Entro la fine di quest’anno per gli allevatori italiani inizierà una nuova “era”. Entrerà completamente in applicazione il nuovo regolamento comunitario conosciuto come Legge di Sanità animale. Gli obiettivi della nuova normativa sono molteplici e di grande importanza sia per le aziende produttrici che per i consumatori e presentano aspetti sanitari, economici e di sicurezza alimentari. Abbiamo chiesto al professor Romano Marabelli, consigliere del direttore generale dell’Oie (Office International des Epizooties), l’organizzazione mondiale della sanità animale, di illustrarne i punti principali.
Professore, quando e come nasce la normativa europea?
La normativa nasce all’inizio dello scorso decennio e viene finalizzata nel 2014 sotto la presidenza di turno italiana del Consiglio dell’Unione Europea. È il risultato di una lunga riflessione degli Stati membri iniziata con il Libro bianco sulla sicurezza alimentare che prendeva in considerazione numerose emergenze, dalla encefalopatia spongiforme bovina (la cosiddetta “mucca pazza”) all’influenza aviaria, passando per le contaminazioni di diossina. L’obiettivo della normativa è quello di aumentare la responsabilità dell’allevatore (e del coltivatore) attraverso un meccanismo di autocontrollo. Si è cioè voluto estendere anche alle stalle e ai campi un principio che già vale per i trasformatori. La responsabilità primaria del benessere degli animali e della sicurezza dei prodotti ricade sugli allevatori. Questo non significa che non abbiano più ragione di essere i controlli ufficiali. Questi continuano a esserci, ma sono affiancati e rafforzati da quelli disposti dall’azienda stessa.
Nella pratica che cosa comporta questa responsabilità degli allevatori?
L’Italia ha individuato nel veterinario aziendale la figura che può meglio assolvere a questo obbligo di autocontrollo. Ha inoltre introdotto il sistema Classyfarm, che aiuta gli allevatori a capire quale punteggio hanno rispetto a determinati obiettivi, come per esempio quello relativo all’utilizzo dei farmaci e del benessere animale. Nella pratica le aziende allevatrici, oltre a dotarsi di un veterinario aziendale, dovranno effettuare esami di laboratorio, ridurre l’utilizzo di antibiotici e predisporre sistemi di sicurezza, quali per esempio l’installazione di recinzioni e zanzariere o la programmazione di disinfestazioni. Ogni allevatore deve dunque individuare i punti critici del suo processo di produzione e risolverli.
Quali sono i benefici attesi?
L’obiettivo più immediato è una maggiore sicurezza alimentare, ma i benefici complessivi vanno ben oltre. Ci sono importanti ricadute economiche perché le nuove regole aumentano la prevenzione e, come il Covid ci ha tristemente insegnato, le epidemie hanno anche altissimi costi da un punto di vista economico. Oggi, inoltre, con le nuove regole, gli allevatori hanno diritto ai rimborsi, nel caso in cui vengano colpiti da malattie, solo se dimostrano di aver fatto il possibile per prevenirle.
La maggiore sicurezza è poi strettamente connessa con un miglior benessere degli animali che, a sua volta, ha importanti ricadute sulla qualità degli alimenti che finiscono sulle tavole dei consumatori. Non è un caso che la strategia europea in campo alimentare sia stata denominata Farm to fork, ovvero dal campo (o dalla stalla) fino alla tavola. L’obiettivo ultimo della nuova legge è quello di innescare un circolo virtuoso di cui possano beneficiare tutti gli attori della filiera alimentare.
Quali cambiamenti ci saranno nel medio-lungo periodo?
All’inizio sarà richiesto uno sforzo riorganizzativo ed economico da parte degli allevatori, che saranno però ricompensati nel medio-lungo periodo da minori perdite di animali e da una maggiore fiducia da parte dei consumatori. Non dimentichiamo, per esempio, che i farmaci veterinari sono molto cari e poterne fare a meno rappresenta un importante risparmio.
Gli allevamenti intensivi diventeranno semi-intensivi, quelli rurali dovranno invece ammodernarsi. I consumatori dovranno riconoscere, anche economicamente, che gli sforzi compiuti dagli allevatori portano a una maggiore sicurezza alimentare e benessere degli animali. Nel suo complesso l’intera filiera vedrà crescere la sua qualità.