Gli effetti della crisi climatica sono sempre più tangibili. A causa di un’ondata di calore anomala, l’inverno freddo e nevoso dell’Alaska ha registrato temperature e piogge lontane dagli standard del periodo, con il termometro che ha superato i 15,5 °C. Il picco è stato raggiunto sull’isola di Kodiak, dove domenica sono stati registrati 19,4 °C, la temperatura più alta mai registrata nel Paese. Un dato assurdo secondo Rick Thoman, scienziato dell’Alaska Center for Climate Assessment and Policy.
Nome as of Noon AKST Tuesday total December precipitation (melted snow plus rain) up to 3.85 inches (97.8mm), making this the highest precipitation in Dec in the 115 years of climate observations in the Gold Rush City. #akwx @Climatologist49 @KNOMnews @nomenugget_ak
— Rick Thoman (@AlaskaWx) December 28, 2021
Questa è solo l’ultima rilevazione di un dicembre fuori dal comune: 18,3 °C all’aeroporto di Kodiak, un record di 16,6 °C nella comunità di Cold Bay e almeno otto giorni con temperature superiori a 10 °C nella città di Unalaska, compresi i 13,3 °C del 25 dicembre, il giorno di Natale più caldo dell’Alaska.
Il problema più grande, però, non è stato il caldo, ma l’umidità: le precipitazioni massicce hanno causato i disagi maggiori per la popolazione. L’area di Fairbanks, la seconda città del Paese, è stata travolta dalla tempesta più violenta mai registrata nello stesso periodo dal 1937. A Delta Junction, 153 chilometri a Sud-Est di Fairbanks, il tetto dell’unico negozio di alimentari è crollato per colpa della neve. E oltre alle nevicate, le piogge violente hanno portato il ghiaccio, causando interruzioni di corrente e la chiusura di strade e uffici. Una situazione talmente catastrofica da essere già stata soprannominata Icemageddon, apocalisse di ghiaccio.
La situazione è molto simile in tutti i Paesi dell’estemo Nord, sia in inverno che in estate. L’organizzazione metereologica mondiale ha certificato i 38 °C misurati il 20 giugno 2020 a Verkhoyansk, in Siberia, come la temperatura più alta mai accertata più a Nord del parallelo 66,5, cioè oltre il Circolo polare artico.
E anche i luoghi più a Sud non sono immuni dalle conseguenze del riscaldamento globale. In Italia nel 2021 si sono verificati 187 fenomeni meteorologici estremi che hanno provocato non solo danni ma anche 9 morti. Secondo l’Osservatorio CittàClima di Legambiente quest’anno è stato da codice rosso per il clima: sono aumentati i danni da grandinate intense (17 rispetto ai 9 nel 2020) e le frane da piogge intense (13 rispetto alle 10 nel 2020), mentre restano allo stesso livello record i dati sugli allagamenti (97 nel 2021 e 102 nel 2020). Roma è la città più colpita con 9 eventi estremi, seguita da Napoli con 5, Catania con 4, Palermo e Milano con 2. Un trend destinato a salire anche secondo i numeri e i grafici del Centro Euro Mediterraneo per il cambiamento climatico l’Italia sarà sempre più interessata da fenomeni climatici estremi da qui al 2050.
Per quanto riguarda l’Alaska l’inverno resterà freddo – sono previsti -28 °C nel fine settimana – ma a causa del cambiamento climatico questi eventi caldi e umidi sono diventati sempre più frequenti negli ultimi due decenni e sono destinati ad aumentare ancora. Uno studio pubblicato a novembre sulla rivista Nature Communications ha previsto un clima artico con più pioggia invernale che neve a partire dal 2060 o 2070.