Anche una tazzina di caffè al bar può salvare il mondo dalla crisi climatica, contribuendo a limitare l’uso di tinture chimiche, potenzialmente inquinanti nei processi di colorazione dei tessuti.

Un passo alla volta, partiamo da qualche dato: a livello mondiale l’industria tessile consuma tra i sei e i nove trilioni di litri d’acqua all’anno e questo solo per la tintura dei tessuti. Circa tre-quarti di tutta l’acqua consumata dagli stabilimenti di tintura finisce col diventare acqua di scarto non potabile né riutilizzabile a causa dei residui di tinture, alcali, metalli e altre sostanze chimiche utilizzate per fissare il colore su capi e tessuti.

Filtrare e depurare quest’acqua per un suo riutilizzo è un’operazione costosa che grava sulle aziende virtuose, ma in alcune zone dell’est del mondo, dove l’industria della moda è molto radicata e spesso poco controllata, viene scaricata in maniera illegale, con inevitabili impatti sull’ecosistema e la popolazione. L’industria del fashion, oggi tra le più inquinanti al mondo, s’interroga per individuare e applicare soluzioni efficaci, non opache operazioni di greenwashing, che ne riducano l’impatto sull’ambiente così da rispondere alle richieste di un consumatore sempre più attento.

Lo storico Lanificio Bottoli di Vittorio Veneto in provincia di Treviso, colorerà alcune tipologie in seta della prossima collezione Primavera Estate 2023 (che verrà presentata al Salone Italiano del tessile Milano Unica a inizio febbraio), con i fondi di caffè di bar e ristoranti, altrimenti destinati al pattume, grazie alla collaborazione avviata con la torrefazione di Conegliano Dersut, che darà corso al riciclo di questi scarti “da tazzina” attraverso il coinvolgimento dei suoi clienti (circa 4 mila punti vendita in Italia). 

Riciclo

L’abito da sera è fatto di CO2

di Mariella Bussolati

È una lunga storia a km0 e “naturale” quella del Lanificio Bottoli: fondato nel 1861, è tra i leader nella produzione di tessuti per abbigliamento e coperte di alta gamma, da anni antesignano in tema ecologico, grazie non solo all’utilizzo esclusivo di fibre naturali (lana, seta, lino, canapa e cotone), ma anche di filati innovativi, come le fibre caseiniche (dal latte), derivati dalle alghe marine, di viscosa di legno di gelso e persino d’Abaca (detta Canapa di Manila).

 

“Il procedimento di tintura prevede che le rocche di filato di seta vengano inserite in apposite autoclavi mentre in un altro contenitore viene realizzata la soluzione dei fondi del caffè in acqua. Abbiamo poi individuato i parametri opportuni di pressione, temperatura e tempi affinché la tintura abbia la miglior resa possibile“, spiega Ettore Bottoli, Sales Manager dell’azienda e figlio del presidente Roberto.

La campionatura di uun bagno di tintura al caffè al Lanificio Bottoli. 

Oggi oltre la metà della collezione proposta dal Lanificio, che sceglie solo lane italiane, da greggi delle razze Sopravissana (nell’Appennino di Marche, Abruzzo e Molise) e Gentile di Puglia  può essere considerata naturale e sostenibile.

“Un percorso che ha radici lontane, avviato da più di 20 anni: abbiamo già adottato diverse soluzioni di tintura naturali, che intaccano meno la fibra e le conferiscono maggiore morbidezza, come l’indaco, il campeggio (una pianta delle leguminose, Haematoxylum campechianum) per ottenere le sfumature del grigio o il catechu, l’estratto d’acacia, per i marroni” continua Bottoli.

Ettore Bottoli 

Giappone, Stati Uniti, Canada, Corea, Cina, Egitto: oggi oltre il 60% del fatturato del lanificio proviene dall’estero. Bottoli, giunto alla quinta generazione, tra i rarissimi esempi di espressione del ciclo completo della produzione, è amato e ricercato dai grandi marchi della moda che lo hanno premiato inserendo quale ulteriore testimonianza di autenticità: dalla collaborazione con la maison milanese Etro per le iconiche coperte in lana italiana (prima volta nella storia del brand un co-branding con un fornitore), ai tessuti tartan per Ballantyne per celebrarne il centenario fino al genio della moda nipponica Junya Watanabe che ha voluto inserire l’etichetta del Lanificio nelle sue creazioni per il marchio Comme des Garçons.

Un telaio del Lanificio Bottoli