Come la dipendenza dai combustibili fossili mette a rischio la salute della popolazione mondiale? Un rapporto di Lancet, intitolato “Health at the Mercy of Fossil Fuels”, prova a rispondere ai quesiti su salute e cambio climatico. Redatto da quasi 100 esperti di 51 istituzioni di tutti i continenti e pubblicato in vista del vertice sul clima delle Nazioni Unite Cop27 in Egitto, lo studio evidenzia che si registra un aumento delle morti per calore, fame e malattie infettive con l’intensificarsi della crisi climatica. Nell’analisi si sottolinea inoltre che i governi continuano a concedere più sussidi ai combustibili fossili che ai Paesi più poveri, proprio i più vulnerabili agli impatti del riscaldamento globale.
Secondo il rapporto, l’emergenza climatica sta aggravando le crisi alimentare, energetica e facendo crescere il costo della vita. Ad esempio, nel 2021 quasi mezzo trilione di ore di lavoro sono andate perse a causa del caldo estremo, un fattore che ha inciso soprattutto sulla situazione dei lavoratori agricoli dei Paesi più poveri, che hanno visto ridursi forniture di cibo e redditi.
L’Onu: “La crisi climatica ci sta uccidendo”
L’analisi di Lancet lascia tuttavia spazio alla speranza, perché indica che un’azione immediata e incentrata sulla salute per affrontare il riscaldamento globale potrebbe salvare milioni di vite all’anno e consentire alle persone di prosperare, anziché solo sopravvivere, grazie ad aria più pulita e alimentazione migliore. “La crisi climatica ci sta uccidendo”, ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, commentando il rapporto. “Sta minando non solo la salute del nostro pianeta, ma anche quella delle persone ovunque, attraverso l’inquinamento atmosferico, la diminuzione della sicurezza alimentare, l’aumento del rischio di epidemie di malattie infettive, il record di caldo estremo, la siccità, le inondazioni e altro ancora”.
“La salute umana, i mezzi di sussistenza, i bilanci delle famiglie e le economie nazionali sono stati colpiti, mentre la dipendenza dai combustibili fossili continua”, ha aggiunto Guterres. “La scienza è chiara: investimenti massicci e di buon senso nelle energie rinnovabili e nella resilienza climatica garantiranno una vita più sana e sicura alle persone in ogni Paese”.
Il rapporto tiene conto di 43 indicatori di salute e clima, tra cui l’esposizione al caldo estremo. Ha rilevato che i decessi legati al caldo nelle popolazioni più vulnerabili – neonati sotto l’anno di età e adulti sopra i 65 anni – sono aumentati del 68% negli ultimi quattro anni rispetto al periodo 2000-2004.
Le ore di lavoro perdute
Il caldo estremo ha anche impedito alle persone di lavorare, con 470 miliardi di ore di lavoro perse a livello globale nel 2021. “Si tratta di un aumento di circa il 40% rispetto agli anni ’90 e si stima che le perdite economiche e di reddito associate ammontino a circa 700 miliardi di dollari. Rispetto agli anni ’50, circa il 30% in più delle terre è colpito da eventi di siccità estrema.
Aumento della malnutrizione e delle morti per fame
Ancora, secondo il rapporto, questi impatti stanno portando a un aumento della malnutrizione e delle morti per fame. I periodi caldi nel 2020 sono stati associati a 98 milioni di persone in più che non sono riuscite a procurarsi il cibo necessario, rispetto alla media del periodo 1981-2010, e anche la percentuale di popolazione globale che soffre di insicurezza alimentare è in aumento, sempre in dipendenza della crisi climatica.
Il rapporto ha anche registrato l’impatto della crisi climatica sulle malattie infettive, scoprendo che i periodi in cui la malaria può essere trasmessa sono diventati più lunghi del 32% nelle zone montuose delle Americhe e del 15% in Africa nell’ultimo decennio, rispetto agli anni Cinquanta. La probabilità di trasmissione della dengue è aumentata del 12% nello stesso periodo.
I finanziamenti ai combustibili fossili
Il rapporto Lancet ha anche rilevato che l’80% degli 86 governi esaminati sovvenziona i combustibili fossili, con cifre complessive di 400 miliardi di dollari nel 2019. I sussidi alle fonti fossili sono stati superiori alla spesa sanitaria nazionale in cinque Paesi, tra cui Iran ed Egitto, e più del 20% della spesa sanitaria in altri 16 Paesi. “I governi non hanno finora stanziato i 100 miliardi di dollari all’anno pattuiti per aiutare a sostenere l’azione per il clima nei Paesi a basso reddito”, si legge nel rapporto.
Il rapporto afferma inoltre che le strategie delle 15 maggiori compagnie petrolifere e del gas rimangono nettamente in contrasto con la necessità di porre fine all’emergenza climatica, “a prescindere dalle loro dichiarazioni e dai loro impegni in materia di clima” e che “Le attuali strategie di molti governi e compagnie bloccheranno il mondo in un futuro fatalmente più caldo, legandoci all’uso di combustibili fossili che stanno rapidamente chiudendo le prospettive di un mondo vivibile”.
Una rapida riduzione della combustione dei combustibili fossili non solo ridurrebbe il riscaldamento globale, ma produrrebbe anche benefici immediati per la salute, come la prevenzione di un milione o più di morti premature causate dall’inquinamento atmosferico all’anno.
Il rapporto ricorda anche che il passaggio a diete più ricche di vegetali nei Paesi sviluppati dimezzerebbe le emissioni derivanti dalla produzione di carne rossa e latte, prevenendo fino a 11,5 milioni di morti all’anno legate all’alimentazione. “Il mondo è a un punto critico. Dobbiamo cambiare, altrimenti i nostri figli dovranno affrontare un futuro di cambiamenti climatici accelerati, che minacceranno la loro stessa sopravvivenza”, ha dichiarato il Anthony Costello, co-presidente del Lancet Countdown. “Una risposta incentrata sulla salute alle crisi attuali offrirebbe ancora l’opportunità di garantire che in futuro ci siano basse emissioni di carbonio, per assicurare resilienza e salute”.