L’Italia ha da tempo avviato il percorso della transizione energetica per raggiungere gli obiettivi sul contenimento del riscaldamento del Pianeta. Per questo è impegnata nella riduzione dei consumi di energia da fonti fossili e nell’incremento dell’uso di energia sostenibile. A favorire la svolta in ambito di sostenibilità energetica, potrebbe essere uno sviluppo scientifico e tecnologico che porta sulla Terra la reazione fisica, totalmente naturale, con cui il Sole genera la propria energia. A questo proposito, una società d’oltreoceano sta mettendo a punto la fusione a confinamento magnetico. Si tratta di un processo, completamente diverso dalla fissione nucleare, dove due isotopi di idrogeno, unendosi, emettono energia.
La fusione di due nuclei d’idrogeno libera una quantità enorme di energia. Questo tipo di fusione non emette gas a effetto serra: il primo, grande, vantaggio che la rende una fonte energetica estremamente interessante. Il secondo vantaggio è che si tratta di una fonte virtualmente inesauribile. Replicare artificialmente la fusione sulla Terra è però molto difficile perché richiede di portare il plasma a temperature elevatissime: oltre 100 milioni di gradi. Per gestirlo si utilizzerà la tecnologia del confinamento magnetico che – come dice il nome – impiega campi magnetici potentissimi. Per capire di cosa si tratta abbiamo rivolto qualche domanda al professor Dennis Whyte, Direttore del Plasma Science and Fusion Center del Massachusetts Institute of Technology (MIT).
Professore Whyte, che tipo di attività sta svolgendo il MIT nel campo della fusione a confinamento magnetico?
“Lavoriamo su tutti gli aspetti della fusione, con l’obiettivo di ottenere una fonte di energia utilizzabile. Le tematiche includono la fisica del contenimento del combustibile di fusione, la costruzione di potenti elettromagneti che assicurano il contenimento e la progettazione di componenti interni specializzati che estraggono l’energia di fusione sotto forma di calore per l’uso da parte dell’energia terrestre”.
Perché la fusione viene spesso descritta come una tecnologia rivoluzionaria? Quali sono le sue prospettive future?
“Perché il combustibile è essenzialmente gratuito e illimitato. Inoltre il processo di fusione non produce sostanze inquinanti o gas serra, è intrinsecamente sicuro e fornisce grandi quantità di energia su richiesta. Queste caratteristiche rendono la fusione uno strumento unico e potentissimo per combattere il cambiamento climatico e fornire all’umanità una fonte di energia sostenibile per il prossimo futuro”.
Quali sono le sfide tecnologiche da affrontare?
“Le sfide tecnologiche riguardano soprattutto la capacità di migliorare l’attrattiva economica della fusione. La maggior parte dei principi fisici sono già stati dimostrati, ma dobbiamo ancora raggiungere lo stato in cui il plasma, ovvero il combustibile della fusione, produce energia netta. Questo è lo scopo del progetto SPARC attualmente in costruzione vicino a Boston. La produzione efficace di magneti superconduttori che forniscano il contenimento costituisce una sfida, caratterizzata da molte scoperte recenti, e un obiettivo della nostra società di spin-out Commonwealth Fusion Systems. Le restanti sfide tecnologiche si concentrano invece sull’estrazione efficace dell’energia di fusione attraverso l’ingegnerizzazione dei componenti per l’ambiente fusionistico, decisamente unico”.
Cosa comporta la collaborazione con Eni?
“E’ un’azienda fortemente innovativa che ha deciso di impegnarsi sostenendo sia lo sviluppo delle tecnologie di fusione sia la loro futura rapida commercializzazione. È attivamente impegnata nel CFS in materia di commercializzazione della fusione e contemporaneamente svolge attività di ricerca in collaborazione con il MIT sui materiali per la fusione, l’estrazione del calore, i materiali superconduttori e i combustibili per la fusione. In particolare, ciò comporta la collaborazione con i ricercatori e gli ingegneri di Eni, ma anche collaborazioni molto fruttuose con ricercatori universitari italiani”.
Un chilogrammo di combustibile ottenuto dalla fusione a confinamento magnetico potrebbe alimentare per 24 ore consecutive un’intera città di un milione di abitanti. A fine vita, il reattore che lo produce potrà essere smantellato in sicurezza e i suoi materiali riciclati per la costruzione di nuovi impianti. La fusione a confinamento magnetico potrebbe agevolare la strada verso la neutralità dal carbonio al 2050 quando, secondo laea (Agenzia Internazionale per l’Energia), il nostro pianeta avrà bisogno di una volta e mezza l’elettricità che consuma oggi.