Anche l’Italia si prepara a mettere al bando le pellicce. La commissione Bilancio al Senato ha approvato un emendamento alla manovra che sancisce il divieto di allevamento, riproduzione in cattività e uccisione di visoni, volpi, procioni, cincillà e animali di qualsiasi specie utilizzati per ricavarne pelliccia. La misura, che porta la firma della capogruppo di Liberi e uguali al Senato Loredana De Petris, sarà votata in Aula mercoledì 22 dicembre.

In Italia sono solo cinque gli allevamenti di visoni rimasti attivi. Il 14 dicembre i 3mila animali della struttura di Villa del Conte, nel Padovano, sono stati abbattuti per un focolaio di Coronavirus, il secondo scoppiato in un allevamento dall’inizio della pandemia, dopo quello dell’agosto 2020 a Capralba, in provincia di Cremona. “Oltre a essere un provvedimento etico è, infatti, una misura di natura sanitaria”, sottolinea da Palazzo Madama la senatrice De Petris, ricordando che, dallo scorso febbraio, l’allevamento di visoni nel nostro Paese è stato sospeso dal ministro della Salute Roberto Speranza proprio per il pericolo di trasmissione del virus.

La misura consente in deroga agli allevamenti di mantenere gli animali già presenti nelle strutture non oltre il 30 giugno 2022 e stanzia 3 milioni di euro per il 2022 di indennizzo per gli allevatori. “I tempi sono più che giusti per mettere fine a questa catena. Mi auguro che utilizzino questi bonus e non chiedano ulteriori proroghe”, commenta Carla Rocchi, presidente dell’Ente nazionale protezione animali. Che sulla possibilità che qualche esemplare sopravviva a luglio 2022 è molto scettica: “Purtroppo c’è ancora mercato per le pellicce: nessun allevatore arriverà al termine imposto dal governo senza aver ucciso l’ultimo visone”.

Ovviamente, se così non fosse, bisognerà fare attenzione a dove finiranno gli animali sopravvissuti. Perché, come spiega Piero Genovesi, zoologo ricercatore dell’Ispra: “Il visone è una specie alloctona molto pericolosa per uccelli e anfibi locali. Non dobbiamo commettere lo stesso errore che si fece in passato con le nutrie, uno dei 100 mammiferi di specie aliene più invasivi al mondo”.

Le nutrie vennero importate in Italia sempre per la produzione di pellicce, ma quando gli allevatori furono costretti a chiudere le loro aziende, li liberarono per non sostenere le spese dell’abbattimento, a scapito dell’ecosistema. “I visoni – ribadisce Genovesi – non andranno assolutamente lasciati liberi. Bisogna prevenire ogni rischio”. Per questo motivo, assicura De Pedris, l’emendamento prevede che gli animali non verranno liberati ma affidati a strutture di associazioni animaliste e qualificate che provvederanno alla loro sterilizzazione.

In Europa l’allevamento da pelliccia è già vietato in Austria, Belgio, Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Lussemburgo, Macedonia del Nord, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia. Germania e Svizzera hanno le leggi severe sul benessere degli animali che complicano tantissimo l’apertura di attività di questo tipo.

Bulgaria, Estonia, Lituania, Montenegro, Ucraina, Polonia stanno discutendo il divieto e l’Irlanda lo farà a breve. “L’Italia è stata prima in tante cose quest’anno, ma non su questo tema”, aggiunge Rocchi. “Portato a casa questo risultato si dovrà affrontare il tema degli allevamenti intensivi, altrettanto problematici per la salute degli animali e dell’uomo”.