Si è sperato fino all’ultimo. A marzo, mese che storicamente in Italia registra il picco degli accumuli di neve, tutti hanno sperato che il meteo invertisse la tendenza negativa. Purtroppo, non è accaduto e ormai siamo a primavera. Non rimane altro che fare un bilancio. Le Alpi il più grande serbatoio d’acqua d’Italia è a secco e il 2023 segna meno 63% di nevicate. Trend negativi in tutto il Trentino Alto Adige, con picchi fino a meno 75%.

Lo ha rilevato un gruppo di ricerca di Eurac Research di Bolzano che, in collaborazione con l’Università di Trento, ha analizzato i dati storici sulle precipitazioni nevose messi a disposizione dalle Province autonome e dall’associazione Meteo Trentino Alto Adige, interpretandoli in relazione alle fasce di quota e ad altri parametri climatici.

I risultati delle analisi sono stati pubblicati sull’International Journal of Climatology. Così, se a marzo di solito si può contare su 10-13 miliardi di metri cubi d’acqua, spiegano i metereologi, oggi siamo a meno 4 miliardi. Peggio dello scorso anno quando di metri cubi di acqua ne avevamo 6 di miliardi.  

 

Troppo caldo

Dunque si annuncia un 2023 replica del 2022? Sembra proprio di sì, almeno guardando l’Italia dalle Alpi. E ora a rischio è il meccanismo che garantisce le risorse idriche in tutto il Paese. La causa di questo 2023 senza neve secondo i ricercatori è un generale aumento delle temperature, dovuto al cambiamento climatico, che si sono registrate sia a inizio, che fine stagione. Solo nel cuore dell’inverno, tra gennaio e febbraio, e attorno ai 2 mila metri di quota, le nevicate sono state stabili o addirittura in crescita in poche stazioni di misurazione come quelle dei passi Rolle e Tonale, con un aumento di circa il 15%. Ma poi ha fatto caldo e le alte temperature l’hanno sciolta subito. Nelle 18 stazioni selezionate si è registrato un aumento delle temperature medie intorno al 1,54 gradi, ma con picchi fino a 3 gradi. Qualche esempio? Secondo i ricercatori a San Candido le nevicate sono diminuite del 26% ad Andalo del 21%. 


Secondo Michele Brunetti, ricercatore dell’Istituto di scienze dell’atmosfera del Clima del CNR di Bologna che ha condotto uno studio sul manto nevoso pubblicato sulla rivista Nature Climate Change: “A 2000 metri la durata della neve oggi è come quella che si registrava qualche decennio fa a 1.700”. Come dire, spiega, “Come se gli impianti sciistici di Cortina, durante le prossime Olimpiadi del 2026 rispetto alle precedenti del 1956, si trovassero 300 metri più in basso”. 

Piove ad alta quota       

Non ha nevicato ma ha piovuto ad alta quota, ma questa non sembra del tutto una buona notizia. Perché il passaggio da neve a pioggia ha conseguenze negative non solo per le attività sciistiche. “La neve è fondamentale perché protegge i ghiacciai e il terreno ostacolando l’evaporazione e, sciogliendosi lentamente in primavera, ricostituisce gradualmente le riserve di acqua. Senza neve il rischio siccità è maggiore“, spiega Giacomo Bertoldi idrologo di Eurac Research. A causa del caldo le precipitazioni rimangono soprattutto sottoforma di pioggia.

In queste condizioni l’Italia si presenta all’inizio della primavera: con un deficit di pioggia e neve da record. Di solito l’acqua che arriva dalla neve infatti comincia a riempire i grandi bacini di fondovalle già ad aprile. Ma adesso che succederà? Gli esperti alle prese con l’allarme siccità, guardano le nostre montagne e pensano alle soluzioni. C’è un’unica certezza: abbiamo bisogno di acqua. Più dello scorso anno.