Le temperature sono salite e gli eventi meteorologici, in particolare le piogge, si sono intensificati nelle ultime decadi. È una tendenza che si prevede continuerà e peggiorerà ulteriormente. A cambiare saranno anche le stagioni, in particolare le estati che, a causa del riscaldamento globale, potrebbero allungarsi di 21 giorni. Lo ha calcolato uno studio recente dell’Università di Scienze e tecnologia di Pohang (Postech), Corea del Sud, dopo aver analizzato le variazioni secondo uno scenario che prevede un rialzo di 1,5 e di 2 °C.
Il cambiamento dei cicli stagionali
In particolare, utilizzando modelli climatici, è stato esaminato il cambiamento dei cicli, il cui effetto si rifletterebbe sull’agricoltura e sulla disponibilità dell’acqua e dell’energia. Seung-Ki Min, docente del Laboratorio di ricerca sul cambiamento climatico e coordinatore del team di ricerca, ha potuto verificare che un riscaldamento di 2 °C farebbe sì che la stagione duri 112 giorni e non più 91 come ora. Se ci limitassimo invece a 1,5 °C si arriverebbe a un prolungamento di 12-13 giorni. In particolare l’inizio potrebbe essere anticipato di 4-5 °C a più 1,5 °C e di 8-9 °C a più 2 °C, mentre la fine di 5-6 °C contro 9-10 °C.
È più facile che l’estate duri più a lungo verso l’autunno, invece che iniziare prima, e sia ancora più calda nella fase finale. In ogni caso gli 0,5 °C in più rispetto al minimo la estendono di 3-5 giorni in entrambe le direzioni. La causa principale è l’aumento delle temperature del suolo.
Lo scenario con l’aumento di temperature di 1,5-2 °C
Gli accordi di Parigi chiedono che vengano compiuti sforzi per limitare a 1,5 °C il rialzo massimo delle temperature, ma abbiamo già raggiunto gli 1,1 °C. L’obiettivo che viene fissato è però di non raggiungere il limite di 2 °C. Tra queste due cifre ci sono enormi differenze. Come indica Carbon brief, piattaforma con sede nel Regno Unito specializzata nella scienza e nella politica del cambiamento climatico, il livello del mare si alza nel primo caso di 48 centimetri, nel secondo di 56 centimetri. Le onde di calore marine aumentano di 16 volte e fino a 23. Il 10% dei ghiacci artici scompare nel primo caso, nel secondo scende dell’80%. E la possibilità che tutta l’area diventi mare nei mesi caldi, è del 3% contro il 16%. L’esposizione alle onde di calore aumenta del 14% e del 23% rispettivamente e accadranno in particolare in Australia, Europa, Asia. La pioggia del 2% e del 4%. I mesi di siccità passano da 2 a 4. I raccolti mondiali di mais diminuiscono del 6% e del 9 per cento. La perdita di biodiversità passa dal 6 al 18 per cento. E il Pil (prodotto interno lordo) ci si aspetta cali dell’8% e del 13%.
Lo studio prende in considerazione anche alcune variazioni geografiche. Maggiori differenze si riscontrano alle medie latitudini, intorno ai 30 gradi Nord, mentre alle latitudini più alte, ovvero verso Nord, l’effetto è minore. Le regioni più colpite sono l’Asia orientale e il Mediterraneo.
L’estate inizia prima in Groenlandia, Alaska e nel Nord della Russia, si allunga invece in Canada e Asia del Nord. Nelle aree costiere c’è un inizio rallentato e un prolungamento, dovuto alla capacità dell’oceano di assorbire il calore in eccesso. Un’anticipazione si verificherà però anche nelle regioni delle montagne dell’Himalaya.
Ovviamente gli eventi estremi diventeranno più frequenti. Sono in aumento anche le anomalie, ovvero i giorni molto caldi, di tipo estivo, che compaiono in altri periodi. La loro frequenza passa da 2 giorni a 6 nelle medie latitudini. Diventerebbero solo 4 a più 1,5 gradi. E il fenomeno è più grave in Europa Centrale, Mediterraneo, Usa e Asia orientale. Secondo i ricercatori sono le aree più a rischio e dove sarà maggiormente necessario intervenire per adottare misure di adattamento che riguardino la salute, l’energia e il settore agricolo.