Quasi la metà di tutta l’energia che consumiamo in un anno in Italia è destinata a soddisfare il fabbisogno degli edifici e, per la maggior parte, di quelli a uso residenziale. Questi consumi, in primo luogo di gas naturale ed energia elettrica, sono responsabili ogni anno dell’emissione in atmosfera di circa 110-120 milioni di tonnellate di gas a effetto serra, tra il 25 e il 30% delle emissioni nazionale, secondi solo al comparto industriale. Sappiamo che, per rispettare gli impegni presi con l’Accordo di Parigi e tentare di limitare il riscaldamento globale a non più di 1,5-2 °C rispetto al periodo pre-industriale, da qui al 2050 il fabbisogno di energia di tutti gli edifici italiani dovrà essere soddisfatto senza generare più emissioni di gas serra. Per fare questo la strada è una sola: azzerare il consumo di combustibili fossili, puntando su rinnovabili ed elettrificazione e, ovviamente, riducendo quanto più possibile il fabbisogno energetico attraverso interventi di efficientamento. Va osservato, peraltro, come quello degli edifici sia un settore su cui è relativamente facile intervenire, se paragonato ad esempio ai trasporti, ad alcuni settori industriali o alla stessa produzione alimentare.
Per arrivare in circa 25 anni ad avere un parco edilizio a zero emissioni è necessario trasformare radicalmente e con estrema rapidità le case in cui viviamo. La buona notizia è che in questo specifico caso abbiamo già a portata di mano tutte le soluzioni che ci servono e dobbiamo “solamente” trovare il modo migliore per metterle a terra nei tempi dati. Già da alcuni anni l’Agenzia Internazionale dell’Energia ha elaborato una roadmap per decarbonizzare il settore energetico a livello globale. Partendo dalla fine, cioè l’obiettivo di arrivare a zero emissioni nette entro metà del secolo, ha ricostruito a marcia indietro quasi 400 milestone, ossia quelle tappe che dovremmo rispettare per non fallire. Tra queste, ad esempio, c’è quella di vietare la vendita di nuove caldaie a gas a partire dal 2025, oppure che i nuovi edifici siano tutti a “zero-carbon-ready” (cioè a emissioni zero o comunque pronti a diventarlo grazie all’elettrificazione) dal 2030 o, ancora, che almeno la metà di tutti gli edifici esistenti siano già stati riqualificati e trasformati in “zero-carbon-ready”.
In Italia ci sono circa 30 milioni di abitazioni a uso residenziale, di cui realmente occupate circa 25 milioni. Per trasformale in abitazioni a zero emissioni abbiamo davanti 25 anni, quindi il conto è presto fatto: dovremmo varare da subito un piano straordinario per riqualificare circa un milione di abitazioni all’anno, tutti gli anni da qui fino al 2050. In media le abitazioni sottoposte a qualche forma di ristrutturazione in Italia in un anno sono tra 200 e 300 mila. In un report pubblicato da Italy for Climate ad aprile, è stato stimato che nel 2022 e 2023 solo con il Superbonus del 110% dovremmo essere arrivati a circa 700 mila abitazioni riqualificate all’anno. Ci siamo, quindi, avvicinati all’obiettivo quantitativo ma di certo non siamo neanche lontanamente vicini a quello qualitativo, cioè di fare di queste 700 mila abitazioni riqualificate in un anno abitazioni “zero-carbon-ready”.
In questi mesi si è parlato e scritto molto in tema di case green e, come purtroppo spesso accade, il dibattito pubblico è stato fuorviato da una serie di quelli che abbiamo chiamato “falsi miti”, vuoi per ignoranza o vuoi per interesse. Uno di questi è che la nuova direttiva europea sulle prestazioni energetiche degli edifici sia eccessivamente ambiziosa e ci richieda sforzi che in realtà non dovremmo fare. La verità è che, rispetto al piano straordinario per la riqualificazione degli edifici che dovremmo mettere in campo e marciante già a regime da qui all’anno prossimo, la norma in discussione è, al contrario, troppo blanda e insufficiente a farci rispettare gli impegni che, come Paese, abbiamo sottoscritto a Parigi nel 2015 e che, ad oggi, nessuno ha revocato. Un altro falso mito che spesso risuona nel dibattito è quello che fa dell’Italia un Paese virtuoso proprio in termini di efficienza energetica degli edifici residenziali. A livello europeo da alcuni anni è stato lanciato il progetto Odyssee-Mure che ha proprio l’obiettivo di monitorare e confrontare le performance in materia di efficienza energetica dei 27 Stati membri dell’Unione. Confrontando il consumo di una abitazione media a parità di condizioni climatiche, con 1,75 tep all’anno l’Italia presenta consumi del 30% superiori alla media europea ed è quintultima in una classifica a 27. Ma fa ancora peggio se andiamo ad analizzare il trend degli ultimi anni: dal 2000 al 2021 le abitazioni in Italia in media hanno conseguito un risparmio energetico inferiore al 15%, ossia meno della metà della media europea, valore che posiziona il nostro Paese nella non invidiabile posizione di terzultimo su 27 (peggio di noi fanno solo Cipro e Bulgaria).
Purtroppo, anche in questo caso i falsi miti sull’edilizia hanno spesso raggiunto il risultato forse sperato da qualcuno, quello di aver sviato il dibattito e di aver fornito a chi lo desidera degli alibi apparentemente solidi per fermare o rallentare il processo di trasformazione già in corso. Evitando di entrare in un confronto di merito sugli strumenti e le misure da mettere in campo e anche su come cogliere le enormi opportunità in primo luogo economiche e occupazionali che la transizione energetica potrebbe garantire a un comparto importante come quello edilizio.
(L’autore è coordinatore di Italy for Climate)