Diciotto anni di carcere al re dei casinò di Macao. Alvin Chau, fondatore di Suncity, il pioniere della cosiddetta junket industry, l’industria del turismo mirato alle scommesse nei casinò e nelle sale giochi, colui che negli anni Dieci di questo secolo, ha reso l’ex colonia cinese più importante di Las Vegas, traghettandovi l’alta borghesia e l’apparato politico da Pechino è stato riconosciuto colpevole di aver gestito attività di scommesse clandestine e una vera e propria organizzazione criminale.
Il processo è iniziato a settembre. I problemi legali per Chau erano cominciati nel novembre dell’anno precedente, quando le autorità della città cinese di Wenzhou avevano emesso un mandato di arresto contro di lui per la gestione di un sindacato illegale nel settore delle scommesse. Le autorità di Macao lo arrestarono due giorni dopo, assieme ad altri alti dirigenti di Sun City, ma decisero di prodedere esse stesse contro l’inquisito, adducendo indagini già un corso su di lui.
Sul quarantottenne magnate dell’industria del gambling pendevano 289 capi di imputazione, dalla frode al riciclaggio di denaro sporco. L’impianto accusatorio era imperniato su presunte scommesse clandestine per un valore superiore agli 800 miliardi di dollari di Hong Kong, superiore ai 100 miliardi di euro e su un’evasione al fisco dell’ordine dei 120 milioni di euro. Un’altra delle accuse mosse riguardava l’aver agevolato la scommessa proxy (per procura), permettendo a numerosi doganieri cinesi di giocare “a distanza” nei casinò del Sud est asiatico. Dopo l’arresto di Chau, Suncity ha chiuso tutte le sue sale da gioco Vip e diversi casinò. Altre sale giochi concorrenti hanno fatto lo stesso, citando giustificazioni correlate al covid e alle persistenti restrizioni in Cina.
La difesa ha provato ad ammettere l’esistenza dell’indotto nascosto, negando però l’evidenza della conoscenza dei fatti da parte dell’imputato e di conseguenza il suo coinvolgimento negli stessi. Ma è stata respinta.
La caduta di Chau è uno dei frutti della linea adottata di recente dal presidente cinese Xi Jinping, contro la corruzione dell’apparato statale, che ha tra l’altro indotto un più serrato controllo dei movimenti degli alti funzionari corrotti, che tra l’altro viaggiavano a Macao a riciclare denaro sporco anche attraverso le scommesse. Un altro magnate della locale industria del junking e del gioco d’azzardo, Levo Chan, già rivale di Chau, è sotto indagine con capi di imputazione analoghi. Altri operatori concorrenti, come Wynn Macau, SJM Holdings, MGM China, Sands China and Galaxy Entertainment Group, hanno chiesto alla corte risarcimenti per i danni da concorrenza sleale.
Macao, che tuttora ha un ordinamento giuridico autonomo rispetto alla Cina, un impianto ancora largamente influenzato dal periodo portoghese, è l’unico luogo della Cina dove il gioco d’azzardo è legale. Proprio in questi giorni, con i primi arrivi di turisti dalla Cina, grazie alla caduta delle restrizioni ai viaggi – che investivano anche il traffico verso Hong Kong – a inizio anno, e ad alcune campagne come il Macau Treat, che offre il biglietto di andata e ritorno via ferry da Hong Kong a chiunque trascrorra almeno una notte nell’ex colonia portoghese, si intravedono i segnali della possibile riscossa dell’industria del turismo locale. E di quella delle scommesse, che nel 2022 ha visto i suoi introiti dimezzati rispetto al 2021.