sono state messe a dimora piantine di peperoncino e basilico e delle bordure di lavanda.
La sfida allo stop del fotovoltaico sui terreni agricoli
L’intenzione di Legambiente è dimostrare che l’integrazione tra agricoltura e produzione di energia solare può portare benefici significativi sia dal punto di vista ambientale che agronomico ed economico. Secondo le ricerche condotte dal CNR di Firenze, la vite coltivata in sinergia con tale tecnologia ha ottenuto un aumento della resa del 10-20%, seguita dall’insalata con un aumento del 10%.
La missione è cruciale, vista la battaglia condotta da una parte rilevante del mondo agricolo italiano (e dalle principali associazioni di categoria) contro le rinnovabili che sottrarrebbero suolo alle coltivazioni, con rischio di indebolire ulteriormente un settore già in difficoltà. La Coldiretti, per esempio, in passato ha insistito perché i pannelli fotovoltaici fossero installati solo sui capannoni industriali e non al suolo. C’è anche da dire che la vera minaccia percepita dalle organizzazioni degli agricoltori non è costituita tanto dai piccoli impianti fai-da-te, ma dall’incombere dei colossi delle rinnovabili che offrono ai proprietari dei terreni cifre alle quali è difficile dire di no.
897 progetti in attesa di valutazione dal Ministero
Il messaggio che arriva da Ripescia è che si può continuare a coltivare la terra, magari arrotondando con la produzione e la vendita di elettricità senza emissioni di CO?. Secondo l’associazione i segnali sono incoraggianti: in Italia sono sempre di più le imprese che presentano progetti di questa nuova tecnologia. Ci sono 897 progetti di agrivoltaico, su un totale di 1654, in valutazione al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (Mase). Tuttavia sono ben 686 quelli che registrano un forte ritardo nelle procedure autorizzative: 77 progetti presentati nel 2021 (di cui 23 ancora in attesa della Presidenza del Consiglio dei Ministri e 8 in attesa del parere del ministero della Cultura), 294 presentati nel 2022 (di cui 18 in attesa del Mic e 6 della Presidenza del Consiglio) e 315 presentati nel 2023 (di cui 7 in attesa del parere del Mic e 1 della Presidenza del Consiglio). E’ bene ricordare che progetti in attesa del parere del Mic hanno già ricevuto il parere della Commissione tecnica del Mase, mentre quelli in attesa della decisione della Presidenza del Consiglio hanno ricevuto parere discordante tra i due ministeri (Mase e Mic).
La transizione energetica in agricoltura
“La transizione ecologica non è più una scelta ma una necessità, e deve essere praticata velocemente anche dal settore agricolo, che sarà tra le prime vittime della crisi climatica”, spiega Stefano Ciafani presidente nazionale di Legambiente. “L’agrivoltaico è uno degli strumenti più innovativi che abbiamo a disposizione per realizzarla in agricoltura. Dopo gli errori fatti dal governo Meloni coi decreti Agricoltura e Aree idonee, che rischiano di rallentare la diffusione delle rinnovabili nel Paese, è il momento di cambiare passo. Ai ministeri dell’Ambiente e della Cultura chiediamo pareri più rapidi, alle Regioni iter autorizzativi più snelli e veloci”.