Anche in orbita è una questione di compromessi. Per esempio tra alta definizione e alta frequenza di osservazione dei satelliti. Possiamo misurare tutto il mondo ogni giorno, ma lo “zoom” non è ancora tale da vedere bene tutto da vicino. Il “gemello digitale” della Terra prende forma piano piano, con tasselli che diventeranno sempre più nitidi a varie lunghezze d’onda, per osservare e analizzare il terreno, l’atmosfera, gli oceani e i mari. Ma la svolta vera arriverà quando saremo in grado di analizzare in profondità le centinaia di terabyte che scarichiamo ogni giorno. Per osservare quanto, veramente, stiamo inquinando, Paese per Paese. Dunque per certificare il rispetto degli accordi climatici (su tutti quelli di Parigi, la Cop 21 e di Glasgow, Cop 26) e per monitorare tutto ciò che, per un terremoto o un cedimento, potrebbe crollare. E infine per mettere a frutto tutte queste informazioni in servizi che generano ricavi, valore aggiunto. Per fare business. Tutte queste cose sono strettamente collegate.
Nella sessione di venerdì 10 dicembre del New space economy Expoforum si parlerà di clima e di tutti questi aspetti interlacciati tra loro. Giunto alla terza edizione, l’evento annuale è organizzato dalla fondazione Edoardo Amaldi e da Fiera Roma con il patrocinio dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), preparato dal Comitato scientifico internazionale coordinato da Roberto Battiston, un appuntamento per ragionare sulle prospettive e le opportunità economiche legate all’industria spaziale e al suo indotto, con decine di ospiti internazionali che si incontreranno (collegandosi online) dal 9 all’11 dicembre. Interverrà, con un video messaggio, anche Simonetta Cheli, prossimo direttore dell’Osservazione della Terra dell’Esa, che da gennaio arriverà a Frascati per guidare l’Esrin, il centro europeo dedicato alla Earth observation.
La CO2 vista dall’alto
Impossibile non partire dagli accordi internazionali per fronteggiare la crisi climatica e dagli obiettivi di decarbonizzazione: “Già con gli accordi di Parigi del 2015, quando i diversi Paesi avevano preso impegni per contenere l’aumento della temperatura da 1,5 a un massimo 2 gradi, si era stabilito il global stocktake – spiega Cheli a Green&Blue – un monitoraggio periodico per verificare l’effettiva applicazione degli accordi, che avviene attraverso anche i sistemi satellitari. Dopo Cop21, l’Esa ha definito missioni dedicate a questo, tra queste, CO2M per il monitoraggio delle emissioni biossido di carbonio prodotte dall’attività umana, che decollerà a inizio 2026. Servirà alla definizione del global stocktake del 2028. Con uno spettrometro a onde infrarosse corte e molto corte, misurerà le emissioni CO2 prodotte dall’attività umana per stimare il prodotto di combustione fossile regionale e nazionale”.
Uno studio pubblicato di recente sulla rivista Environmental research letters, teorizza un modello con il quale calcolare le emissioni per singolo Paese proprio grazie ai nuovi satelliti Copernicus. Osservazioni indipendenti dalle dichiarazioni di ogni singolo governo per le quali è difficile verificare la veridicità. Pensiamo alla Cina o all’India, tra i più restii al taglio delle emissioni e al tempo stesso tra le nazioni più inquinanti che fanno largo uso di centrali a carbone per produrre energia.
Un modo per inchiodare gli stati alle proprie responsabilità con dati fattuali: “Durante la Cop 26 c’è stata grande discussione su questo – ricorda Andrea Taramelli dell’Ispra, delegato nazionale presso il Copernicus user forum europeo – è un grosso passo avanti perché i satelliti danno una misura quanto meno reale, certa, e sempre più accurata”. L’Agenzia spaziale europea, che attualmente conta sul programma più importante sul clima con satelliti operativi come le Sentinelle e con sonde scientifiche e meteo, lancerà diversi nuovi satelliti entro questa decade.
“Oggi già abbiamo strumenti che a livello giornaliero forniscono informazioni sui livelli di ozono, biossido di carbonio. Sentinel 5P, in orbita dal 2017, ha osservato un abbassamento di biossido carbonio durante il lockdown, e abbiamo già oggi strumenti per misurare i gas serra – aggiunge Cheli – Abbiamo accordi con i partner, Nasa, Jaxa per scambiarci i dati, ma la missione CO2M che lanceremo specificamente a questo scopo sarà molto più precisa per la capacità di passare su certe zone. E tutto il pacchetto del Copernicus Sentinel expansion, misurerà molti altri parametri, dal riscaldamento della superficie terrestre ai i ghiacci”.
Bisogna incrociare i flussi
Sembra l’uovo di Colombo. E in qualche modo lo è, ma dipende sempre dallo zoom e dalla definizione che si vuole ottenere. “Bisogna essere onesti, solo queste misure non bastano deve esserci un’integrazione con i dati a terra dalle centraline che ti aiuti a spazializzare il dato da satellite – osserva ancora Taramelli, che è anche professore di Geomorfologia alla Scuola universitaria superiore di Pavia – la costellazione Copernicus ha puntato su un’alta risoluzione temporale, piuttosto che un’altissima risoluzione spaziale, per avere più misure nel tempo. E la frequenza di queste misurazioni aumenterà con i nuovi satelliti ma per quanto possiamo avere una stima di quanto produce la Cina senza dato calibrato e validato da un sistema di terra ci saranno sempre incertezze”.
Si arriva così alla nuova frontiera della New space economy: incrociare i flussi di dati da più fonti, analizzarli, collaborare con il privato. Un esempio di questo arriva, di nuovo, dall’Esa: “Pochi giorni prima cella Cop26 in Italia si è tenuto il primo G20 dedicato allo spazio – aggiunge la direttrice dell’Esrin – si è discusso di cambiamenti climatici e si approvato Imeo, l’osservatorio per il monitoraggio del metano, un gas serra molto potente che bisogna tenere d’occhio. Ogni giorno l’Esa ha dati interessanti da Sentinel 5P su scala globale, che vengono abbinati a quelli di GhgSat, per individuare in dettaglio dove ci sono perdite”. GhgSat è una società privata che vende un servizio, per esempio, alle aziende petrolifere. “È fondamentale capire il valore di questi dati, in un contesto di new space economy, a livello istituzioni e di interesse pubblico, ma anche per potenziali utilizzi per fare impresa” conclude Cheli.
L’atmosfera in HD, ogni giorno
Il Copernicus user forum è nato nel 2014 proprio per “massimizzare i ritorni sul nostro Paese in termini industriali e di servizi applicativi del Programma europeo Copernicus”. In parole povere: per capire come usare questi dati al meglio e aiutare l’impresa a sviluppare soluzioni. “Un esempio concreto è il servizio sviluppato dall’Ispra con l’Asi, prendiamo i dati della qualità dell’aria da Copernicus e da Sentinel 5P, poi ci aggiungiamo un modello a più alta risoluzione usando per esempio le centraline – spiega Taramelli – e ogni mattina diamo a tutti i sindaci italiani la qualità dell’aria delle loro città. Un servizio che sarà integrato nei prossimi sette anni con i dati a livello europeo”.
Taramelli, con il Copernicus user forum, sta lavorando per il ministero della Transizione ecologica nell’analisi di sostenibilità dell’investimento che il Governo ha stanziato per l’osservazione della Terra nel Pnrr: “Il ministro Colao ha chiesto di strutturare un piano operativo di dettaglio che verrà presentato al Comint (il Comitato interministeriale per le politiche sullo spazio ndr) di gennaio, con la sostenibilità di tutti i servizi operativi, sia lato pubblico istituzionale che quello che dovrà andare a mercato, qual è lo stato dell’arte e quale sostenibilità di mercato per un investimento di un miliardo e 400 milioni”. Sono fondi che i ministri del Comint hanno votato perché siano gestiti dall’Esa.
New space economy
I dati Copernicus sono liberi e utilizzabili, anche per fare business, il mercato della new space economy supera ormai i 400 miliardi di dollari. E accanto a colossi come e-Geos, che operano da anni nel settore dei servizi con dati satellitari, continuano a nascere idee per sfruttare questa ricchezza di informazioni che piove dal cielo: “Piccole startup che prendono questa mole di dati possono aggredire un mercato che ancora non è stato intercettato di servizi per l’agricoltura di precisione e per la siccità, per esempio – continua Taramelli – che possono vendere un servizio con un’app a un euro a un milione di contadini” invece che a un milione di euro a un unico committente.
Sostiene Taramelli che il sistema italiano ha bisogno di qualche correttivo. Soprattutto nei servizi al pubblico: “Il ministero dell’Ambiente si era costruito un suo geoportale, quello dell’Agricoltura un altro parallelo, il Sian. Uno anche il ministero dei Beni culturali. Ognuno aveva il suo e non si parlavano, io lo chiamo il sarchiapone spaziale. Il pubblico pagava e alle aziende andava bene. Ora sta per uscire un bando di cofinanziamento al 50 per cento con le aziende: per dire ‘anche tu ci metti il tuo rischio’, la sostenibilità dipende dalla capacità di andare a mercato e fare rete con le startup”.
Qui si inserisce il tema di come fare a elaborare i Big data. Solo Copernicus ne produce qualcosa come 250 Terabyte al giorno: “Per fare analisi hai bisogno di una infrastruttura di calcolo non indifferente, l’Europa e l’Italia si sono dotate del Copernicus market place, e in italia con Mirror Copernicus avremo una macchina alla quale le startup e le aziende potranno accedere per avere tutti i dati Copernicus, così il giovane vi potrà accedere con una piccola somma, una macchina che vogliamo potenziare con il Pnrr” evidenzia il professore.
“Il fatto che esistano molti sistemi messi a disposizione dalle agenzie è un fattore molto importante perché abilita allo sviluppo di nuovi algoritmi e prodotti – sostiene Maria Fabrizia Buongiorno, presidente di e-Geos e direttrice della ricerca tecnologica all’Ingv – il mercato è su due binari, ci sono anche società di medie e piccole dimensioni che fanno i propri satelliti, sistemi miniaturizzati e a basso costo. Bisogna trovare un equilibrio di ciò che viene dalle agenzie e migliorare l’accesso al dato”. E-Geos sviluppa prodotti per la gestione dei fenomeni legati anche al climate change per istituzioni e aziende. È a capo del progetto finanziato dall’Agenzia europea per l’ambiente per il ground motion service, un servizio a scala continentale che fornirà mappe di deformazione del suolo usando i dati radar di Sentinel-1. Per conoscere gli effetti di eventi naturali come terremoti, frane e smottamenti, innescati da attività dell’uomo come l’estrazione mineraria. E sarà in grado di rilevare anche i movimenti critici, cedimenti di infrastrutture come autostrade, viadotti, ponti ed edifici. I capisaldi fisici delle nostre vite che non dovrebbero muoversi mai.
Si torna quindi a immaginare il dato da satellite per avere informazioni puntuali, alert per prevenire disastri. Nei dati Sar erano scritti i movimenti del ponte Morandi, prima che crollasse. “Le previsioni non sono un problema di dato satellitare, ma di modellistica – continua Buongiorno – prendiamo il meteo, è un esempio virtuoso costruito per anni. Per l’osservazione della Terra ad alta risoluzione c’è ancora da fare. La tecnologia ci sarebbe ma bisogna consolidare il sistema che permette di avere informazione disponibile e fruibile. Non so quanto ci metteranno ma si potrebbe iniziare da aree specifiche di interesse, per settori come sui ghiacciai che si sciolgono sulle Alpi o per le infrastrutture”. Quindi iniziare con zoom specifici ad alta risoluzione.
Per avere un servizio continuativo, secondo la presidente di e-Geos, che lavora in Ingv da quasi trent’anni, c’è bisogno di competenze. Soprattutto in Italia: “È necessario da parte ministero della Ricerca incrementare la formazione dei giovani, fatico a trovare dottorandi e laureandi in questo settore. Se si aumenta e si investe con il Pnrr, nella formazione, ci servirà a comprendere meglio i fenomeni ma anche a preparare competenze per le industrie, che hanno bisogno”.