A Nuova Delhi si combatte l’aria sporca con cannoni ad acqua che catturano, grazie alle gocce sparate ad alta pressione, le particelle inquinanti e le trasportano a terra. Il comitato di controllo dell’inquinamento ha richiesto di recente – come riporta il The New Indian Express – che i siti edilizi di dimensioni inferiori a 20.000 metri quadrati si equipaggino di un cannone antismog, e via in crescendo fino a quattro cannoni per i siti tra 60.000 e 80.000 metri quadrati.
“Questo approccio si ispira alla natura“, spiega Kyoo-Chul Park, docente di ingegneria meccanica alla Northwestern University, che studia da anni soluzioni antismog basate su materiali “smart”. “Quando piove, le gocce catturano molti degli inquinanti presenti nell’aria: per questo dopo la pioggia vediamo il cielo più nitidamente”.
Professor Park, che caratteristiche devono avere le “nuvolette antismog” artificiali?
“Il fattore chiave è la dimensione delle goccioline. Se abbiamo una stessa quantità di acqua, le gocce piccole sono più efficaci delle grandi. Questo perché se le gocce sono grandi avranno meno possibilità di interagire con le particelle di sostanze inquinanti sospese nell’aria: ad esempio il particolato PM-10 tenderà a fluttuare intorno alle gocce grandi senza farsi assorbire. L’ideale quindi sono goccioline piccole, di dimensioni simili alle particelle. Per i PM-10 l’ideale è quindi una gocciolina di 10 micron. E le gocce non devono nemmeno essere eccessivamente piccole, altrimenti a quel punto su di loro, più della forza di gravità che le porta a terra, agisce la forza del vento che le trasporta altrove, senza risolvere il problema dell’inquinamento”.
Come si può ottimizzare questo processo?
“In diversi modi, ad esempio cercando di ridurre l’energia necessaria per disperdere le goccioline. Un altro fattore è il liquido che viene usato per produrre le goccioline: se usiamo acqua purificata, possiamo avere il massimo effetto, però si ha un costo legato alla purificazione. Oltre alla qualità dell’acqua bisogna poi tenere conto della quantità: in alcune zone dell’India dove questo sistema di abbattimento dello smog viene usato, tramite cannoni che sparano goccioline d’acqua, non ci sono problemi di approvvigionamento. Ma in molte zone più aride, dove non c’è abbastanza acqua nemmeno per l’uso potabile, non si può usare una risorsa come l’acqua in questo modo. E per ovvi motivi non si possono usare nemmeno le acque di scarico, come ha ricordato di recente, a Nuova Delhi, il comitato di controllo dell’inquinamento”.
A proposito di siccità: so che lei ha ideato anche un sistema per ricavare l’acqua dalla nebbia. Potrebbe essere una soluzione?
“Ho sviluppato un sistema per catturare le gocce d’acqua sospese nella nebbia, che non vengono tirate giù dalla forza di gravità, a differenza delle gocce di pioggia. Per far sì che le gocce si addensino e intrappolare l’acqua si può usare una rete fatta di fibre super-idrofile: l’interazione tra le maglie della rete e le goccioline permette di raccogliere l’acqua. Ottimizzando la geometria delle fibre, e rendendo porosa la loro superficie, si può raccogliere più acqua. Questo permette di raccogliere acqua per l’agricoltura e per l’uso potabile. Un’ispirazione che viene dalla natura è il sistema usato dalle sequoie. In California possono superare i 100 metri di altezza. E non è possibile trasportare così in alto l’acqua assorbita dalle radici: per questo queste piante assorbono attraverso le foglie l’acqua contenuta nell’aria. La struttura di queste foglie è simile al reticolo che ho sviluppato per raccogliere l’acqua”.
Anche lei ha ideato un sistema per raccogliere lo smog attraverso speciali filtri reticolari addensanti, ispirato alle reti per ricavare acqua dalla nebbia. Come funziona?
“La parola stessa smog è composta da “smoke”, fumo, e “fog”, nebbia. Dove per “smoke” si intendono gli inquinanti trasportati dall’aria. Se l’umidità relativa è alta, queste particelle inquinanti hanno una maggiore quantità d’acqua che le circonda. Quindi ho pensato: ‘Come posso usare i miei studi sulla raccolta d’acqua per affrontare il problema dello smog?’. Soprattutto pensando a luoghi come le città dell’India o della Cina. L’approccio per raccogliere lo smog è simile a quello per raccogliere l’acqua, ma c’è una differenza fondamentale: le particelle inquinanti, che sono solide, tendono a intasare il reticolo poroso che vogliamo usare per far addensare lo smog. Un po’ come i filtri dell’aspirapolvere possono intasarsi se non li si ripulisce periodicamente. Quindi è importante poter rimuovere queste particelle solide dal reticolo. Una soluzione che abbiamo sviluppato è usare materiali come il diossido di titanio, per rimuovere le particelle organiche. Ma ci sono anche particelle inorganiche: per queste è necessaria una rimozione meccanica usando la resistenza dell’aria una volta che le particelle si aggregano sulla superficie del filtro”.
Come si applicano queste idee?
“Pensiamo all’inquinamento delle acque: una volta che le particelle inquinanti sono in mare, è molto difficile rimuoverle perché si disperdono su una grande quantità d’acqua. Per questo abbiamo filtri e impianti per il trattamento dell’acqua a monte, ad esempio in prossimità degli scarichi fognari o industriali. Per lo stesso principio, una volta che gli inquinanti sono nell’aria è difficile rimuoverli. Bisogna quindi usare questi sistemi di raccolta dello smog là dove viene prodotto: ad esempio con dei filtri aggiuntivi sulle ciminiere”.