L’inquinamento da farmaci è un fenomeno più diffuso di quanto si possa pensare: secondo una ricerca pubblicata nel 2022, per cui sono stati presi in esame più di mille siti di campionamento lungo 258 fiumi sparsi per tutti i continenti, in un caso su quattro la concentrazione di questi contaminanti nelle acque superficiali è superiore a quella ritenuta sicura per l’ambiente e per la salute umana. Sono più di 900 i prodotti farmaceutici, o loro derivati, individuati fino ad oggi nei corpi idrici di tutto il mondo. Fra questi c’è anche il farmaco ansiolitico clobazam.

Per approfondire la questione, gli autori e le autrici di uno studio appena pubblicato su Science hanno analizzato nello specifico gli effetti che questo principio attivo appartenente alla classe delle benzodiazepine ha sul comportamento dei salmoni selvatici dell’Atlantico (Salmo salar). Dai risultati è emerso che il clobazam sembra alterare le abitudini migratorie di questa specie, esponendola potenzialmente a maggiori rischi. Nel dettaglio, il team di ricerca ha dotato 279 salmoni selvatici di un impianto per il rilascio controllato di farmaci. Di questi, un gruppo ha ricevuto un impianto di controllo, non contenente alcun principio attivo, un secondo gruppo è stato invece esposto al clobazam, un terzo a un farmaco oppioide, il tramadolo, mentre un quarto e ultimo gruppo ha ricevuto un impianto contenente un mix di clobazam e tramadolo. Dopodiché i salmoni sono stati rilasciati nel fiume Dal, in Svezia, e i loro spostamenti sono stati monitorati attraverso appositi strumenti posizionati nel corso d’acqua. Questo esperimento è stato ripetuto per due anni di seguito in modo da tenere conto di eventuali variabilità nella migrazione dei pesci, legate a fenomeni naturali.

Contemporaneamente, i ricercatori hanno condotto degli esperimenti di laboratorio su 256 salmoni, attraverso i quali hanno confermato che i farmaci rilasciati dagli impianti raggiungono effettivamente il cervello degli animali, e che la concentrazione dei principi attivi nei tessuti è paragonabile a quella rilevata nei pesci esposti a livelli ambientali reali di benzodiazepine e oppioidi. Dai risultati è emerso che l’esposizione al clobazam causerebbe un aumento del numero di salmoni giovani che raggiungono il mare. Anche se non sono state osservate differenze significative nella velocità complessiva di spostamento, gli animali che hanno ricevuto il clobazam tramite l’impianto di rilascio controllato avrebbero infatti attraversato più velocemente le dighe idroelettriche, che costituiscono un ostacolo alla migrazione. Gli autori ipotizzano che questo comportamento possa essere legato a una maggiore propensione al rischio da parte degli animali esposti al farmaco. Allo stesso tempo, il clobazam avrebbe anche ridotto la tendenza dei salmoni a stare in gruppo, anche in presenza di predatori.

Secondo i ricercatori, queste osservazioni evidenziano le complesse conseguenze ecologiche dell’inquinamento da farmaci, dato che i cambiamenti comportamentali rilevati possono da un lato favorire la migrazione, ma dall’altro aumentare la vulnerabilità alle minacce naturali. “Il prossimo obiettivo è quello di seguire i movimenti su piccola scala dei pesci esposti ai farmaci, utilizzando strumenti di tracciamento degli animali ad alta risoluzione – commenta Jack Brand, primo autore dello studio e ricercatore presso la Swedish University of Agricultural Sciences – Ampliare la nostra comprensione di come i diversi inquinanti psicoattivi e le loro interazioni influenzino il successo della migrazione sarà fondamentale per prevedere gli impatti a lungo termine sulle popolazioni ittiche. Questo è particolarmente importante in un mondo sempre più inquinato, dove sono necessarie politiche basate su prove scientifiche per proteggere le specie e gli ecosistemi vulnerabili”.