È dallo scoppio della pandemia di Covid-19, che i ricercatori di tutto il mondo studiano come riciclare l’enorme quantità di mascherine che si è accumulata nelle discariche. Che se da un lato protegge dalla diffusione di virus, dall’altra è considerato un prodotto altamente inquinante. Fino adesso i tentativi di riutilizzo non hanno però convinto del tutto sia gli scienziati che gli investitori. Nei vari esperimenti non si mai trovato quell’equilibrio fondamentale tra efficienza delle prestazioni dei nuovi prodotti, benefici economici e impatti ambientali associati alla nuova produzione. Alcune volte il processo era troppo costoso oppure poco efficiente oppure consumava troppe materie prime. Allora che fare?
La nuova ricerca
Gli esperimenti non si sono mai fermati e ora una nuova ricerca che arriva dalla Cina e pubblicata su Engineering spiega come i ricercatori dell’università di Scienza e Tecnologia di Huazhong siano riusciti, grazie all’uso di una tecnologia innovativa, a convertire semplici mascherine gettate in discarica in prodotti verdi di alto valore come l’idrogeno e i nanotubi di carbonio (CNT) materiale utilizzato anche in ambito aerospaziale e di stoccaggio di energia. Non solo. Secondo i ricercatori, il nuovo sistema di riciclo sarebbe sostenibile anche dal punto di vista economico, sia perché la tecnologia per creare CNT su larga scala con le mascherine facciali è poco costosa sia per le abbondanti riserve della materia prima a basso costo visto che si trova in discarica. Considerando che il potenziale di inquinamento delle mascherine facciali è principalmente correlato ai componenti polimerici, mentre i fili metallici possono essere facilmente riciclati, la plastica era l’obiettivo.
Dai rifiuti allo spazio: i nanotubi di carbonio
Il processo utilizzato dagli scienziati cinesi che hanno coordinato gli esperimenti si basa dunque sulla conversione termochimica, principalmente sulla pirolisi catalitica, dei rifiuti polimerici: simile al processo di raffinazione della plastica e che mira a soddisfare la domanda di veicoli elettrici e a idrogeno. Gli autori del nuovo studio hanno utilizzato il FeNi-MW (catalisi assistita da microonde con FeNi/Al 2 O 3) per convertire le maschere facciali in CNT e idrogeno, con elevate rese.
Si legge nella ricerca: “Rispetto alle tradizionali tecnologie di incenerimento e discarica per la gestione dei rifiuti pericolosi, la tecnologia di pirolisi catalitica adalte temperature sviluppata in questo studio per la produzione di CNT dalle mascherine scartate offre diversi vantaggi. Da una prospettiva di economia circolare, non solo elimina i batteri per soddisfare i requisiti del trattamento dei rifiuti medici pericolosi, ma trasforma anche le mascherine scartate in prodotti di alto valore”.
“Fattibile dal punto di vista economico”
E se oggi già viene considerata l’opzione più economicamente fattibile e sostenibile dal punto di vista ambientale nell’attuale contesto di mercato e tecnologico “si prevede che il prezzo dei CNT diminuirà gradualmente man mano che la domanda di mercato per loro continua a crescere e la tecnologia di pirolisi catalitica diventerà più matura”.
Perchè sono così inquinanti
Scrivono gli autori dello studio: “Vale la pena ricordare che lo smaltimento improprio delle mascherine può rappresentare una vera e propria minaccia ecologica, tra cui la diffusione di virus e l’esacerbazione dell’inquinamento da microplastiche. È stato anche dimostrato che il virus infettivo può sopravvivere sulle mascherine per diversi giorni, mettendo potenzialmente in pericolo la fauna selvatica, la vita marina e persino gli esseri umani. Inoltre, le mascherine scartate dai professionisti medici possono contenere numerosi microrganismi patogeni e richiedono una manipolazione attenta. Le attuali tecnologie utilizzate per il trattamento dei rifiuti medici, come l’incenerimento ad alta temperatura e la sterilizzazione seguite da discarica, presentano sfide ambientali ed economiche. Ad esempio, l’incenerimento ad alta temperatura genera gas pericolosi e le scorie prodotte dall’incenerimento dei rifiuti possono essere una potenziale fonte di microplastiche. Queste preoccupazioni ambientali richiedono l’installazione di costosi dispositivi di controllo dell’inquinamento. Il settore del trattamento dei rifiuti medici, in particolare nei paesi in via di sviluppo, deve affrontare sfide significative a causa degli elevati costi e della mancanza di prodotti di valore in uscita. Pertanto, gli attuali metodi di smaltimento delle mascherine facciali possono causare impatti ambientali sostanziali e consumo di risorse”.